Conferenza nazionale dei delegati sulla scuola
Roma, 29 e 30 gennaio 2003

La Cgil ha promosso la Conferenza nazionale dei delegati sulla scuola per i giorni 29 e 30 gennaio 2003, così come deciso dal Comitato Direttivo Nazionale del 6 dicembre u.s. con un apposito ordine del giorno dove si esprime il giudizio fortemente  negativo sulle politiche scolastiche e formative del Governo e l’impegno a contrastare l’aggressione al diritto di tutte e di tutte ad avere una buona formazione pubblica. 

L’appuntamento è inserito nel percorso  delle tante importanti iniziative della Cgil che hanno visto milioni di lavoratori  scendere in campo in difesa dei diritti.

La Conferenza dei delegati sulla scuola è una parte importante di questo percorso generale, per riportare il diritto all’istruzione e alla formazione al centro di una nuova e diversa politica di sviluppo sociale ed economico.

Per questo, e per sostenere le ragioni di una scuola pubblica, laica e di tutti,  La Cgil, con UDS, CIDI, MCE, CGD, ARCI, Associazione 31 ottobre, CRS, Gruppo Abele, Legambiente, Pax Christi, si è fatta promotrice di una grande manifestazione nazionale per sabato 12 Aprile a Roma.

Riportiamo la sintesi dell'intervento di Enrco Panini, dell'intervento con cui Guglielmo Epifani ha chiuso i lavori dell'Assemblea dei delegati e dell'intervento della nostra compagna Patrizia Di Franco.

Enrico Panini, Segretario Generale Cgil Scuola

Su scuola e istruzione si sono mobilitate nell’ultimo anno milioni di persone, soprattutto grazie all’iniziativa della Cgil, non solo della Cgil Scuola. Questi temi erano all’ordine del giorno anche della grande manifestazione del 23 marzo scorso. Il nostro progetto. L’istruzione pubblica è un valore irrinunciabile, non solo perché è una condizione di inclusione, contro le discriminazioni e la ghettizzazione dei giovani, ma anche perché una scuola di qualità aperta a tutti è condizione di sviluppo economico e sociale. Un paese che non investe su scuola, formazione, università e ricerca è un paese che si avvia al declino. Chiediamo che gli investimenti in questo campo raggiungano il 6%del Pil. Il governo lavora, invece, in senso contrario: taglia risorse alla scuola, leva libertà alla scuola e agli insegnanti, discrimina i bambini per censo. Queste politiche porteranno nei prossimi anni a un taglio di circa 100mila posti di lavoro nella scuola, con un aumento della precarizzazione, il che si tradurrà in una minore offerta formativa. Inoltre si gerarchizza il lavoro degli insegnanti, interrompendo il lavoro di cooperazione. Verrà chiusa l’educazione degli adulti. Di contro vengono sostenute le scuole private, sia dal governo, sia da norme regionali che anziché intervenire sul diritto allo studio di tutti, favoriscono solo pochi privilegiati. L’attacco pesante è anche all’autonomia delle scuole, con un’accentuazione del centralismo ministeriale, soprattutto in termini di controllo del personale: dalla proposta di nuovo stato giuridico dei docenti, alla pressioni contro presunte iniziative antigovernative dei docenti, di cui la censura sui libri di storia è la punta dell’iceberg.Tutto questo disegno liberticida e di scollamento della scuola pubblica ha il suo centro nella "controriforma" Moratti, ormai blindata, con una totale espropriazione del Parlamento. La Cgil Scuola organizzerà presidi davanti al Parlamento e una volta che la legge fosse approvata solleverà la questione di legittimità (si può riformare la scuola per delega?) davanti alla Corte Costituzionale. Siamo contro questa controriforma perché disegna una scuola minima per un paese minimo. Si offrirà un modulo di base minimo da integrare con contribuzione delle famiglie o con iniziative sostitutive proposte dalle famiglie. L’istruzione viene ridotta a servizio a domanda individuale, una merce da ricercare sul mercato. E’ in corso una battaglia mondiale, come dimostra anche l’ultimo forum sull’educazione a Porto Alegre, contro la mercificazione dell’educazione. Sul contratto. La piattaforma unitaria chiede la tutela del potere d’acquisto, l’equiparazione graduale alle retribuzioni europea, spostamento di poteri e risorse verso le scuole autonome. Riteniamo, comunque, fondamentale che i risultati della contrattazione in atto vengano sottoposti all'approvazione della categoria. Negli ultimi incontri in sede politica i sindacati hanno strappato risorse specifiche per gli Ata. Il quadro ora è più chiaro, ma l’ostacolo resta l’indisponibilità del Ministro Tremonti. Panini ha concludo ricordando l’appuntamento del 12 aprile, una grande manifestazione nazionale a difesa della scuola pubblica promossa da un gruppo molto autorevole e importante di associazioni, laiche e cattoliche, professionali e sindacali. La Cgil sarà in piazza anche il 15 febbraio alla manifestazione per la pace.

L’intervento di Panini è interrotto da numerosi applausi, uno in particolare accoglie la notizia della scelta di Piazza San Giovanni per la grande manifestazione del 12 aprile indetta dalla CGIL sui temi della scuola. La scelta del luogo – da sempre un simbolo per le grandi manifestazioni nel nostro Paese – indica un obiettivo ambizioso e insieme significativo della grande importanza che la CGIL attribuisce a questa manifestazione. Verso la fine dell’intervento il riferimento alla pace, all’impegno del sindacato contro la guerra – senza se e senza ma – è accolto da un applauso crescente, tutta la sala è in piedi a sottolineare il consenso forte alle parole del segretario.

Patrizia Di Franco, insegnante di scuola media 

Abbiamo assistito, nei tanti atti di governo,  a una vera progressiva destrutturazione del sistema scolastico pubblico. Il sistema che viene proposto è un sistema che rafforza i forti e colpisce i deboli. Noi stiamo lavorando per un sistema che cerca di affrontare i nodi della scuola attuale: dimezzare i tassi di abbandono, ridurre il divario scolastico tra uomini e donne. Sono obiettivi europei che richiedono un impegno di tutte le componenti della scuola.La scuola pubblica non è un bene come altri, ma la condivisione della cittadinanza in una società veramente civile.

 

Guglielmo Epifani, Segretario Generale Cgil

Concludendo i lavori della conferenza Epifani ha spiegato i nessi che legano l’impegno della Cgil confederale e quello della categoria. Il tema dei diritti – ha detto – è alla base della nostra identità e delle nostre politiche rivendicative, e su questo abbiamo mobilitato centinaia di migliaia di persone.Ma il nostro lavoro di questi ultimi anni è centrato anche sul modello sviluppo, perché siamo impegnati in una grande battaglia contro il declino del nostro paese. Le due questioni, i diritti e il modello di sviluppo, sono due facce della stessa medaglia.

Siamo impegnati per quali diritti? Non solo quelli tradizionali, individuali e collettivi, di chi lavora, ma anche i diritti civili e di cittadinanza. Avere questa visione ampia non solo non ci fa perdere la nostra identità di sindacato, ma ci consente di impedire che venga difeso un diritto a scapito di un altro, o che essi vengano contrapposti.Ecco perché noi possiamo parlare ai lavoratori e ai disoccupati, ai giovani e agli anziani.

I diritti appartengono alle persone in quanto tali, senza distinzione di territorio, di razza, di religione: questo è il frutto delle grandi battaglie democratiche e civili dell’epoca moderna. Il diritto della persona è un principio universale.

Chi garantisce l’esercizio dei diritti? Certamente le rappresentanze sociali, ma soprattutto le istituzioni pubbliche, dai livelli locali fino a quelli transnazionali. Per questo noi abbiamo chiesto che l’insieme dei diritti sanciti nella Carta di Nizza entri a pieno titolo nella prossima Costituzione europea.

Perché ho detto che diritti e sviluppo sono due facce della stessa medaglia? Perché un paese in difficoltà di sviluppo fa fatica a garantire anche i diritti più basilari, come l’istruzione e la salute.

Noi mettiamo insieme queste due battaglie perché siamo preoccupati per il futuro dell’Italia. Quando l’autunno scorso parlammo di declino del nostro paese fummo rampognati da chi oggi usa quella stessa definizione. Il nostro paese sta perdendo nella competizione mondiale perché non investe in ricerca, in innovazione, in tecnologia, ha migliaia di posti di lavoro a rischio – non solo alla Fiat... e in questa situazione c’è chi, come Confindustria, pensa che si possano ridurre i diritti. Siamo al 32° posto nella classifica dei paesi industrializzati e quelli che ci precedono hanno un costo del lavoro superiore al nostro, un welfare più diffuso del nostro. Non è vero che l’Italia non si sviluppa perché non si può licenziare, è vero che il nostro sistema produttivo e imprenditoriale non ha mai scommesso sulla qualità.

All’interno di questo ragionamento spiego il valore confederale dell’impegno del nostro sindacato sulla scuola e di tutte le battaglie che, come categoria, state conducendo. Prendiamo la legge Moratti: il modello formativo che propone ci fa tornare indietro di cinquant’anni: la divisione dei saperi corrisponde a un modello produttivo, quello fordista, che ora non c’è più. Che senso ha tornare indietro? Questo governo non sa guardare al futuro, e chiamano noi conservatori!

Non ci spaventiamo se la legge sarà approvata, l’importante è non fare perdere forza alle nostre ragioni. Noi siamo per la scuola pubblica, non perché siamo contro la privata, ma perché la scuola pubblica è un luogo dove si realizza la vera uguaglianza delle chances, un luogo di pari opportunità: questa una battaglia liberale e democratica.

Epifani ha concluso il suo intervento ribadendo la posizione della Cgil contro la guerra: in tutta questa vicenda – ha detto - emerge solo la logica del più forte.

^ Top ^