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PER UNA UNIVERSITA’ DI QUALITA’
PER UNA UNIVERSITA’ DI TUTTI

“Even a strong tradition can collapse if neglected for too long!” (“Anche una solida tradizione può collassare se trascurata per troppo tempo”). Così conclude il suo commento una autorevole rivista internazionale (Nature Materials, 3, Settembre, 2004, www.nature.com/naturematerials) nel riassumere lo stato di grave incertezza in cui sono da tempo costretti ad operare i ricercatori italiani.

 

CONTRO I TAGLI DEI FINANZIAMENTI Al sistema pubblico della Ricerca e delle Universita' italiane.

Un aumento di oltre il 50% degli studenti laureati dalle Università italiane (da 150.000 nel 1999 a 230.000 nel 2003), il riconoscimento internazionale dei risultati eccellenti ottenuti dai ricercatori italiani (Nature 430, 311–316; 2004),non sono bastati a impedire al Governo di perseverare nella politica di saccheggio dei fondi (da sempre ai livelli più bassi d’Europa) destinati al sistema pubblico della ricerca e dell’università. Dal 2001 l’aumento dei trasferimenti ordinari alle Università statali è sistematicamente superato dai costi (scaricati da questo Governo sui bilanci degli Atenei) degli aumenti contrattuali e dall’inflazione. Nel 2003 l’aumento dei finanziamenti dello 0,2% si è tradotto, in termini reali,in una riduzione di oltre il 4% rispetto all’anno precedente. Gli aumenti irrisori annunciati nella finanziaria 2005 (a fronte della previsione di un incremento finanziario del 9% per le Università private) sono insufficienti anche al solo mantenimento delle spese correnti e, insieme all’annunciata estensione per altri 3 anni del blocco delle assunzioni, porteranno rapidamente molte università (soprattutto le più piccole e soprattutto al Sud) all’impossibilità di garantire ulteriormente una formazione universitaria degna di questo nome.

Per questo abbiamo chiesto

CONTRO LE PSEUDO-RIFORME (A COSTO ZERO) E LA DEQUALIFICAZIONE DELLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA

Docenti, ricercatori, studenti e precari dell’Università di Basilicata insieme ad altre 50 università italiane si sono mobilitati Contro il Disegno di Legge Delega sullo stato giuridico della docenza universitaria e in particolare:

La riforma degli ordinamenti didattici che istituisce il percorso a Y (1+2+2), senza che ancora sia stata fatta una valutazione di merito per correggere le distorsioni dell’appena avviato 3+2, prefigura il ritorno ad una Università di classe. In assenza di adeguati finanziamenti (e a meno di aumenti esorbitanti delle tasse universitarie) essa risulterà attuabile, nel suo percorso integrale, solo in poche Università italiane, ripristinando condizioni di concentrazione dell’offerta universitaria e di sostanziale discriminazione sociale (per gli studenti che dovranno ricominciare ad emigrare soprattutto dagli Atenei del Sud) oggi non più accettabili.

Per questo abbiamo chiesto

PER LA CONOSCENZA COME BENE COMUNE.
Per il diritto ad una formazione universitaria di qualita' anche al Sud anche qui in basilicata.

I tagli ai finanziamenti e le iniziative legislative in corso contribuiscono a disegnare uno scenario particolarmente preoccupante per le Università del Mezzogiorno. La fragilità dell’attuale tessuto produttivo del Sud Italia non fornisce infatti alle Università del Mezzogiorno, in termini di finanziamenti esterni e di sbocchi professionali qualificati, le stesse opportunità presenti nelle realtà del Centro-Nord. La riduzione delle risorse destinate agli Atenei, pur generalizzata a livello nazionale, è stata particolarmente accentuata nel caso del Mezzogiorno, già storicamente penalizzato dalla ripartizione dei fondi per la ricerca e l’Università. L’uscita nel 2006 delle regioni meridionali dall’Obiettivo 1 farà mancare anche quelle risorse dell’Unione Europea che hanno consentito in questi anni il mantenimento di molti dottorati di ricerca ed un sostegno importante alla didattica ed alla ricerca universitaria.

In tale contesto gli elementi di ulteriore precarizzazione e dequalificazione del ruolo docente contenuti nel DDL Moratti, uniti alla insistente politica di tagli degli ultimi anni che gia’ hanno gravemente compromesso la tenuta del sistema pubblico della ricerca e della formazione universitaria italiana, rappresenterebbero un colpo mortale per le Universita’ del Sud.

In una situazione di risorse progressivamente decrescenti sempre meno Atenei italiani potranno garantire una docenza ed una formazione universitaria di qualità. Altrove (e soprattutto nel Mezzogiorno) la impossibilità cronica di aumentare la forza docente porterà presto a dover ulteriormente ridurre l’offerta didattica. L’alternativa, quella che in parte si è andata già realizzando dopo l’avvio del 3+2, rappresenta forse un rischio ancora maggiore. Provare a mantenere l’offerta didattica attuale a scapito di una qualità resa sempre più scadente dalla necessità di spostare tutte le risorse docenti disponibili (inclusi i ricercatori che non ne avrebbero l’obbligo) sull’attività di didattica frontale a scapito dell’impegno sulle attività di ricerca, realizzerà di fatto l’obiettivo di creare poche Università di serie A e molte di serie B. Per la Basilicata questo significherebbe tornare molti anni indietro quando per accedere alla formazione universitaria era necessario (avendone i mezzi) muoversi verso altre regioni italiane.

Anche contro questo progetto strisciante di “devolution” della conoscenza la Comunità Universitaria di Basilicata, i professori, i ricercatori, gli studenti, i ricercatori precari, il personale tecnico e amministrativo che hanno partecipato alla fortissima mobilitazione dei due mesi passati,invitano i cittadini, la società civile, le forze politiche e sociali a partecipare alla manifestazione del 30 Novembre contro questa Finanziaria,perché anche il diritto ad una formazione universitaria di qualità e per tutti possa essere tutelato in Italia, nel Mezzogiorno, in Basilicata.

Pensare alla conoscenza come a un diritto di tutti, significa pensare infatti anche ad una Università, la nostra, in grado di offrire non diversamente dalle altre Università italiane,didattica e ricerca di qualità. Pensare all’Università della Basilicata come ad una risorsa del paese ma anche e sopratutto della gente di Basilicata significa pensare ad una opportunità in più, per la nostra gente, per accedere ad una formazione universitaria fino a pochi anni fa riservata solo a chi si poteva permettere di mandare i figli fuori a studiare. Università come motore dello sviluppo economico per la regione (e particolarmente per le città di Potenza e Matera) non solo per quel centinaio di milioni che pure ogni anno entrano (tramite i finanziamenti ordinari, la capacità di attivare progetti di ricerca nazionali e europei, etc.) o rimangono in regione (per esempio con la riduzione dell’emigrazione studentesca), ma per tutto quello che l’Università rappresenta in termini di supporto alle iniziative delle istituzioni locali, di collegamenti con il sistema nazionale e internazionale della cultura, della ricerca e della innovazione produttiva. Università come elemento di tenuta sociale della Regione che non vede più, non come prima, intere generazioni di giovani sparire, per cercare lavoro o per studiare fuori, ma anzi diventa occasione d’incontro e confronto critico dei giovani dei nostri paesi tra loro, con i giovani delle regioni vicine, con gli studenti e la cultura di altri paesi europei. Università come risorsa, finchè rimane università di qualità, per la didattica, la ricerca, i servizi che è in grado di mettere in campo e per i quali l’Ateneo Lucano si conferma, nelle valutazioni del CENSIS, ai primissimi posti tra gli Atenei italiani di dimensioni simili mentre aumenta la sua capacità di attrazione verso gli studenti provenienti dalle regioni vicine.

Università che mentre si avvicina rapidamente all’obiettivo dei 10.000 studenti, ha ancora bisogno di consolidare ed espandere la sua offerta didattica, di dotarsi di infrastrutture e servizi adeguati soprattutto sul polo universitario di Matera, di aumentare ancor più la sua capacità di attrazione verso le regioni vicine.

Non solo l’auspicata espansione, ma lo stesso mantenimento dell’esistente, appare oggi gravemente compromesso da una sistematica riduzione dei finanziamenti ministeriali che, a oggi, consentono ancora il pagamento degli stipendi (non gli aumenti contrattuali, non le nuove assunzioni che sarebbero necessarie) mentre impediscono qualunque programmazione di più lungo respiro.La attuale forza docente dell’Ateneo (se non si prestasse gratuitamente ben al di là dei propri compiti istituzionali) sarebbe sufficiente a garantire solo la metà dei corsi attualmente erogati (circa il 30% sono oggi tenuti, gratuitamente e al di là dei loro obblighi, dai ricercatori)e, comunque, molti corsi di laurea (anche di quelli già attivati) potrebbero presto essere costretti a chiudere per mancato raggiungimento dei requisiti minimi sul numero dei docenti.Gran parte dei problemi di oggi, benché comuni a molti altri Atenei italiani, assumono per l’Università di Basilicata caratteristiche più gravi principalmente perché essa fu fondata in un regime di finanziamenti differente (prima ad esempio che il numero degli studenti iscritti assumesse l’importanza che ha avuto in seguito nell’erogazione dei finanziamenti) e senza aver avuto il tempo di raggiungere una massa docente adeguata al momento del passaggio al nuovo regime di autonomia finanziaria. Adeguare le scelte iniziali al contesto normativo di oggi (aprendo ad esempio Facoltà e Corsi di Laurea con minori costi di avvio e in grado di attrarre un maggior numero di studenti) è operazione in parte già tentata e con successo sfruttando oltre misura le risorse docenti già esistenti,ma impossibile da sostenere anche solo sul breve periodo in un quadro di risorse sempre minori e sempre più incerte.

Anche per questo, tra le prime in Italia e più fortemente che altrove, la Comunità Universitaria di Basilicata, si è ribellata alla politica di riduzione delle risorse per l’Università iniziata nel 2001da questo Governo e confermata anche da questa Finanziaria.

Per questo chiediamo al Governo di tradurre in azioni concrete le vuote parole che da ogni parte si sentono riguardo la perdita di competitività del nostro Paese, quando è del tutto evidente che non sulla riduzione del costo del lavoro (sulla quale non solo in Cina, ma anche nell’Europa allargata troviamo già facile concorrenza) ma sulla innovazione dei prodotti e dei processi, che solo adeguati investimenti in ricerca ed alta formazione possono garantire, si gioca la speranza per l’Italia di rimanere competitiva sullo scenario internazionale garantendo al contempo più lavoro e di migliore qualità alle future generazioni.

Per questo invitiamo i nostri parlamentari, le istituzioni regionali e cittadine, i partiti e le forze sociali, nel riconoscere il ruolo strategico che l’Università di Basilicata ha avuto (e ancor più potrebbe avere) nel processo di sviluppo della Regione, a operare perché la questione dell’Università e dell’Università di Basilicata in particolare, possa essere affrontata, in tutte le sedi,in maniera responsabile e informata.

Ai cittadini chiediamo di sostenere la battaglia della Comunità Universitaria Lucana che è stata e sarà battaglia di civiltà, per la difesa di una ricerca e una didattica libera e di qualità,per rivendicare anche per la gente di Basilicata il diritto ad avere una Università in grado di competere con i migliori Atenei italiani nel garantire attività di ricerca e di formazione universitaria ai massimi livelli.

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