UNIVERSITÀ DEL SANNIO BENEVENTO
MOZIONE APPROVATA DALL'ASSEMBLEA
DEL CORPO DOCENTE
DELLA FACOLTÀ DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI
RIUNITA IL 13 OTTOBRE 2004
Prendendo le mosse dal documento approvato dal Senato Accademico dell'Università del Sannio il 6 febbraio 2004, contenente una critica decisa ed articolata al disegno di legge Moratti per il riordino dello stato giuridico dei docenti, e da quello successivo del 7 ottobre 2004, in cui è ribadito il vivissimo allarme per le gravi conseguenze che il disegno di legge determina sull’università pubblica, il corpo docente della Facoltà di Scienze Economiche e Aziendali, dopo ampia ed approfondita discussione, esprime le seguenti posizioni:
- persistono nel disegno di legge attualmente all'esame del Parlamento tutti i motivi di critica, dissenso ed allarme espressi fermamente e compiutamente dai citati documenti del Senato accademico 2004;
- è evidente che il DDL sia parte di un progetto più ampio diretto ad affossare l’università pubblica: basti pensare, ad esempio, al blocco delle assunzioni dei docenti idonei e alla riduzione del finanziamento statale all’Università proprio nel momento in cui la stessa necessita di maggiori risorse per completare la riforma universitaria di stampo europeo, condivisa sostanzialmente anche dal Governo di centro-destra che ha proposto solo qualche aggiustamento del d. m. 509 del 1999;
- il DDL è riduttivo della missione dell'istituzione universitaria pubblica, considerandola non un patrimonio del Paese da coltivare ed incrementare, un motore di sviluppo nelle società evolute dell’informazione, ma un corpo morto di cui far sopravvivere soltanto le poche membra funzionali agli interessi delle imprese; un contenitore di insegnanti mal pagati a fronte della sicurezza dell'impiego, dove non trovano più posto seri ricercatori ed in cui non si provvede a stimolare i giovani che decidano di investire il loro tempo nella ricerca. Al contrario si propone l’introduzione nelle Università di una forma di precariato, non compensata nemmeno da un incentivo di tipo economico;
- viene meno il concetto stesso di ricercatore, libero di espletare la propria capacità creativa maturata a prezzo di molti anni di studio e di sacrifici, sostituito da figure precarie destinate eventualmente, alle soglie dei quarant'anni, a reinventarsi una improbabile professionalità alternativa al mondo universitario;
- viene abolita la distinzione tra tempo pieno e tempo definito che, cancellando il rapporto esclusivo che la larghissima maggioranza dei docenti ha oggi con gli Atenei, avvia un processo di loro progressivo e irreversibile disimpegno;
- si produce una riduzione netta della qualità dell'Università pubblica, con grave danno per il Paese in generale e per i soggetti meno abbienti in particolare;
- vengono meno le condizioni essenziali grazie alle quali l’Università, specie se di recente istituzione e piccola, possa realizzare la propria missione di promozione culturale e di guida dello sviluppo locale.
Pertanto, l'assemblea:
- conferma le critiche, i dissensi e gli allarmi denunciati nei documenti approvati dal Senato Accademico;
- proclama uno stato di agitazione vigile e si propone di valutare nei prossimi giorni la possibilità di assumere specifiche forme di protesta quali la sospensione delle attività didattiche, qualora non vi siano inversioni di tendenza significative;
- impegna il corpo docente in attività di informazione degli studenti;
- promuove, mediante la costituzione di un apposito comitato, un’attività di coordinamento con le altre Facoltà, che si concretizzi anche in un’Assemblea di Ateneo aperta agli studenti, alla città e alle sue istituzioni rappresentative, incentrata sul ruolo dell'università e della ricerca pubblica nella società e sugli strumenti necessari a restituire dignità e rispetto a chi vi opera: docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo.