Il compenso dal fondo d’istituto per la flessibilità non è una questione di "status", per cui non se ne ha mai diritto in quanto si "è" o meno qualcosa o qualcuno, ma solo in quanto si "hanno delle ricadute sul lavoro ordinario" (cioè quello obbligatorio) conseguenti a scelte fatte dalla scuola nella sua autonomia. Spetta al contratto individuarle, riconoscerle e definire compensi forfetari commisurati al coinvolgimento individuale nelle varie forme di flessibilità (organizzativa e didattica) che nella scuola ci possono essere.
Ad esempio:
a) se si individua come forma di flessibilità l'introduzione per tutti di unità orarie di 50' per ragioni didattiche, ciò impone a tutti di passare da 18 unità didattiche a 21. In questo caso vi è un oggettivo aggravio di lavoro omogeneo per tutti i docenti (che insegnano) ed allora è giusto dare un compenso forfetario uguale per tutti. In questo caso diventa una sorta di compenso a pioggia, ma giustificato;
b) se poi qualcuno, ad esempio, nel tempo pieno dell’elementare o prolungato della media, ha anche dei turni spezzati (mattina e pomeriggio) ed altri no, è giusto riconoscere ai primi qualcosa in aggiunta che non spetta ai secondi;
c) se c’è chi presta servizio (per ragioni organizzative e/o didattiche) su più sedi/plessi della stessa scuola ed altri no (ad es. sul sostegno, lo specialista di lingua straniera che lavora su 7-8 classi, se c’è un modulo cosiddetto a "scavalco" nell'elementare, ecc...) è evidente che a questi andrebbe riconosciuto, in aggiunta, il disagio mentre agli altri no;
d) se la maggior parte dei docenti ha mediamente nell'orario 2 ore buche - è fisiologico e c'è da sempre nella secondaria - e solo alcuni ne hanno di più (ad es. da 4 ore buche in su) per motivi oggettivi, quali pochi laboratori e/o palestre e/o altro... allora a questi ultimi è giusto dare in aggiunta un ulteriore compenso forfetario (per flessibilità organizzativa), compenso che non spetta a tutti;
Si potrebbero ancora fare altri esempi ma quelli esposti ci sembrano abbastanza illustrativi delle varie situazioni.
In altre parole, è giusto e possibile riconoscere "le differenze" nell'espletamento degli obblighi di servizio, rispetto allo standard medio, differenze che sono dovute ad esigenze didattiche ed organizzative che la scuola, nella sua autonomia, ha ritenuto di adottare.
Detto ciò per i docenti che hanno l'esonero totale in quanto collaboratori/trici vicari/e, tutto questo, a nostro parere, non interessa perché il loro orario di lavoro è stato definito (concordato) direttamente con il DS (in sostituzione degli impegni dovuti come docente); perché non si insegna più per le ore curricolari e perché la "gravosità/complessità" degli impegni va valutata in sede contrattuale e complessivamente compensata alla voce "collaborazione con il DS" (art. 86 c. 2 lett. e del Ccnl/03).
Tale compenso forfettario è di fatto onnicomprensivo. Cosi come lo è, ad esempio, l'indennità di amministrazione per il DSGA che è regolata direttamente dal Ccnl. Rimane fermo poi il diritto, per tutti, al compenso per eventuali attività aggiuntive (progetti o altro) se effettivamente prestate, ma si tratta di altra cosa rispetto alla flessibilità.