Legge 20 maggio 1970, n. 300
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della
libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di
lavoro e norme sul collocamento (1) (2) (3).
(in G.U. n.131
del 27 maggio 1970)
(1) Il
decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, ha soppresso:
l'ufficio del pretore trasferendo le relative competenze al
tribunale ordinario e l'ufficio del pubblico ministero presso
la pretura circondariale e ha provveduto a trasferirne le
relative funzioni all'ufficio del pubblico ministero presso il
tribunale ordinario. I riferimenti nella legge 300/70 a pretore ed
a pretura sono sostituiti, rispettivamente, dai
riferimenti al presidente del tribunale e al tribunale. Le
attribuzioni pretorili sono soppresse; sono altresì
soppresse le funzioni amministrative di altre autorità
giurisdizionali, eccezion fatta per il giudice di pace, se
attribuite in via alternativa tanto al Tribunale che ad organi
della P.A. La soppressione delle attribuzioni del pretore di
rendere esecutivi atti emanati da autorità amministrative,
rende gli atti stessi esecutivi di diritto. Laddove il
presente provvedimento preveda l'obbligo di determinati
soggetti di rendere giuramento innanzi al pretore per l'esercizio
di attività, questo si intende reso innanzi al sindaco o ad un suo
delegato.
(2) Con
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono stati conferiti
alle regioni i compiti relativi al collocamento,
all'avviamento a selezione negli enti pubblici e nella
pubblica amministrazione, ad eccezione di quello
riguardante le amministrazioni centrali dello Stato e gli uffici
centrali degli enti pubblici, e i compiti di preselezione ed
incontro tra domanda e offerta di lavoro.
(3) Con
l'entrata in vigore del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300, le prefetture sono trasformate in uffici territoriali
del governo; il prefetto preposto a tale ufficio nel capoluogo
della regione assume anche le funzioni di commissario del governo
(art. 11, decreto legislativo. 300/1999, cit.).
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.1.-Libertà di opinione.
I lavoratori,
senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede
religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro
opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel
rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della
presente legge.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.2.-Guardie giurate.
Il datore di
lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui
agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (1), soltanto per scopi di
tutela del patrimonio aziendale.
Le guardie
giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti
diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio
aziendale.
È fatto divieto
al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività
lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono
accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo
svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e
motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.
In caso di
inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle
disposizioni di cui al presente articolo, la Direzione
regionale del lavoro ne promuove presso il questore la
sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della
licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
(1) Regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773 - Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.3.-Personale di vigilanza.
I nominativi e
le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza
dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai
lavoratori interessati.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.4.-Impianti audiovisivi.
È vietato l'uso
di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di
controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le
apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze
organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro,
ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a
distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere
installati soltanto previo accordo con le rappresentanze
sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la
commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del
datore di lavoro, provvede la Direzione regionale del lavoro,
dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Per gli
impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle
caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo,
in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali
aziendali o con la commissione interna, la Direzione
regionale del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in
vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le
prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli
impianti suddetti.
Contro i
provvedimenti della Direzione regionale del lavoro, di cui ai
precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le
rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste,
la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di
cui al successivo art.19 possono ricorrere, entro 30
giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro
per il lavoro e la previdenza sociale.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.5.-Accertamenti sanitari.
Sono vietati
accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e
sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore
dipendente.
Il controllo
delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto
attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali
competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore
di lavoro lo richieda.
Il datore di
lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del
lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti
specializzati di diritto pubblico. (1)
(1) L’ art.2
della legge 5 giugno 1990 n.135, per la prevenzione e la lotta
all’ Aids, vieta ai datori di lavoro, pubblici e privati, lo
svolgimento di indagini per accertare nei dipendenti o in persone
prese in considerazione per l’assunzione, l’esistenza di uno stato
di sieropositività. Per le modalità delle visite personali di
controllo, nel caso di malattia, provvede l’art.2 della legge 29
febbraio 1980 n.33 e l’art. 8 bis del decreto legge 30 aprile
1981, n.168, convertito in legge 27 giugno 19981, n.321. Le visite
personali di controllo devono essere eseguite dai medici dei
servizi indicati dalle Regioni.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.6.-Visite personali di controllo.
Le visite
personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché
nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del
patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti
di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi
le visite personali potranno essere effettuate soltanto a
condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro,
che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del
lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di
selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di
lavoratori.
Le ipotesi nelle
quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme
restando le condizioni di cui al secondo comma del presente
articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal
datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure,
in mancanza di queste, con la commissione interna. In
difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro,
provvede la Direzione regionale del lavoro.
Contro i
provvedimenti della Direzione regionale del lavoro di cui al
precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna,
oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo
articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.7.-Sanzioni disciplinari.
Le norme
disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in
relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed
alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere
portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo
accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è
stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano (1).
Il datore di lavoro non può adottare alcun
provvedimento disciplinare nei confronti del
lavoratore senza avergli preventivamente contestato
l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa (1) (2).
Il lavoratore
potrà farsi assistere da un rappresentante
dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato
(1) (2).
Fermo restando
quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 (3), non
possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino
mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non
può essere disposta per un importo superiore a quattro
ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e
dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i
provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non
possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni
dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato
causa.
Salvo analoghe
procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e
ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il
lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare
può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per
mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca
mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del
lavoro e della massima occupazione, di un collegio di
conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di
ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune
accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore
dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa
fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il
datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito
rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio
rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente,
la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro
adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi
conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due
anni dalla loro applicazione (4).
(1)La Corte
costituzionale, con sentenza 30 novembre 1982, n. 204, ha deciso
che le disposizioni contenute nel presente comma si applicano
anche ai licenziamenti individuali intimati per giusta causa o
per giustificato motivo, qualora tali disposizioni non trovino
già riscontro nel contratto collettivo di lavoro.
(2) La Corte
costituzionale, con sentenza 25 luglio 1989, n. 427, ha deciso
che il presente comma si applica anche alle imprese con meno di
sedici dipendenti.
(3) Legge 15
luglio 1966, n. 604 - Norme sui licenziamenti individuali
(4) Questa
disposizione si applica anche ai dipendenti della Pubblica
Amministrazione ai sensi dell’ art.52 del decreto legislativo
30 marzo 2001 n.165
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.8.-Divieto di indagini sulle opinioni.
E’ fatto divieto
al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso
dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare
indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche,
religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non
rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale
del lavoratore.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.9.-Tutela della salute e dell'integrità fisica.
I lavoratori,
mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare
l'applicazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la
ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a
tutelare la loro salute e la loro integrità fisica (1).
(1) Gli articoli
18 e 19 del decreto legislativo 19 settembre 1994 n.626 hanno
istituito il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza che
sostituiscono le rappresentanze previste in tale articolo.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.10.- Lavoratori studenti.
I lavoratori
studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in
scuole di istruzione primaria, secondaria e di
qualificazione professionale, statali, pareggiate o
legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di
titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che
agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non
sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i
riposi settimanali.
I lavoratori
studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere
prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi
giornalieri retribuiti.
Il datore di
lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni
necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo
comma.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.11.- Attività culturali, ricreative e assistenziali e
controlli sul servizio di mensa (1).
Le attività
culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell'azienda
sono gestite da organismi formati a maggioranza dai
rappresentanti dei lavoratori.
Le rappresentanze
sindacali aziendali, costituite a norma dell'
art.19, hanno diritto di controllare la qualità del
servizio di mensa secondo modalità stabilite dalla contrattazione
collettiva (2).
(1) Rubrica
così modificata dall'art. 6, d.l. 11 luglio 1992, n.333,
convertita in l. 8 agosto 1992, n. 359.
(2) Comma
aggiunto dall'art. 6, d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertita in
l. 8 agosto 1992, n. 359.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.12.- Istituti di patronato.
Gli istituti di
patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei
compiti di cui al Decreto Legislativo CPS 29 luglio 1947, n. 804
(1), hanno diritto di svolgere, su un piano di parità, la
loro attività all'interno dell'azienda, secondo le modalità
da stabilirsi con accordi aziendali (2).
(1) Decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947,
n. 804 . - Riconoscimento
giuridico degli
Istituti di patronato e di assistenza sociale.
(2) Gli Istituti
di Patronato sono disciplinati ora dalla legge 30 marzo 2001 n.152.
TITOLO I
DELLA LIBERTA’ E
DIGNITA’ DEL LAVORATORE
Art.13.- Mansioni del lavoratore.
L’articolo 2013
del codice civile è sostituito dal seguente:
“Il prestatore di
lavoro deve essere adibito alle mansione per le quali è stato
assunto o a quelle corrispondente alla categoria superiore che
abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle
ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della
retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il
prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività
svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la
medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore
assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo
fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre
mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad
un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive.
Ogni patto
contrario è nullo. (1) (2)
(1)L’art.4 della
legge 23 luglio 1991 n.223 consente che nelle procedure di
mobilità con accordo sindacale sia previsto che il riassorbimento
totale o parziale dei lavoratori eccedenti avvenga anche in
mansioni diverse da quelle precedentemente svolte e quindi anche
in mansioni inferiori alle precedenti.
(2) Per la disciplina delle mansioni dei dipendenti delle
Pubbliche Amministrazioni dispone l’art.52 del decreto legislativo
30 marzo 2001 n.165.
TITOLO II
DELLA LIBERTA’
SINDACALE
Art.14.- Diritto di associazione e di attività sindacale.
Il diritto di
costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere
attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori
all'interno dei luoghi di lavoro.
TITOLO II
DELLA LIBERTA’
SINDACALE
Art.15.- Atti discriminatori.
È nullo qualsiasi
patto od atto diretto a:
a) subordinare
l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non
aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne
parte;
b) licenziare
un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche
o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti
disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della
sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua
partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni
di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti
diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale,
di lingua o di sesso (1).
(1) Comma così
sostituito dall'art. 13, legge 9 dicembre 1977, n. 903.
TITOLO II
DELLA LIBERTA’
SINDACALE
Art.16.- Trattamenti economici collettivi discriminatori.
È vietata la
concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi
carattere discriminatorio a mente dell'
articolo 15.
Il Tribunale,
su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la
discriminazione di cui al comma precedente o delle
associazioni sindacali alle quali questi hanno dato
mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al
pagamento, a favore del Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti,
di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di
maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo
di un anno.
TITOLO II
DELLA LIBERTA’
SINDACALE
Art.17.- Sindacati di comodo.
E’ fatto divieto
ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di lavoro
di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o
altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
TITOLO II
DELLA LIBERTA’
SINDACALE
Art.18.- Reintegrazione nel posto di lavoro.
Ferma restando
l' esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7
della legge 15 luglio 1966, n. 604 (1), il giudice con la
sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai
sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il
licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo,
ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa,
ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che
in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto
autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle
sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di
cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il
lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano
altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non
imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano più
di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo
ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche
se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non
raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro,
imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue
dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro (2).
Ai fini del
computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma
si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di
formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente
svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo
delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto
dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il
coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado
in linea diretta e in linea collaterale (2).
Il computo dei
limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su
norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o
creditizie (2).
Il giudice con la
sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al
risarcimento del danno subito dal lavoratore per il
licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o
l'invalidità stabilendo un'indennità commisurata alla
retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento
sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento
dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del
licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni
caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a
cinque mensilità di retribuzione globale di fatto (2).
Fermo restando
il diritto al risarcimento del danno così come previsto al
quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di
chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione
nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità
di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro
trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro
non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta
giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il
pagamento dell'indennità di cui al presente comma, il rapporto
di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti
(2).
La sentenza
pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è
provvisoriamente esecutiva.
Nell'ipotesi di
licenziamento dei lavoratori di cui all'
articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del
sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice,
in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre
con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli
elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione
del lavoratore nel posto di lavoro.
L'ordinanza di
cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo
immediato al giudice medesimo che l' ha pronunciata. Si
applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto,
quinto e sesto comma del codice di procedura civile (3).
L'ordinanza può
essere revocata con la sentenza che decide la causa.
Nell'ipotesi di
licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore
di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma
ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata
o confermata dal giudice che l' ha pronunciata, è tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del
Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della
retribuzione dovuta al lavoratore.
(1)
Legge 15 luglio 1966, n. 604 - Norme sui licenziamenti
individuali
(2) I primi
cinque commi così sostituiscono gli originari primo e secondo
comma per effetto dell'art. 1, legge 11 maggio 1990, n. 108.
(3) L’ art.178
del codice di procedura civile è stato sostituito dall’art.15 ed
89 della legge 26 novembre 1990 n.353.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.19.- Costituzione delle rappresentanze sindacali
aziendali.
Rappresentanze
sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei
lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito:
[a) delle
associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale] (1);
b) delle
associazioni sindacali, [non affiliate alle predette
confederazioni,] che siano firmatarie di contratti
collettivi [nazionali o provinciali] di lavoro applicati
nell'unità produttiva (1).
Nell'ambito di
aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali
possono istituire organi di coordinamento.
(1)
Con d.p.r. 28
luglio 1995, n. 312, in esito al referendum indetto con d.p.r.
5 aprile 1995 è stata abrogata la lettera a) e la lettera b),
limitatamente alle parole “non affiliate alle predette
confederazioni” e alle parole “nazionali o provinciali”.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.20.- Assemblea.
I lavoratori hanno
diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la
loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché durante
l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le
quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori
condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione
collettiva.
Le riunioni - che
possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi
- sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle
rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con
ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro
e secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni,
comunicate al datore di lavoro.
Alle riunioni
possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro,
dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la
rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalità
per l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite
dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.21.- Referendum.
Il datore di
lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo svolgimento,
fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per
categoria, su materie inerenti all'attività sindacale,
indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali
tra i lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i
lavoratori appartenenti alla unità produttiva e alla categoria
particolarmente interessata.
Ulteriori modalità
per lo svolgimento del referendum possono essere stabilite dai
contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.22.- Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze
sindacali aziendali.
Il trasferimento
dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze
sindacali aziendali di cui al precedente
articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna
può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni
sindacali di appartenenza.
Le disposizioni
di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto, sesto e
settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo
mese successivo a quello in cui è stata eletta la
commissione interna per i candidati nelle elezioni della
commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a
quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.23.-Permessi retribuiti.
I dirigenti
delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'
articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro
mandato, a permessi retribuiti.
Salvo clausole
più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto
ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un
dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle
unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della
categoria per cui la stessa è organizzata;
b) un
dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per
ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità
produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti della
categoria per cui la stessa è organizzata;
c) un
dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della
categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale
aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in
aggiunta al numero minimo di cui alla precedente lettera b).
I permessi
retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere
inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere b)
e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i
permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora
all'anno per ciascun dipendente.
Il lavoratore
che intende esercitare il diritto di cui al primo comma deve
darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore
prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.24.- Permessi non retribuiti.
I dirigenti
sindacali aziendali di cui all'
articolo 23 hanno diritto a permessi non retribuiti per la
partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di
natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all'anno.
I lavoratori
che intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente
devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola
tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali
aziendali.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.25.- Diritto di affissione.
Le rappresentanze
sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi
spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di
predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori
all'interno dell'unità produttiva, pubblicazioni, testi e
comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.26.- Contributi sindacali.
I lavoratori
hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di
proselitismo per le loro organizzazioni sindacali
all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del
normale svolgimento dell'attività aziendale.
[Le
associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di
percepire, tramite ritenuta sul salario nonché sulle
prestazioni erogate per conto degli enti previdenziali, i
contributi sindacali che i lavoratori intendono loro versare,
con modalità stabilite dai contratti collettivi di lavoro, che
garantiscono la segretezza del versamento effettuato dal
lavoratore a ciascuna associazione sindacale] (1).
[Nelle aziende
nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato da contratti
collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il
versamento del contributo sindacale all'associazione da lui
indicata] (1).
(1) Comma
abrogato dall’art., comma l, del d.p.r. 28 luglio 1995, n. 313,
in esito al referendum indetto con d.p.r. 5 aprile 1995.
TITOLO III
DELL'ATTIVITA’
SINDACALE
Art.27.- Locali delle rappresentanze sindacali aziendali.
Il datore di
lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti
pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze
sindacali aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un
idoneo locale comune all'interno dell'unità produttiva o nelle
immediate vicinanze di essa.
Nelle unità
produttive con un numero inferiore di dipendenti le
rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove
ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE
E GENERALI
Art.28.- Repressione della condotta antisindacale.
Qualora il
datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad
impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività
sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli
organismi locali delle associazioni sindacali nazionali
che vi abbiano interesse, il Tribunale del luogo ove è
posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni
successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni,
qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente
comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed
immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento
illegittimo e la rimozione degli effetti.
L'efficacia
esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza
con cui il Tribunale in funzione di giudice del lavoro
definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo (1).
Contro il decreto
che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla
comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al
Tribunale in funzione di giudice del lavoro che decide con
sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni
degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile (2).
Il datore di
lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o
alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito
ai sensi dell'articolo 650 del codice penale.
L'autorità
giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale
di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice
penale.
Se il
comportamento di cui al primo comma è posto in essere da una
amministrazione statale o da un altro ente pubblico non
economico, l'azione è proposta con ricorso davanti al
Tribunale competente per territorio (3).
Qualora il
comportamento antisindacale sia lesivo anche di situazioni
soggettive inerenti al rapporto di impiego, le
organizzazioni sindacali di cui al primo comma, ove
intendano ottenere anche la rimozione dei provvedimenti lesivi
delle predette situazioni, propongono il ricorso davanti al
tribunale amministrativo regionale competente per territorio,
che provvede in via di urgenza con le modalità di cui al primo
comma. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro
quindici giorni dalla comunicazione del decreto alle parti,
opposizione davanti allo stesso tribunale, che decide con sentenza
immediatamente esecutiva (3).
(1) Comma così
sostituito dall'art. 2, l. 8 novembre 1977, n. 847.
(2) Comma così
sostituito dall'art. 3, l. 8 novembre 1977, n. 847.
(3) Comma
aggiunto dall'art. 6, l. 12 giugno 1990, n. 146 e successivamente
abrogato dall’ art.4 della legge 83/2000.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE
E GENERALI
Art.29.-Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali.
Quando le
rappresentanze sindacali aziendali di cui all'
articolo 19 si siano costituite nell'ambito di due o più
delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo
comma dell'articolo predetto, nonché nella ipotesi di fusione
di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti
dall'
articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a
ciascuna delle associazioni sindacali unitariamente
rappresentate nella unità produttiva.
Quando la
formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua alla
fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo
comma dell'articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata
ai dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali,
stabiliti in applicazione dell'articolo 23, secondo comma,
ovvero del primo comma del presente articolo restano immutati.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE
E GENERALI
Art.30.-Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali.
I componenti degli
organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni
di cui all'
articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti,
secondo le norme dei contratti di lavoro, per la
partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE
E GENERALI
Art.31.-Aspettativa dei lavoratori chiamati a
funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali
provinciali e nazionali.
I lavoratori che
siano eletti membri del Parlamento nazionale o del Parlamento
europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre
funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere
collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del
loro mandato (1).
La medesima
disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire
cariche sindacali provinciali e nazionali.
I periodi di
aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati
utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del
riconoscimento del diritto e della determinazione della misura
della pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria
di cui al Regio Decreto Legge 4 ottobre 1935, n. 1827
(2), e successive modifiche ed integrazioni, nonché a
carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie
di previdenza sostitutive della assicurazione predetta, o che
ne comportino comunque l'esonero (3).
Durante i
periodi di aspettativa l'interessato, in caso di malattia,
conserva il diritto alle prestazioni a carico dei
competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni
medesime.
Le disposizioni
di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a
favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per
il trattamento di pensione e per malattia, in relazione
all'attività espletata durante il periodo di aspettativa.
(1)
Art.22 della legge 23 dicembre 1994, n.724.
(2)
Regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827 convertito
in legge. 6 aprile 1936, n. 1155. Perfezionamento e
coordinamento legislativo della previdenza .
(3) La legge 16
aprile 1974 n.114, di conversione del decreto legge 2 marzo 1974
n.30, ha disposto che i periodi di aspettativa previsti dall’ art.31
della legge 300/1970 e i permessi spettanti a norma degli
articoli 23 e 32 della stessa legge, sono considerati come
periodi di effettivo lavoro anche ai fini dell’applicazione delle
norme sugli assegni familiari o della corresponsione di altri
trattamenti per i familiari a carico, comunque denominati.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI VARIE
E GENERALI
Art.32.- Permessi ai lavoratori chiamati a
funzioni pubbliche elettive.
I lavoratori
eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale che
non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro
richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo
strettamente necessario all'espletamento del mandato, senza
alcuna decurtazione della retribuzione.
I lavoratori
eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale, ovvero di
presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale hanno
diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta
ore mensili (1).
(1) Vedi, ora,
l'art. 28, legge 27 dicembre 1985, n. 816 e l’art.71 del decreto
legislativo 30 marzo 2001 n.165.
TITOLO V
NORME SUL
COLLOCAMENTO (1)
(1) Vedi art.
25, legge 23 settembre 1992, n. 223.
Art.33.-Collocamento.
La
commissione per il collocamento, di cui all'articolo 26 della
legge 29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente
presso le sezioni zonali, comunali e frazionali degli Uffici
provinciali del lavoro e della massima occupazione, quando ne
facciano richiesta le organizzazioni sindacali dei lavoratori più
rappresentative. (1)
Alla nomina
della commissione provvede il direttore dell'Ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel
richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e
dei datori di lavoro, tiene conto del grado di
rappresentatività delle organizzazioni sindacali e assegna
loro un termine di 15 giorni, decorso il quale provvede
d'ufficio. (1)
La
commissione è presieduta dal dirigente della sezione zonale,
comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e
delibera a maggioranza dei presenti. In caso di parità
prevale il voto del presidente.
La
commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare
periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento
al lavoro, secondo i criteri di cui al quarto comma
dell'articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
(1)
Salvo il
caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione
di collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al
lavoro, deve uniformarsi alla graduatoria di cui al comma
precedente, che deve essere esposta al pubblico presso la sezione
medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura dell'ufficio
con la indicazione degli avviati. (1)
Devono
altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che
pervengono dalle ditte. (1)
La commissione
ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per l'avviamento
al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle
di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai
contratti di lavoro. Nei casi di motivata urgenza,
l'avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione di
collocamento e deve essere convalidato dalla commissione di
cui al primo comma del presente articolo, entro dieci giorni.
Dei dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta nominativa
deve essere data motivazione scritta su apposito verbale in
duplice copia, una da tenere presso la sezione di collocamento
e l'altra presso il direttore dell'Ufficio provinciale
del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere
immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente. (1)
Nel caso in
cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci
entro venti giorni dalla data della comunicazione di
avviamento, gli interessati possono inoltrare ricorso al
direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro, il quale
decide in via definitiva, su conforme parere della commissione
di cui all'articolo 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264. (1)
I turni di
lavoro di cui all'articolo 16 della legge 29 aprile 1949, n.
264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso possono
essere modificati dalla sezione. (1)
Il direttore
dell'Ufficio provinciale del lavoro annulla d'ufficio i
provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro
in contrasto con le disposizioni di legge. Contro le
decisioni del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro è
ammesso ricorso al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
(1)
Per il passaggio
del lavoratore dall'azienda nella quale è occupato ad un'altra
occorre il nulla osta della sezione di collocamento
competente.
Ai datori di
lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici
di collocamento, sono applicate le sanzioni previste dall'
articolo 38 della presente legge.
Le norme contenute
nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in vigore in quanto
non modificate dalla presente legge.
(1) Comma
abrogato dalla legge 28 febbraio 1987 n.56, dal decreto
legislativo 469/1997, dalla legge 448/1998, dal decreto legge
510/1996 convertito con modificazioni nella legge 608/1996
TITOLO V
NORME SUL
COLLOCAMENTO (1)
(1) Vedi art.
25, l. 23 settembre 1992, n. 223.
Art.34.-Richieste nominative di manodopera.
A decorrere
dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore della presente
legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al
lavoro sono ammesse esclusivamente per i componenti del
nucleo familiare del datore di lavoro, per i lavoratori di
concetto e per gli appartenenti a ristrette categorie di
lavoratori altamente specializzati, da stabilirsi con decreto del
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la
commissione centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.
(1)
(1) Comma
abrogato dalle leggi 223/1991 e 608/1996
TITOLO VI
DISPOSIZIONI
FINALI E PENALI
Art.35.-Campo di applicazione.
Per le imprese
industriali e commerciali, le disposizioni del titolo III,
ad eccezione del primo comma dell'
articolo 27, della presente legge si applicano a ciascuna
sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che
occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si
applicano alle imprese agricole che occupano più di cinque
dipendenti (1).
Le norme suddette
si applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali
che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici
dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito
territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se
ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non
raggiunge tali limiti.
Ferme restando le
norme di cui agli articoli
1,
8,
9,
14,
15,
16 e
17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad
applicare i principi di cui alla presente legge alle imprese di
navigazione per il personale navigante (2).
(1) Comma
così modificato dall'art. 6, legge 11 maggio 1990, n. 108 che ha
ridisciplinato la materia dei licenziamenti individuali.
(2) La Corte
costituzionale, con sentenza 26 marzo 1987, n. 96, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte
in cui non prevede la diretta applicabilità al personale
marittimo navigante delle imprese di navigazione anche dell'art.
18 precedente. Con successiva sentenza 31 gennaio 1991, n.
41, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
comma, nella parte in cui non prevede la diretta
applicabilità al personale navigante delle imprese di
navigazione aerea anche dell'art. 18 precedente, come
modificato dall'art. 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108. Con
sentenza 23 luglio 1991, n. 364, ha infine dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in
cui non prevede la diretta applicabilità al personale
navigante delle imprese di navigazione dei commi 1, 2 e 3
dell'art. 7 precedente.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI
FINALI E PENALI
Art.36.-Obblighi dei titolari di benefici
accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere pubbliche.
Nei
provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi
delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori
che esercitano professionalmente un'attività economica
organizzata e nei capitolati di appalto attinenti
all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la
clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o
appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei
lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti
dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona.
Tale obbligo deve
essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti
o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui
l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e
creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti
disposizioni di legge.
Ogni infrazione
al suddetto obbligo che sia accertata dalla Direzione
regionale del lavoro viene comunicata immediatamente ai
Ministri nella cui amministrazione sia stata disposta la
concessione del beneficio o dell'appalto. Questi
adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca del
beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva
potranno decidere l'esclusione del responsabile, per un tempo
fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di
agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi
appalto.
Le disposizioni
di cui ai commi precedenti si applicano anche quando si
tratti di agevolazioni finanziarie e creditizie ovvero di appalti
concessi da enti pubblici, ai quali la Direzione regionale del
lavoro comunica direttamente le infrazioni per l'adozione delle
sanzioni (1).
(1) La Corte
costituzionale con decisione 19 giugno 1998, n. 226, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte
in cui non prevede che, nelle concessioni di pubblico
servizio, deve essere inserita la clausola esplicita
determinante l'obbligo per il concessionario di applicare o
di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti
condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti
collettivi di lavoro della categoria e della zona.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI
FINALI E PENALI
Art.37.-Applicazione ai dipendenti da enti
pubblici.
Le disposizioni
della presente legge si applicano anche ai rapporti di lavoro e
di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano
esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le
disposizioni della presente legge si applicano altresì ai
rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici,
salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali
(1).
(1) L’art.51,
secondo comma del decreto legislativo 30 marzo 2001 n.165, che
abroga il decreto legislativo 3 febbraio 1993 n.29, dispone che la
legge 20 maggio 1970 n.300 si applica alle Pubbliche
Amministrazioni indipendentemente dal numero dei dipendenti.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI
FINALI E PENALI
Art.38.-Disposizioni penali.
Le violazioni
degli articoli
2,
4,
5,
6,
8 e
15, primo comma lettera a), sono punite, salvo che il fatto
non costituisca più grave reato, con l'ammenda da lire
300.000 a lire 3.000.000 (1) o con l'arresto da 15 giorni ad un
anno.
Nei casi più
gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate
congiuntamente.
Quando per le
condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo
comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo,
il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti
dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione
della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo
36 del codice penale.
(1) La
misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 113, terzo
comma, legge 24 novembre 1981, n. 689.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI
FINALI E PENALI
Art.39.-Versamento delle ammende al Fondo
adeguamento pensioni.
L'importo delle
ammende è versato al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti.
Art.40.-Abrogazione delle disposizioni
contrastanti.
Ogni
disposizione in contrasto con le norme contenute nella
presente legge è abrogata.
Restano salve
le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi
sindacali più favorevoli ai lavoratori.
Art.41.-Esenzioni fiscali.
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione
della presente legge e per l'esercizio dei diritti connessi,
nonché tutti gli atti e documenti relativi ai giudizi
nascenti dalla sua applicazione sono esenti da bollo, imposte di
registro o di qualsiasi altra specie e da tasse. |