Arcavacata, 26 novembre 2004
Signora Ministra,
il Disegno di Legge che porta il Suo nome, concernente il riordino dello
stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari, ha causato
profondi e gravosi disagi nel mondo accademico, tanto fra i docenti quanto
fra gli studenti, prima ancora di tradursi in atto. A quasi un anno
dall'inizio di palesi manifestazioni di dissenso da parte dei diretti
interessati sarebbe il caso di usare - come ripetutamente e da più voci
sollecitatoLe - maggiore senso di responsabilità civile piuttosto che
ostinazione e trinceramento dietro impopolari e sgradite posizioni.
Alla mia formazione di cittadino italiano, educato ai valori della
Costituzione redatta all'indomani della liberazione dalla barbarie
fascista, ripugna totalmente il distacco che una nuova (in)cultura di
Governo ha finito per creare tra il proprio sacrosanto diritto/dovere di
far funzionare il Paese e la volontà del popolo che pure l'ha delegato a
questa mansione. Ho imparato che, una volta investito del suo mandato, un
governo diventa il governo di tutto il Paese e che l'esercizio della
democrazia non si riduce al fatto che una legge venga approvata dalla
maggioranza parlamentare, tanto più quando i cittadini che ne sono
direttamente coinvolti (docenti e studenti universitari, in questo
caso) portano ragionevoli argomentazioni e prove circa i problemi che essa
procurerebbe alla collettività. In questa prospettiva è inquietante la
strategia della tensione messa in atto da Lei, peraltro in piena sintonia
coi Suoi colleghi di Governo, volta ad ignorare la piazza per poi
dimostrare la necessità del pugno di ferro nel reprimere inevitabili
recrudescenze di violenza.
L'adesione, fino ad oggi registrata e documentata, di almeno il 60% delle
università italiane, di Facoltà e Corsi di Laurea, docenti e studenti,
alle campagne di agitazione e protesta condotte (a fronte della Sua totale
indifferenza) con alto senso di responsabilità e coscienza civica nei
confronti di un'istituzione oramai destinata alle regole della
privatizzazione e del mercato (che ne faranno sempre più appannaggio di
pochi privilegiati) e nei confronti degli studenti e delle loro famiglie
(costretti ad affrontare cifre sempre più onerose in cambio di un servizio
sempre meno stabile ed efficace) non ha in alcun modo solo l'intento di
segnalarLe la preoccupazione legata al rischio dei tagli alla formazione e
alla ricerca (che sembra essere, purtroppo, l'unico timore di alcuni
rettori) o al futuro della figura professionale del ricercatore, ma
intende ricordarLe che:
· lo studio, la formazione e la possibilità della ricerca sono un
diritto di ogni cittadino, e non solo di quelli più facoltosi o fortunati;
· la sensibilità, l'appartenenza e la partecipazione alla vita
democratica del Paese aumenta quanto più crescono, in conformità a
princìpi di uguaglianza e giustizia sociale, l'educazione, l'istruzione,
la formazione di coscienze civiche;
· la Sua riforma della Scuola dell'obbligo nonché la rovinosa
riforma dell'Università avviata da Suoi predecessori contravvengono, oltre
che ai suddetti punti, ai più elementari presupposti della pedagogia
contemporanea e della formazione allo studio e al lavoro, puntando quasi
esclusivamente, invece, in direzione della "fabbricazione di prodotti
umani", quanto più e meglio spendibili nelle logiche del mercato e
dell'alta tecnologia (ci diamo cura e intendiamo darcela anche per altro,
vivaddio!).
Alla luce di tutto questo, nel ribadire la mia risoluta astensione
dall'insegnamento affidatomi con incentivo (Storia delle origini
cristiane) dalla Facoltà, quale vera e propria forma di "obiezione di
coscienza" ad un disegno di Legge che lede profondamente e
contemporaneamente diritti di lavoratori e studenti, ho deciso di tenere,
da oggi, le lezioni del corso di Epistemologia delle scienze umane, per
gli studenti di Scienze dell'educazione, affidatomi gratuitamente.
Il tema del corso è Formazione, in-formazione, de-formazione: potenzialità
e limiti dell'informazione "pubblica" per l'educazione. Esso servirà a
rinforzare e ad incoraggiare la coscienza critica degli studenti nei
confronti di quei mezzi e di quelle agenzie di informazione sempre più
coinvolti in operazioni di copertura del pessimo stato del mondo nel quale
il capitalismo ed il liberismo ci hanno condotti e a denunciare il loro
ruolo di vettori di indifferenza al bene della collettività e alla
politica a favore della dignità umana. Contestualmente esso prevede, quale
parte integrante del corso e senza rinunciare a nessuna delle ore di
lezione né al riconoscimento dei crediti maturati dagli studenti: due
prime azioni di protesta (l'occupazione dell'aula destinata ai Consigli di
Facoltà e sit-in dinanzi alla sede della Rai regionale) e due prime azioni
di proposta (incontri-confronto con la comunità di volontari che salva i
bambini Rom da un sicuro abbandono scolastico e facilita l'inserimento di
quelli extracomunitari; e con la comunità di volontari che si occupa di
ragazzi diversamente abili costretti a lasciare la scuola ["pubblica"?]
per la carenza di fondi destinati al sostegno), cui altre potrebbero
aggiungersi conformemente alla piega che prende l'iter del Suo Disegno di
Legge; e inoltre seminari, aperti pure agli studenti di altre Facoltà,
tenuti da giornalisti ripetutamente minacciati dalla censura del Governo
di cui Lei fa parte nel loro diritto/dovere all'informazione completa ed
alla satira politica.
Senonché, quello che Lei ed il Suo Governo buttano via dalla porta, mi
batterò, con forme di disobbedienza civile e nonviolente, e giovandomi
della mia libertà di insegnamento (prima che me la togliate), a farlo
entrare ostinatamente dalla finestra.
In tutto questo, nei modi e nelle forme che le loro discipline gli
consentono e conformemente a quanto ritengono di volta in volta opportuno,
conto di trovare la solidarietà dei miei colleghi.
Ricercatore della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università della
Calabria
P.S.: La presente viene inviata agli organi di informazione nazionale e
locale con preghiera di massima diffusione.