Oggetto: permessi retribuiti di cui all'art. 33, commi 2 e 3 della legge n. 104/92.
Si trasmette, per opportuna conoscenza e norma, il testo integrale della nota 8 marzo 2005, prot. n. DFP/9592/05/1.2.3.4, con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Funzione Pubblica, su conforme parere dell'Avvocatura Generale dello Stato, ha ritenuto di poter affermare, a seguito delle numerose richieste di chiarimenti alla stessa pervenute, che "la fruizione dei permessi retribuiti, di cui all'art. 33, commi 2 e 3 , della legge n. 104/92, non comporta alcuna riduzione sulla tredicesima mensilità'.
f.to IL DOTTORE GENERALE
Giuseppe Cosentino
OGGETTO: permessi retribuiti di cui all'art. 33, commi, 2 e 3 della legge n. 104/92.
Numerose richieste di chiarimenti pervengono in ordine all'incidenza o meno, sulla 13' mensilità, dei permessi retribuiti di cui all'art. 33, commi.2 e 3 , della. legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per, l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate).
Sull'argomento che più volte è stato oggetto di incertezze sul piano applicativo, si è ritenuto opportuno, in attesa che la materia venga disciplinata in sede contrattuale, l'intervento da parte di questo Dipartimento al fine di fornire alle amministrazioni un indirizzo univoco allo scopo di evitare situazioni di discriminazione tra dipendenti pubblici che usufruiscono dei medesimo beneficio.
Con specifico riferimento al lavoro pubblico si ritiene pertanto utile precisare quanto segue.
Come già accennato in premessa, il punto nodale della questione riguarda l'incidenza o meno sul calcolo dei ratei della tredicesima mensilità dei permessi retribuiti di cui all'art. 33, commi 2 e 3, della legge n. 104/92, che prevedono per i soggetti disabili, nonché per i familiari che li assistono, due ore di permesso al giorno o tre giorni di permesso al mese.
La rilevanza della questione ha reso necessario da parte di questo Dipartimento, il ricorso all'Avvocatura Generale dello Stato, per l'acquisizione di un apposito parere.
Il predetto organo, con nota n. 142615 deL 2 novembre 2004 (di cui si allega copia), nell'esprimersi in merito alla problematica, è giunto alla conclusione che "...vista la ratio di tutela e protezione della normativa in esame a favore di soggetti particolarmente deboli, tra cui i lavoratori familiari di persone portatrici di handicap, e vista l'evidente finalità sociale delle disposizioni esaminate, non si può non interpretare la normativa in esame, nel senso che la tredicesima mensilità non subisce decurtazioni o riduzioni nell'i-potesi nella quale, un lavoratore scelga di fruire dei permessi disposti dal 2° e 3° comma dei citato art. 33. Del resto, analoga disciplina è direttamente seguita dal legislatore in casi analoghi, come nell'ipotesi di periodi di assenza per malattia ed infortunio, per gravidanza e puerperio e nel caso di congedo matrimoniale."
Alla luce di quanto sopra rappresentato e in aderenza al parere dell'Avvocatura Generale dello Stato, lo scrivente Dipartimento ritiene di poter affermare che la fruizione dei permessi retribuiti, di cui all'art. 33, commi 2 e 3, della legge n. 104/92, non com-porta alcuna riduzione sulla tredicesima mensilità.
Il Direttore dell'Ufficio
f.to Francesco Verbaro
OGGETTO:Richiesta parere relativo ai permessi retribuiti ex art.33 commi 2,3,4, L.n. 1 04/1992.
Con la nota in riscontro codesta Amministrazione chiede di conoscere il parere di questa Avvocatura sulla questione se i permessi retribuiti ai sensi dell'art. 33, commi 2, 3 e 4, legge 5 febbraio 1992 n° 104, (Legge - quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap), che prevedono, per i soggetti ivi indicati, due ore di permesso al giorno o tre giorni di permesso al mese, incidano o meno sul calcolo dei rame della tredicesima mensilità.
Si premette che l'art. 7 del D.Lgs. 25 ottobre 1946, n. 263, che tuttora regola l'istituto della tredicesima mensilità per il personale dipendente dalle Amministrazioni statali, prevede che tale emolumento, commisurato al trattamento economico spettante alla data del 16 dicembre, sia corrisposto per intero al personale in servizio continuativo dal 1 gennaio dello stesso anno in ragione di un dodicesimo per ogni mese di servizio prestato per un periodo inferiore all'anno.
La stessa norma dispone, inoltre, che la tredicesima mensilità non spetta per i periodi di tempo trascorsi in posizione di stato che comportino la privazione dello stipendio, mentre, per i periodi di tempo trascorsi in posizione di stato che comportino la riduzione dello stipendio, i ratei di detto emolumento debbono essere ridotti nella stessa proporzione della riduzione delle competenze.
Atteso che i permessi per l'assistenza a portatori di handicap non rientrano in alcuna delle categorie suddette, in quanto trattasi di permessi retribuiti, giusta la disposizione di cui all'art. 33, comma 4, legge 104 dei 1992, si pone il problema se la fruizione degli stessi si computi nel calcolo della tredicesima mensilità.
Si premette che l'insieme degli istituti volti ad agevolare i familiari dei soggetti portatori di handicap è stato profondamente rinnovato dalla legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) e dal successivo DLgs. 26 marzo 2001, n° 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'arti-colo 15 della legge 8 marzo 2000, n° 53).
Ciò posto si osserva che il comma 4 dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992 dispo-ne che "ai permessi di cui ai precedenti commi 2 e 3 , che si cumulano con quelli previsti dall'art.7 della già citata legge -n. 1204 del 1971, si applicano le disposi-zioni di cui all'ultimo comma del medesimo art.7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli artt. 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977 n. 903", mentre l'ultimo comma del richiamato art.7 della legge n. 1204, che contiene di-sposizioni in tema di "tutela delle lavoratrici madri", nel testo vigente sino alla sua sostituzione ad opera della legge n. 53/2000, disponeva che " i periodi di assenza di cui ai precedenti commi" (spettanti alla lavoratrice madre entro il primo anno di vita del bambino e durante il periodo di malattia del medesimo, sino a tre anni di vita) "sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alla. tredicesima mensilità o alla grafica vitalizia".
Dal combinato disposto del comma 4 dell'art. 33 della legge n. 104 e dell'ultimo comma dell'art. 7 della legge n. 1204 nella vecchia formulazione, pertanto, discendeva che i permessi spettanti - ai soggetti rispettivamente indicati nei commi 2 e 3 del medesimo art. 33 per l'assistenza a figli o ad altri parenti o affini in situazione di grave handicap - andavano conteggiati in diminuzione ai fini della tredicesima mensilità .
L'art. 7 della legge n. 1204 è stato, poi, sostituito dall 'art.3 della legge n. 53 del 2000 che, nel disciplinare il diritto di astensione dal lavoro di ciascun genitore nei primi anni di vita del figlio e durante il periodo di malattia del medesimo, che comunque ribadiva, nel suo ultimo comma, il principio per cui "i periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia". L'intera legge n. 1204 è stata abrogata con l'art. 86 del D.lgs. n. 151/2001, testo unico contenente disposizione legislative volte alla sistemazione normativa del settore in esame. In particolare, nel Capo V, gli artt. 32 e segg. del t.u. regolano il congedo parentale (dei genitori), prevedendone il possibile prolungamento in caso di minore in situazione di handicap di gravità accertata (art 33) e disciplinandone il trattamento economico e normativo (art. 34) - disponendosi, in particolare al comma 5 di tale articolo che " i periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia"- e quello previdenziale (art.35); mentre nel successivo Capo VI (artt. 39 e segg.) sono regolati i riposi, permessi e congedi, ivi compresi i riposi e permessi per i figli con handicap grave (art. 42) con richiamo alla disciplina, secondo le diverse ipotesi, di cui ai co. 2 e 3 dell'art. 33 della legge n. 104 del 1992.
Il successivo art. 43, nel disciplinare il relativo trattamento. economico e normativo, dispone che per i riposi e i permessi di cui al capo VI "si applicano le disposizioni di cui all'art. 34 co. 5 ", più sopra riportato.
A parere di questa Avvocatura una lettura delle varie leggi esaminate condotta nell'ambito di un quadro unitario, che tenga conto della ratio e della finalità delle singole leggi via via succedutesi nel tempo, convince della risposta negativa al quesito proposto, nel senso, cioè, che la tredicesima mensilità non può essere decurtata.
Si osserva infatti che oggetto della normativa del DLgs 151 del 2001 sono, come recita l'art. 1 della stessa legge, i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi, e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità: tanto è vero che l'art. 33 prende in considerazione la legge n. 104 dei 1992 specificamente al fine di individuare il tipo di riconoscimento formale, relativo alla sussistenza della condizione di handicap grave, necessario per poter fruire del prolungamento del congedo parentale, fino al compimento dei tre anni da parte del figlio minore e l'art 42 prevede l'applicazione dell'art. 33, comma 2, della legge n°104 del 1992 solo in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale.
Alla luce di tali considerazioni, sembra potersi affermare che la disciplina sull'handicap grave del 1992 non abbia subito alcuna modifica dal decreto legislativo 151 del 2001 atteso che tale ultima disciplina in realtà si limita a prevedere la fruizione dei permessi e dei riposi in esame, in alternativa al prolungamento del congedo parentale e quindi interviene in un'ipotesi del tutto nuova.
Infine è opportuno ricordare come a mezzo dell'art. 2, comma 3 ter, della legge 22 ottobre 1993, n° 423 il legislatore, con interpretazione autentica, abbia chiarito che le tre giornate di permessi concesse a familiari di soggetti portatori di handicap dall'art. 33 della legge 1204 del 1992, debbono intendersi retribuite per intero e quindi, anche ai fini della tredicesima mensilità, e che in proposito la Ragioneria Generale dello Stato - 1408 - con nota n° 126569 - in data 8 giugno 1995 - aveva precisato che "considerata la finalità sociale di cui all'art. 33, comma 3, della legge 104 del 1992 e tenuto conto che la successiva norma interpretativa ha anche quantificato gli oneri scaturenti dal riconoscimento agli interessati del trattamento retributivo, si ritiene che il legislatore con la locuzione "permessi comunque retribuiti" abbia inteso assicurare al lavoratore che abbia diritto ad assentarsi dall'ufficio per assistere una persona con handicap in si-tuazione di gravità, sia il trattamento economico fondamentale, sia le quote di salario accessorio fisse e ricorrenti relative alla professionalità' e alla produttività."
In conclusione a parere di questa Avvocatura vista la ratio di tutela e protezione della normativa in esame a favore di soggetti particolarmente deboli, tra cui i lavoratori familiari di persone portatrici di handicap, e vista l'evidente finalità sociale delle disposizioni esaminate, non si può non interpretate la normativa in esame nel senso che la tredicesima mensilità non subisce decurtazioni o riduzioni nell'ipotesi nella quale un lavoratore scelga di fruire dei permessi disposti dal 2° e 3° comma del già citata art. 33.
Del resto analoga disciplina è direttamente seguita dal legislatore in casi analoghi, come nell'ipotesi di periodi di assenza per malattia ed infortunio, per gravidanza e puerperio e nel caso di congedo matrimoniale.
Il parere è stato sottoposto all'esame del Comitato Consultivo dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'art. 26 della legge 3.4.1979 n. 103, che si è espresso in conformità.
L'AVVOCATO GENERALE AGGIUNTO
f.to (Avv. Giuseppe Stipo)