Il Senato Accademico dell'Università degli Studi di Lecce esprime una
valutazione negativa del Disegno di Legge sullo stato giuridico e il
reclutamento dei docenti, nel testo approvato il 1 giugno u.s. dalla VII
Commissione della Camera dei Deputati.
Si tratta di un testo in nessun modo idoneo ad affrontare i problemi del
sistema universitario italiano, e in primo luogo le questioni relative alla
ridefinizione dello stato giuridico e del reclutamento. Al contrario, si
colgono chiaramente i rischi di destrutturazione cui il sistema va incontro
per effetto delle disposizioni del Disegno di Legge medesimo.
In questo senso - senza alcuna pretesa di esaustività - si segnalano per
esempio:
1) la sostanziale soppressione dei ruoli dei professori e
dei ricercatori, ad opera delle norme che prevedono la disciplina da parte
dei singoli Atenei delle procedure per il reclutamento dei professori (art.
5, 1° comma) e dei "ricercatori a tempo indeterminato" (art. 5, 6° comma).
Per la prima volta le modalità di reclutamento in ruolo saranno
differenziate ateneo per ateneo;
2) l'aggravamento della condizione di precariato a danno di
componenti fondamentali della ricerca e della didattica, già
complessivamente mortificate dalle condizioni di disagio e di scarsità di
risorse in cui quotidianamente operano. Si può stimare un'età media di
accesso a una condizione di stabilità dell'impiego di circa 45 anni, con un
precariato che può durare anche più di 15 anni, dal momento che:
a. gli "assegni di ricerca", che attualmente hanno una durata non
superiore a quattro anni, sono sostituiti da "contratti di ricerca e di
insegnamento" della durata di sei anni, con minori garanzie e senza più un
limite minimo di retribuzione (art. 5, 3° comma);
b. ai "contratti di ricerca e di insegnamento" seguono quelli "di
diritto privato a tempo determinato" della durata di altri sei anni (art.
5, 5° comma);
c. soltanto a coloro che hanno svolto tutti e sei gli anni di
"contratto di diritto privato" è consentito l'accesso alla nuova figura,
dai contorni confusi, di "ricercatore a tempo indeterminato" (art. 5, 6° comma);
d. l'attuale ruolo dei ricercatori è messo ad esaurimento (art. 5, 2° comma);
e. per gli attuali ricercatori è previsto il titolo di "professore
aggregato". Ai ricercatori con il titolo di "professore aggregato" è
possibile imporre lo svolgimento di un corso (art. 5, 11° comma) ed essi
sono obbligati al tempo pieno (art. 5, 8° comma). Lo stesso titolo di
"professore aggregato" è 'offerto' anche a un vasto insieme di altre figure
operanti nell'Università (art. 5, 11° comma).
L'impianto complessivo del Disegno di Legge approvato dalla Commissione
Cultura manifesta l'intento maldestro e improprio di imitare modelli che
hanno già registrato forti elementi di criticità dove sono stati adottati,
senza adeguatamente considerare i caratteri reali del contesto
universitario italiano, nel quale l'entrata in vigore di norme ispirate al
Disegno di Legge in questione procurerebbero una ulteriore riduzione
dell'autonomia del personale nelle attività di ricerca e di insegnamento,
peggiorando considerevolmente le loro condizioni di vita e procurando un
danno irreversibile al patrimonio umano del sistema universitario italiano.
In definitiva, il Disegno di Legge approvato il 1 giugno scorso evidenzia
la sostanziale mancanza di un quadro progettuale consapevole, equilibrato e
lungimirante. Si tratta di un testo che scaturisce da un iter connotato da
scarsa trasparenza e dalla sostanziale mancanza di un confronto costruttivo
con i soggetti e le organizzazioni che operano nel sistema universitario.
Tutto ciò considerato, in piena convergenza con i giudizi espressi dalla
CRUI e dalle Organizzazioni Sindacali (in data 8 giugno u.s.), come anche
dalle Associazioni rappresentative dei dottorandi e dottori di ricerca,
questo Senato Accademico ritiene che il Disegno di Legge debba essere
ritirato, e che si debba senza indugio procedere a ricostruire le
condizioni per un processo di riforma nel quale le esigenze dei soggetti
fondamentali del sistema universitario siano tenute nella debita
considerazione, nell'interesse della ricerca, della conoscenza e dello
sviluppo culturale del Paese.