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DOCUMENTO DELLA. RIUNIONE DEI DOCENTI DELL'UNIVERSITA' DI PADOVA (23-9-2004)

ASTENSIONE DALL'ATTIVITA' DIDATTICA

I docenti dell'Università di Padova, riuniti il 23 settembre 2004 ritengono gravissima l'accelerazione data all'approvazione del DDL De Maio-Moratti, che non è stato riformulato in nessun senso nelle direzioni proposte in questi mesi dalle Università italiane. Dichiarano quindi inaccettabili i contenuti del DDL  approvato in Commissione VII alla Camera  il 31 luglio di quest'anno li considerano un tentativo di distruggere l'università statale italiana, a vantaggio di pochi centri cosiddetti 'di eccellenza', anche non riconosciuti dalla comunità scientifica.

Il testo del DDL è e rimane pessimo, non solo per il destino individuale di chi già lavora o vuole lavorare all'Università, ma soprattutto per il futuro dell'Università nel suo insieme, che sarebbe ridotta a luogo di basso livello di riproduzione della conoscenza e privata di motivazioni e mezzi per una positiva attività di ricerca

Nel  particolare ritengono assolutamente estranea al lavoro universitario ogni forma di discontinuità nell'attività di ricerca e di didattica che sarebbe il risultato della precarizzazione  permanente e a tutti i livelli prefigurata dal DDL. Nelle tipologie lavorative universitarie un buon risultato non è collegato alla sostituibilità degli operatori ma alla loro
approfondita e continua formazione.

I docenti dell'Univ. di PD valutano improponibile e provocatoria la proposta del puro titolo di Professore Aggiunto attribuito agli attuali Ricercatori, che si troverebbero a dover superare un giudizio idoneativo per avere poi un peggioramento delle condizioni lavorative e non vedere riconosciuto quanto è già nella normativa attuale.

Ritengono pertanto inaccettabile la messa ad esaurimento della figura del Ricercatore universitario, senza la cui attività didattica e di ricerca non sarebbe stata possibile nessuna riforma e sarebbe bloccato il funzionamento dell'Università italiana.

Esprimono parere totalmente negativo sull'abolizione della distinzione tra tempo pieno e tempo definito, che premia chi ha fatto del lavoro universitario un investimento d'immagine per interessi professionali esterni all'Università e che, oltre a rappresentare un elemento demotivante per la qualità e quantità dell'impegno, si ripercuoterrebbe inevitabilmente sui bilanci dei singoli Atenei.

Dichiarano la loro contrarietà all'attribuzione di cattedre finalizzate a puri interessi di mercato, così come previsto dal DDL.

Auspicano l'immediata interruzione dell'iter parlamentare e l'apertura di una vera discussione senza pregiudiziale alcuna su un diverso assetto della docenza universitaria.

Sulla base delle osservazioni critiche fin qui esposte, i docenti dell'assemblea dichiarano di appoggiare le forme di agitazione già indette nelle facoltà e di non essere disposti a continuare a supplire con l'impegno volontario alle disastrose scelte politiche sull'università.  In assenza di chiari segnali di disponibilità a bloccare l'iter parlamentare e
a riprendere la discussione su basi diverse, che tengano conto delle richieste di chi nell'università opera, si asterranno  dallo svolgimento delle attività didattiche aggiuntive.

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