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Comunicato 21 ottobre 2004

ADI, ADU, ANDU, APU, CISAL-Università, CISL-Universita', CNU, FIRU, FLC-CGIL, NIDIL-CGIL, SNALS, UDU, UIL PA-UR

Le Organizzazioni sindacali e le Associazioni della docenza universitaria, le Associazioni dei precari e degli studenti nel corso degli anni hanno elaborato articolate proposte su tutte le questioni che stanno travagliando il mondo dell’Università, dell’Alta Formazione e della Ricerca. Su queste proposte le Organizzazioni e le Associazioni della docenza hanno cercato sempre il confronto con tutte le forze politiche e con tutti i livelli istituzionali. Tra questi l’interlocutore più disattento e sordo è stato il Ministro Moratti: per due anni, nonostante le ripetute richieste, si è rifiutato di ricevere le Organizzazioni sindacali. Quando finalmente ha deciso di farlo, si è limitata ad ascoltarne gli interventi e poi a proporre tavoli tecnici: questi tavoli sono stati del tutto inutili per l’assoluto rifiuto del confronto. Ancora oggi la disponibilità del Ministro e dei suoi uffici al dialogo sull’Università è solo mediatica (così come è avvenuto per la riforma degli Enti di ricerca e della Scuola): finora non una delle proposte avanzate è stata accolta, solo alcuni punti marginali appaiono essere stati accolti. Sui punti qualificanti il rifiuto è assoluto.

Li ribadiamo ancora una volta; per chi vuole avere memoria sono ben noti.
1. Il cardine del sistema universitario italiano è l’Università pubblica: ad essa devono essere destinate le risorse pubbliche, che devono essere incrementate almeno al livello medio dei Paesi OCSE. Le Università private avranno accesso alle risorse pubbliche nella misura in cui saranno effettivamente in grado di contribuire al progresso del Paese, in primo luogo con risorse proprie.
2. All’istruzione superiore deve avere accesso il maggior numero possibile di giovani; risorse strutturali (finanziamenti, edilizia, laboratori, personale docente e tecnico) e finanziamenti del diritto allo studio per i giovani meritevoli devono essere adeguati ad un sistema universitario di massa e di qualità, unitario nelle sue possibili articolazioni.
3. Didattica e ricerca devono continuare a contraddistinguere la figura del docente universitario, dal livello iniziale del reclutamento ai massimi livelli della professionalità. L’impegno del docente deve essere totale nella sua Università, con eventuali eccezioni regolamentate da normativa nazionale.
4. Il docente universitario è una figura unitaria, che deve aumentare la sua professionalità nella sua carriera, con momenti obbligatori di valutazione, che sono un suo dovere e un suo diritto.
5. Per quanto si possa continuare a prefigurare forme contrattuali iniziali di formazione, il primo livello della docenza piena deve essere stabile. La precarizzazione degli inizi così come oggi è configurata è già inaccettabile.
6. Deve essere riconosciuto il ruolo di professore al ricercatore universitario, la cui figura individua oggi e dovrà continuare a designare in futuro il primo livello della docenza a tempo indeterminato.
7. Le Università pubbliche devono porsi tra di loro in competizione, ma sempre come parti di un sistema unitario, rappresentato al più alto livello da un Consiglio Universitario Nazionale non corporativo veramente riformato, al quale sia riconosciuta la capacità di coordinare il sistema stesso e di salvaguardarne l’autonomia, anche dal punto di vista della condizione dei singoli docenti universitari.
8. Il Ministero, che torni ad essere Ministero della Pubblica Istruzione, deve essere una struttura leggera, con compiti politici di programmazione e di indirizzo a monte, di verifica dei risultati a valle, utilizzando strutture terze ed imparziali di valutazione.

Ciò ricordato al Ministro Moratti ed agli opinionisti che cadono sempre dalle nuvole, ribadiamo che l’attuale comportamento dei professori e ricercatori universitari (l’astensione dalle supplenze) non è affatto e non è ancora una forma di lotta sindacale: semplicemente i professori e i ricercatori non fanno ciò che non sono tenuti a fare, ma che hanno fatto volontariamente finora tenendo in piedi l’Università.
Dall’inizio dell’anno le Organizzazioni sindacali e le Associazioni della docenza universitaria si sono impegnate in modo ancora più forte: basti ricordare la grande assemblea nazionale a Roma del 17 febbraio e lo sciopero nazionale (significativamente unitario: dell’Università, compreso il personale tecnico-amministrativo, dell’Alta Formazione, della Ricerca) con una manifestazione a Roma che ha visto insieme tutti con i precari e gli studenti.
Il disegno di legge delega sullo stato giuridico è il completamento dell’opera di distruzione dell’Università pubblica da parte del Ministro Moratti: una Università precarizzata semplicemente non sarà più un’Università.
Per questo alle Organizzazioni, per la prima volta, si sono affiancate anche le massime istanze delle Università, praticamente tutti i Senati Accademici, i precari e gli studenti. Non a caso nemmeno una Università privata.
Davanti alla pervicacia del Ministro, l’unica possibile risposta – ieri e oggi - è la richiesta del ritiro del disegno di legge delega e non solo perché è a costo zero. Questo disegno rimarrebbe pessimo, anche se vi venissero immesse delle risorse.
Invece devono essere immediatamente reperite risorse per il bando nei prossimi anni di almeno 20.000 posti in ruolo per i giovani, anche in previsione del pensionamento di quasi la metà degli attuali professori e ricercatori nei prossimi anni. E basta con il blocco delle assunzioni del personale docente e tecnico-amministrativo!
Le Organizzazioni sono state e sono sempre pronte al confronto con chiunque, in primo luogo i livelli istituzionali; ma esse non delegano a nessuno la funzione di rappresentanza che è loro propria.
Le Organizzazioni confermano la settimana di mobilitazione tra l’8 e il 12 novembre; invitano i Senati Accademici e i Consigli di Facoltà a partecipare alla protesta ed a fare tutto quanto in loro potere perché essa sia forte;
invitano gli studenti a essere protagonisti di questa fase di scontro per una loro Università migliore, per un vero diritto allo studio, per evitare un’improvvida ed affrettata pseudoriforma della didattica; invitano i mass media a dare la massima rilevanza alle ragioni della protesta.

Per una Università e un Paese migliori.
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