Agli studenti della Facoltà di Psicologia 1
Come noto, è in corso una massiccia mobilitazione dei ricercatori
universitari di un numero sempre crescente di atenei italiani. Scopo di
questa mobilitazione è bloccare l'approvazione del Disegno di Legge Delega
(DDL) del 31 luglio 2004, proposto dal Ministro Moratti.
I ricercatori esprimono la loro netta contrarietà al DDL per le gravi
conseguenze che comporterebbe una sua approvazione sull'intera università.
Il DDL Moratti prevede dei cambiamenti che riguardano sia il personale
docente che l'università stessa nelle sue finalità istituzionali.
Per quanto riguarda le finalità istituzionali dell'università il DDL
prevede che essa diventi "sede della formazione e della trasmissione
critica del sapere" (art. 1) perdendo quindi il ruolo di sede dello
sviluppo scientifico e tecnologico del nostro Paese.
Per quanto riguarda il personale docente il DDL prevede fra le altre
cose: 1. un riordino della docenza universitaria con la messa ad
esaurimento del ruolo del ricercatore, e l'attribuzione delle attività di
ricerca a figure precarie motivando sempre meno i giovani a intraprendere
la carriera della ricerca e della docenza universitaria; 2. la
compatibilità fra la didattica interna all'università e altri incarichi
esterni, certamente più vantaggiosi economicamente, che incoraggia a
privilegiare questi ultimi a scapito della qualità della ricerca e della
didattica universitaria; 3. la possibilità di conferire fino al 50% degli
incarichi didattici a docenti a contratto, non strutturati all'interno
dell'università, senza nessun riferimento a criteri di valutazione delle
loro competenze scientifiche e didattiche.
Tutti i cambiamenti proposti con il DDL, quindi, si muovono nella
direzione di uno svilimento qualitativo del tipo di sapere e di conoscenza
che viene trasmessa e delegando, la "produzione del sapere" ad istituti di
ricerca privati. L'università è di conseguenza ridotta a luogo di piatta
riproduzione della conoscenza, prodotta da altri altrove, incapace di
mirare all'eccellenza e di garantire un livello della ricerca degno di un
paese civile e progredito.
Per tutti i cambiamenti proposti, inoltre, il DDL non prevede nessuna
copertura finanziaria. Ciò renderà ancora più drammatica la situazione
organizzativa delle università che da una parte sono giustamente
indirizzate ad allargare la platea degli studenti e la proposta formativa,
dall'altra sono invece private dei mezzi economici per farlo compiutamente
ed adeguatamente.
I ricercatori della maggior parte degli Atenei Italiani ritengono che se
il DDL venisse approvato, l'attuale autonomia degli Atenei e
conseguentemente la libertà di insegnamento e la possibilità per gli
studenti di un confronto dialettico con l'istituzione potrebbe risultare
gravemente compromessa.
Noi ricercatori della Facoltà di Psicologia 1, che in tutti questi anni
abbiamo operato ben al di là dei nostri doveri istituzionali, con
retribuzioni molto al di sotto non solo degli standard europei, ma anche
di livelli minimi di decenza e senza una retribuzione aggiuntiva per
l'attività didattica svolta anche se non prevista nel nostro contratto di
lavoro, insieme ai ricercatori di quasi tutte le università italiane e con
l'appoggio di tutto il corpo docente e della maggior parte degli organi
accademici, ci siamo mobilitati per contrastare l'approvazione del
suddetto DDL.
A Luglio abbiamo prospettato la possibilità di ritirare la nostra
disponibilità a ricoprire incarichi didattici se il Ministro Moratti non
avesse interrotto l'iter parlamentare del disegno di legge. Nonostante le
manifestazioni di dissenso e i pareri contrari di tutto il mondo
accademico, tuttavia, il Ministro ha rifiutato qualsiasi confronto non
aprendo con gli interessati nessun tavolo di trattativa né alcun dibattito
e non recependo alcuna delle numerose proposte di modifica del testo
legislativo formulate da chi lavora "nella" e "per la" università
pubblica.
Pertanto, nel Consiglio di Facoltà del 29/09/04 abbiamo formalmente
comunicato la nostra rinuncia a tutti gli affidamenti di moduli e
laboratori fintanto che le posizioni del Governo rimarranno immutate.
Siamo consapevoli che gli effetti di questa protesta possono creare
disagio, nell'immediato agli studenti. Riteniamo, tuttavia, che siano
proprio gli studenti, nel lungo periodo, ad essere particolarmente
danneggiati da una riforma che svilisce sia gli scopi istituzionali sia la
qualità della formazione e della produzione del sapere pubblici,
privilegiando, invece, la ricerca e la formazione private.
Il ricorso a tali forme di protesta e ad altre ancora più drastiche se
sarà necessario, è stato deciso anche in seguito alla constatazione della
totale assenza di informazione su questa drammatica situazione, ad
esclusione di pochissimi quotidiani. In particolare, neanche una parola è
stata spesa dalla televisione cosiddetta "pubblica".
Invitiamo, pertanto, tutti coloro che hanno a cuore l'Università pubblica
italiana a mobilitarsi per una difesa compatta e unitaria dei valori di
cultura, libertà e ricerca di cui essa è e deve essere portatrice.