Roma, 28 gennaio 2005
E’ in circolazione un documento della Crui che aggiorna (e a nostro avviso peggiora) le sue posizioni sullo stato giuridico dei docenti universitari. Se sarà confermato, rappresenta evidentemente il risultato della vera e propria trattativa che la Crui sta svolgendo con il Ministro Moratti sulla questione. E già questo rappresenta un’inammissibile forzatura: svolgendo queste trattative la Crui si attribuisce una rappresentanza del mondo universitario che, istituzionalmente, non le spetta, così scalvalcando le rappresentanze istituzionali (CUN) e volontarie (sindacati e associazioni): è un caso che il Ministro, mentre intrattiene rapporti con la Crui, rifiuti di trattare con gli altri organismi?
Non è il caso di entrare nel merito delle proposte. Basti osservare che rimane fermo il tabù della contrattazione della retribuzione della docenza, pur ammettendosi che vi sia una parte variabile della stessa. Come è noto, questa organizzazione si è sempre battuta per una contrattualizzazione (collettiva) piena; deve essere chiaro che si può ben essere di opinione contraria, ma a condizione che l’intera retribuzione sia rigidamente predeterminata secondo parametri certi e rigidi. Ogni variabilità della stessa richiede – se non si vuole che sia agganciata a variabili come la forza accademica dei singoli gruppi – uno strumento di governo flessibile come la contrattazione collettiva sulle quantità complessive, sui criteri di ripartizione, sui parametri di assegnazione.
Sulla questione tempo pieno/tempo definito, la Crui sembra fare qualche apertura nella direzione di un suo alleggerimento: siamo della ferma opinione che si debba procedere esattamente nella direzione contraria.
Nulla si dice sulla necessità di distinguere tra procedure di reclutamento e procedure di carriera.
Quel che è più grave, non viene fornita alcuna indicazione idonea ad affrontare seriamente il problema del precariato: sui professori a contratto, non vi è neanche un cenno alla necessità di garantire agli stessi condizioni retributive e di lavoro dignitose; il canale di reclutamento che viene tratteggiato (che, comunque, richiederebbe ben altre specificazioni) sembra non venire a sostituire la molteplicità dei canali oggi esistenti.
Invitiamo la Crui ad una sorta di self restraint: non pretenda di attribuirsi una rappresentanza generale del mondo universitario che, istituzionalmente, non ha, ed abbia l’intelligenza politica di confrontare le posizioni che via via matura con chi vive e lavora nelle Università e con le organizzazioni che costoro si sono liberamente date. Se non farà così, corre il rischio di farsi oggettivamente strumento delle politiche ministeriali, in inaccettabili mediazioni al ribasso.