Una giornata particolare questa, in cui la Cgil incontra i propri candidati alle elezioni RSU Università e Ricerca. Oggi, infatti, si dà l'avvio alla campagna elettorale della FLC CGIL.
Meditata e convinta anche la scelta della sede, all'interno della più grande università italiana, la Sapienza di Roma, per dare il maggior risalto possibile a questa manifestazione. I lavori si aprono con l'introduzione di Marco Broccati, vice segretario della FLC CGIL, mentre le conclusioni sono state affidate a Guglielmo Epifani.
Semplice il messaggio trasmesso: la CGIL sostiene l'importanza di questi organismi che rappresentano i lavoratori nella contrattazione integrativa. Particolarmente in questo difficile momento per il Paese è importante affermare la propria presenza, puntando a ripetere il successo elettorale della precedente tornata.
Una giornata che poi proseguirà, nel pomeriggio, con la presentazione delle linee guida che segneranno l'azione politica della FLC Cgil, il nuovo sindacato che rappresenta il variegato mondo della conoscenza, dalla scuola materna alla Ricerca, dalla formazione professionale all'Università. Di tutto questo daremo notizia durante la giornata. Seguiteci.
Tocca A Marco Valerio Broccati rompere il ghiaccio. Questa, In estrema sintesi, i punti toccati dalla sua relazione:
"La situazione internazionale ed in particolare la guerra in Iraq in cui il nostro Governo ha irragionevolmente scelto di partecipare. Chi si occupa di istruzione , formazione e ricerca è per definizione un operatore di pace, perché progetta, tesse costruisce per il presente e per il futuro.
Grande preoccupazione per le sorti del Paese destano gli atti di questo Governo. La riforma costituzionale in senso monocratico e di accentramento del potere da parte del capo del Governo e l’indebolimento del ruolo del Parlamento aprono scenari inquietanti. Si cambia la Costituzione per comprare il consenso di un pezzo di maggioranza. Siamo oltre la soglia fisiologica di allarme.
Il declino economico del Paese è sotto gli occhi di tutti. E’ stato irresponsabilmente dilapidato il patrimonio positivo di avanzo dei conti pubblici faticosamente raggiunto nel passato.
In questo scenario si rinnovano le RSU.
Un appuntamento impegnativo anche perché va confrontato con il brillante successo di tre anni fa.
Una sicura difficoltà è il non voto dei ricercatori degli EPR.
E’ un fatto grave che la metà dl comparto sia privata di un simile diritto.
L’inserimento, a costo zero, dei ricercatori e dei tecnologi nell’area della dirigenza, fatto in questo modo è solamente sbagliato e dannoso.
Un altro elemento critico è dato dal mancato voto del personale a tempo determinato.
E’ una scelta dovuta anche all’atteggiamento delle altre forze sindacali. Dove possibile apriremo urne separate per questo personale, nel contempo stiamo valutando iniziative di natura giudiziaria, che sono però complesse e politicamente delicate.
Le RSU svolgono un ruolo importante, soprattutto nelle Università. Nella Ricerca continuiamo a perseguire, spesso da soli, l’obiettivo di incrementare le materie oggetto di contrattazione decentrata.
I mesi che ci attendono richiederanno alla FLC CGIL un impegno su tre fronti principali: i contratti, la Legge Finanziaria, i processi di controriforma in atto.
Per il secondo biennio chiediamo un incremento dell’8% a fronte di disponibilità dichiarate dal Governo pari al 3,7%. Per gli Enti di Ricerca non è neppure stata avviata la trattativa per il primo biennio economico.
Proporremo a CISL e UIL una settimana articolata di scioperi in tutti i settori che rappresentiamo.
La Legge Finanziaria è in continuità con quelle del recente passato. In assenza di risorse si ha nuovamente, nei fatti , il blocco del turn over.
L’intervento legislativo sul settore della ricerca è stato già fatto e siamo nella fase dei regolamenti attuativi. Fase delicatissima su cui bisogna chiamare alla mobilitazione la comunità scientifica.
Nelle Università sta prendendo corpo un movimento di opposizione che non si vedeva da decenni.
Le proposte del Ministro Moratti, che hanno coagulato nella protesta l’intero mondo universitario, rappresentano la morte dell’Università come l’abbiamo conosciuta per 700 anni, con tutti i suoi difetti e distorsioni e problemi, ma anche con i grandi valori portanti che ne hanno fatto uno dei centri fondamentali della nostra civiltà europea.
La lista delle disgrazie si allunga con la annunciata volontà di riformare il 3 più 2 in perfetta analogia con il percorso ad Y deciso per la scuola superiore.
Come si diceva una volta, dobbiamo durare un minuto più di loro con le nostre iniziative, con le nostre mobilitazioni.
Ci piace parlare con le persone in carne ed ossa, e non con i proclami televisivi;ci piace ascoltare, discutere a volte litigare, senza mai stancarci di spiegare le nostre ragioni. Il nostro candidato è quello che sta in mezzo alla gente, che vive i loro problemi e che prova a risolverli."
La parola passa agli iscritti. Una piccola rappresentanza del variegato mondo dell'Università e Ricerca. Si susseguono sul palco Gianfranco Mellone dell'Istat, Anna Bellini del Politecnico di Milano, Tania Irrea del CNR, Paola Pittoni de "la Sapienza", Gisella Fidelio dell'Università di Bologna, Marcello Mucchi dell'Infn, Antonella Lati assegnista di Ricerca (Nidil Cgil). Non mancano contributi esterni come quello di Cristina Taiani della rete nazionale dei precari e e Marco Marafina del coordinamento nazionale dei coordinatori.
La parola passa poi a Guglielmo Epifani. Ecco la sintesi del suo intervento:
"Queste elezioni sono importanti perchè nella nostra cultura la democrazia delegata è funzione essenziale del modo di essere del sindacato. Per questo non siamo contenti che l’elettorato attivo non sia come noi lo vorremmo. E’ una cosa priva di senso ; in altri settori, come la scuola, questo aspetto è stato normato in senso positivo. A nostro giudizio c’è un diritto soggettivo del lavoratore che va riconosciuto nella sua universalità, ovunque lavori, che non va lasciato al singolo comparto.
Cè il rischio della stanchezza e del disincanto da parte dei nostri delegati, eletti sulla spinta di una forte motivazione che non sempre trova riscontro nel lavoro quotidiano. E’ un rischio che dobbiamo affrontare e risolvere, perchè va al di là del fisiologico ciclo che vivono tutti i movimenti. Dietro si nasconde una strategia del governo che mira proprio a questo obiettivo. Per respingere questo tentativo dobbiamo lavorare a rafforzare le ragioni della nostra identità e dei nostri valori.
Siamo stati i primi a denunciare il rischio del declino del nostro paese. Il 2004 è l’anno di maggiore crescita degli ultimi venti anni a livello mondiale; il nostro paese sta fermo. Francia e Spagna corrono del 3-4%, la stessa Germania, considerata la malata dell’Europa, corre più veloce di noi. Di questi dati non si trova traccia nella comunicazione governativa e diffusa. La Salerno Reggio Calabria, priorità nel processo di congiunzione del nostro paese, in 7 anni dall’inizio lavori è a 47 km costruiti: a questi ritmi ci vorranno 36 anni per completarla.
Siamo al 47^ posto nella graduatoria mondiale della competitività e i paesi ai primi posti hanno spese più elevate,tasse maggiori, un mercato del lavoro più rigido di noi. All’estero vendiamo meno della Germania, che pure non gode di ottima salute. Per invertire questo processo dobbiamo trasformare il nostro sistema produttivo, fornire beni e servizi in grado di essere collocati sul mercato internazionale.
C’è un paese che non guarda avanti; ciò che più colpisce è il calo degli investimenti e della produttività, che si vorrebbe risolvere rivedendo il modello contrattuale!
Lo stato in cui versano scuola,Università e ricerca è lo specchio di questa crisi.
Noi lavoriamo invece perchè diventino il motore del cambiamento.
I guasti prodotti dalle scelte di questo Governo su questi settori sono grandi e non facilmente riassorbibili in tempi brevi:
della scuola confermiamo le nostre critiche, ragionate e fondate. L’autonomia, come l’abbiamo cercata e voluta è destinata a saltare, a fronte della riforma costituzionale, tutta ideologica;
La stessa cosa vale per l’Università. Abbiamo fatto notare al Presidente del Consiglio la contradditorietà tra la dichiarata centralità di scuola formazione e ricerca ed il tetto del 2% della Finanziaria;
Queste scelte hanno prodotto contraddizioni ed il livello altissimo della protesta, diffusa, dai rettori ai ricercatori agli studenti.
Infine sui ricercatori: si vorrebbe far credere che maggiore precarietà sia la sfida alta per il riconoscimento e la valorizzazione del loro lavoro. Ma questo scambio di alto non ha proprio nulla: quale qualità in questo contesto?
La scuola con i suoi circa 200.000 precari è ad oggi il bacino più alto di precarietà; l’università sta andando verso analogo destino.
Ecco perché a noi tocca tenere alte le ragioni del nostro insediamento."