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Le RdB-CUB su TFR e Previdenza Complementare: disinformare fa rima con denigrare

Le RdB-CUB del Pubblico Impiego Settore Università stanno diffondendo un volantino in cui, deformando ad arte i contenuti dell’intesa comune raggiunta lo scorso 17 febbraio tra le parti sociali, cercano di accreditare la tesi di “intelligenza con il nemico” da parte dei sindacati confederali su TFR e previdenza complementare.

Lo stile è quello che abbiamo conosciuto in altre iniziative analoghe di questo sindacato: utilizzare ogni mezzo per accusare CGIL, CISL e UIL delle peggiori nefandezze a danno dei lavoratori.

Per capire come stanno veramente le cose è sufficiente leggere l’intesa, suggerimento che ci permettiamo di proporre alle tante persone che in perfetta buona fede potrebbero essere tratte in inganno dalla campagna denigratoria delle RdB.

Alcune affermazioni contenute nel volantino richiedono però una risposta immediata.

Tutti sanno che il governo ha tentato lungamente di istituire il conferimento obbligatorio del TFR alla previdenza complementare. E’ solo grazie alla mobilitazione della CGIL e delle altre organizzazioni sindacali che è stato costretto a ripiegare sul meccanismo, fortemente criticato dalla CGIL, del silenzio-assenso, inserito nella Legge 243/04.

Le nostre critiche, purtroppo, non possono impedire che la legge, voluta dal governo, approvata in Parlamento dalla maggioranza di centro destra ed entrata in vigore il 6 ottobre scorso, sia applicata. E non serve nemmeno sostenere, come è scritto nel volantino, che il governo era pronto ad abbandonare la partita, una favoletta che offende l’intelligenza delle persone a cui la si racconta.

Cosa hanno fatto le RdB per impedire l’emanazione della legge?

Perché si attaccano i sindacati confederali e non il Governo?

Bisogna quindi partire dal presupposto che i decreti attuativi disciplineranno le modalità con le quali sarà destinato il TFR alle varie forme di previdenza integrativa per coloro che non avranno espresso esplicitamente la propria volontà.

Per la CGIL il problema è rappresentato dalla necessità che i lavoratori siano adeguatamente informati per far sì che la loro scelta sia - come scritto chiaramente nell’intesa - libera, consapevole ed autonoma, evitando quindi il più possibile che ci si trovi iscritti ad un fondo in modo automatico e non volontario. A testimoniare l’impegno della Cgil in questa direzione c’è lo straordinario impegno d’informazione sul Fondo Espero nel settore scuola, il più numeroso tra i comparti pubblici. Altro che “imbonitori di polizze”!

Il secondo problema è che la legge delega mette sullo stesso piano tutte le forme previdenziali, compresi i piani individuali delle assicurazioni. Per questo l’intesa contiene importanti richieste riguardo alle garanzie che tutte le forme di previdenza complementare devono assicurare ai propri aderenti, rivendicando su questi aspetti il ruolo primario della contrattazione collettiva e la prevalenza dei Fondi negoziali, gli unici ad avere come unico fine fondativo, riconosciuto dalla stessa legge istitutiva, l’esclusivo interesse dei lavoratori associati.

Quanto al silenzio-assenso per i dipendenti pubblici, confermiamo quanto abbiamo sempre sostenuto e cioè che esso non è immediatamente applicabile a questi lavoratori, come del resto specifica la stessa legge delega. Ciò non vuol dire che nei settori pubblici non sia possibile, come è già avvenuto nella scuola, istituire contrattualmente fondi di previdenza complementare ai quali i lavoratori possano liberamente aderire.

Per concludere, non possiamo certo impedire alle RdB di presentare in modo deformato le posizioni degli altri al fine di trarne un presunto vantaggio politico.

Quello che ci preme è ristabilire la verità faziosamente alterata e, allo stesso tempo, confermare il nostro impegno a mettere a disposizione dei lavoratori strumenti utili per garantire loro condizioni di reddito adeguate quando andranno in pensione.

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