Circolare INPS n. 133 del 17 luglio 2000
Benefici
a favore delle persone handicappate. Legge 8 marzo 2000, n. 53.
Art. 33, commi 1, 2, 3 e 6 della legge n. 104/92.
Si premette che, se
pure nel corso delle presenti istruzioni, si indicano
genericamente persone "handicappate", senza altra precisazione, ci
si riferisce comunque sempre alle persone con handicap in
situazioni di gravità, di cui al 3° comma dell’art. 3 della
legge n. 104/1992, non ricoverate a tempo pieno (art. 33, commi 1,
2 e 3 della legge n. 104/1992).
Gli artt. 19 e 20 della
legge 8 marzo 2000, n. 53 hanno apportato modifiche alla legge 5
febbraio 1992, n. 104, art. 33.
1 - Persone
handicappate che lavorano
Il comma 6 dell’art. 33
della legge n. 104/92 prevede, tra l’altro, che la persona
handicappata che lavora può "usufruire dei permessi di cui ai
commi 2 e 3 (rispettivamente, permessi "ad ore" e permessi "a
giorni").
L’art. 19, lett. c),
della legge 08.03.2000, n. 53 stabilisce che al comma 6 dell’art.
33 della legge 104/92, dopo le parole "può usufruire", è inserita
la seguente: "alternativamente".
La presente norma
conferma quindi il criterio in vigore (v. par. 1, lett. B, della
circ. 37 del 18.02.1999), secondo cui la persona handicappata che
lavora può beneficiare, alternativamente, o dei permessi "ad
ore" o dei permessi "a giorni".
Peraltro, mentre si
ribadisce, in linea generale, che il tipo di permesso richiesto (a
giorni od ad ore), può essere senz’altro cambiato da un mese
all’altro previa semplice modifica della domanda a suo tempo
avanzata, e non, in linea di massima, nell’ambito del singolo mese
di calendario, si precisa che la variazione può essere
eccezionalmente consentita, anche nell’ambito di ciascun mese, nel
caso in cui sopraggiungano esigenze improvvise, non prevedibili
all’atto della richiesta di permessi, esigenze che, peraltro,
devono essere opportunamente documentate dal lavoratore. In tal
caso, la modifica dei permessi va effettuata adottando i criteri
rilevabili dagli esempi seguenti.
Si supponga che un
lavoratore, con orario giornaliero lavorativo di 8 ore per 5
giorni alla settimana, abbia già beneficiato, in un determinato
mese, di riposi orari per 20 ore, e che successivamente documenti
la necessità di utilizzare i giorni in luogo dei restanti permessi
orari. Le 20 ore fruite dovranno essere convertite in giorni, con
eventuale arrotondamento all’unità inferiore se la frazione di
giorno è pari o inferiore allo 0,50, ovvero all’unità superiore se
la frazione supera lo 0,50. Nell’esempio, quindi, si ha: 20 ore: 8
= 2,50 gg. (e cioè 2 gg. arrotondati). Il lavoratore ha
fruito di ore corrispondenti a 2 gg. e quindi può chiedere 1
giorno di permesso senza diritto ad ulteriori permessi orari nel
mese. Se, invece, avesse già fruito di 21 ore (equivalenti a 2,62
gg. = 3 gg. arrotondati) non potrebbe più fruire neppure di 1
giorno di permesso, sempre relativamente a quel mese. Analogo
calcolo va effettuato nel caso inverso, se si tratta, cioè, di
convertire i giorni in ore. Se, ad esempio, lo stesso lavoratore
ha utilizzato 2 giorni di permesso, potrà fruire, in quel
determinato mese, di 8 ore di riposo, in luogo del giorno di
permesso che non intende più utilizzare.
2 - Genitori e
parenti o affini entro il 3° grado della persona handicappata
2.1 - Generalità
L’art. 20 della legge
53/2000 stabilisce: "Le disposizioni dell’articolo 33 della legge
5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’art. 19 della
presente legge, si applicano anche qualora l’altro genitore non ne
abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con
rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con
continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il
terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente".
2.2 - Genitori di
figli minorenni
Va preliminarmente
chiarito che l’art. 20, secondo cui le disposizioni dell’art. 33
si applicano anche quando l’altro genitore non ha diritto,
è da intendere riferito ai (soli) figli handicappati minorenni.
È da ritenere esclusa la applicabilità dello stesso art. 20
nella parte in cui prevede la continuità e la esclusività
dell’assistenza alla persona handicappata da parte del lavoratore;
ciò, anche nel presupposto che per i figli minorenni non va
richiesta la convivenza, come anche precisato con circ. n. 80/95.
Tanto premesso, in base alla nuova norma è ora possibile per il
genitore lavoratore fruire del prolungamento dell’astensione
facoltativa o dei riposi orari fino ai 3 anni di età del bambino
nonché dei giorni di permesso dopo i 3 anni e fino ai 18, anche
qualora l’altro genitore non abbia diritto a tali benefici
(perché, ad esempio, è casalingo/a, non svolge attività
lavorativa, è lavoratore autonomo ecc.).
Nel caso in cui,
invece, entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i
permessi continuano a spettare ad entrambi, ma in maniera
alternativa. Ciò significa che possono spettare
indifferentemente alla madre o al padre, ma non con fruizione
contemporanea, fatto salvo quanto precisato al par. 2.2.3.
2.2.1 -
Prolungamento astensione facoltativa fino a 3 anni di età del
bambino handicappato.
Il comma 1 dell’art. 33
della legge 104/92 stabilisce che la lavoratrice madre o, in
alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore
handicappato grave, hanno diritto al prolungamento fino a
tre anni (di età del bambino) del periodo di astensione
facoltativa.
In proposito si
rammenta che, trattandosi di astensione facoltativa, sia pure
prolungata, con diritto alla indennità pari al 30% della
retribuzione per tutto il periodo, il rapporto di lavoro deve
continuare ad essere in atto, con obbligo di prestazione
dell’attività lavorativa, anche durante il prolungamento; si
ricorda anche che per i lavoratori agricoli a tempo determinato il
diritto alla astensione facoltativa ed al suo prolungamento è
subordinato all’iscrizione negli elenchi validi per ciascun anno
di riferimento (anno precedente a quello di astensione). Peraltro,
con riferimento alle innovazioni apportate dalla legge 53/2000,
occorre fare alcune precisazioni in merito alle interrelazioni tra
l’astensione facoltativa "normale" ed il suo prolungamento. È da
ritenere, infatti, che la norma dell’art. 20 della stessa legge 53
non abbia inteso escludere, per i genitori di persone
handicappate, né la possibilità di fruire, come gli altri, della
normale astensione facoltativa entro gli otto anni di età del
bambino, né la possibilità di beneficiare del prolungamento della
astensione facoltativa fino a tre anni di età del bambino; non ha
quindi posto come condizione per il prolungamento stesso il
precedente godimento della integrale astensione normale. Tenendo
conto di tali considerazioni, diventa possibile ammettere il
prolungamento da parte di un genitore (alternativamente, madre
o padre) anche quando non sia stato in precedenza esaurito il
periodo della "normale" astensione facoltativa.
Se ciò si verifica,
peraltro, il fatto che l’ulteriore periodo di astensione sia
qualificato come "prolungamento" non può non comportare riflessi:
pertanto in linea generale il prolungamento stesso potrà iniziare
solo dopo il periodo della normale astensione facoltativa
teoricamente fruibile dalla madre (6 mesi), periodo che inizia
a decorrere dal giorno successivo alla fine dell’astensione
obbligatoria e che ordinariamente è pari a nove mesi successivi al
parto. Fermo restando che il godimento del "normale" periodo di
astensione può essere spostato fino all’8° anno di età del
bambino, nei casi in cui uno dei genitori non appartenga a
categoria avente diritto all’astensione obbligatoria e/o a quella
facoltativa dal lavoro, si precisa:
• se è solo il padre
che lavora, il prolungamento in questione è riconoscibile dal
giorno successivo alla scadenza del proprio teorico periodo di
"normale" astensione facoltativa, e cioè di 7 mesi, a partire
dalla data di nascita del bambino;
• se si tratta di
"genitore solo" -
padre o madre -, il prolungamento è riconoscibile dal giorno
successivo alla scadenza del teorico particolare periodo di
astensione (10 mesi);
• se la madre è
lavoratrice non avente diritto all’astensione facoltativa e,
quindi, al suo prolungamento, il padre può fruire del
prolungamento dal giorno successivo alla scadenza del proprio
teorico periodo di "normale" astensione facoltativa (7 mesi),
decorrente dalla fine dell’astensione obbligatoria della madre;
• se la madre è
lavoratrice autonoma, il padre può fruire del prolungamento dal
giorno successivo alla scadenza del proprio teorico periodo di
"normale" astensione facoltativa (7 mesi), decorrente dalla fine
del periodo (3 mesi) di astensione facoltativa della madre,
decorrente, a sua volta, dal giorno successivo al periodo
indennizzabile dopo il parto (3 mesi).
Nel caso in cui,
invece, la "normale" astensione facoltativa sia stata fruita in
tutto o in parte, prima del prolungamento, da uno o da
entrambi i genitori, si avranno le seguenti situazioni di
fruibilità dei residui periodi di "normale"astensione facoltativa:
• se la madre ha
beneficiato di 6 mesi prima del prolungamento, il padre può
usufruire di 5 mesi di astensione facoltativa "normale" sia entro
il 3° anno di età del bambino, sia fra il 3° e l’8° anno (mesi
peraltro indennizzabili, in entrambi i casi, solo in presenza di
determinate condizioni reddituali: v. circ. n. 109 del 6.6.2000);
• se il padre ha
beneficiato di 7 mesi prima del prolungamento, la madre può
usufruire di 4 mesi di astensione facoltativa "normale" sia entro
il 3° anno di età del bambino, sia fra il 3° e l’8° anno (mesi
soggetti a limiti di indennizzabilità analoghi a quelli di cui
all’alinea precedente);
• se entrambi i
genitori si sono ripartiti i periodi di astensione facoltativa
"normale", con conseguente prolungamento da parte di un genitore,
ovvero con prolungamento alternativo da parte di
entrambi, il genitore che eventualmente non abbia utilizzato il
proprio periodo residuo (fruibile peraltro sempre entro il limite
complessivo di 10 o 11 mesi), può completarlo sia entro il 3° anno
di età del bambino, sia fra i 3° e l’8° anno, con i suddetti
limiti di indennizzabilità.
2.2.2 -
Riposi orari fino a tre anni di età del bambino handicappato
Il comma 2 dell’art. 33
della legge 104 prevede la possibilità per i genitori di fruire di
riposi orari fino a tre anni di età del bambino, in alternativa
al prolungamento dell’astensione facoltativa; si
rammenta che, per uniforme applicazione della disposizione sia nel
settore privato che in quello pubblico, il numero di ore di riposo
spettanti è da rapportare alla durata dell’orario giornaliero di
lavoro (2 ore per orario pari o superiore a 6 ore, 1 ora in caso
contrario). Fino ad 1 anno di età i riposi non sono quelli
alternativi al prolungamento dell’astensione facoltativa, ma
quelli c.d. per allattamento del nuovo art. 10 della legge 1204
(v. in proposito circ. 109/ 2000).
Ciò significa che,
conformemente alle istruzioni della circolare suddetta, durante
l’utilizzo di questi riposi orari da parte della madre, il padre
può fruire della astensione facoltativa "normale", e che, invece,
l’utilizzo della astensione facoltativa "normale" da parte della
madre preclude la fruizione dei riposi orari da parte del padre.
Tra il 2° e il 3° anno
di età del bambino, i riposi orari diventano quelli alternativi al
prolungamento dell’astensione facoltativa.
Si sottolinea che anche
tali riposi, come il prolungamento dell’astensione di cui al
paragrafo precedente, spettano in maniera alternativa tra i due
genitori, e, trattandosi di beneficio che sostituisce il
prolungamento, l’utilizzo dei riposi orari da parte di un genitore
non esclude, secondo i criteri utilizzati per l’astensione
suddetta, che l’altro possa godere della "normale" astensione
facoltativa eventualmente ancora spettantegli.
2.2.3 -
Giorni di permesso mensile tra il 3° e il 18° anno di età del
figlio handicappato.
Analogamente al
prolungamento dell’astensione facoltativa ed ai riposi orari, i
giorni di permesso possono essere usufruiti dai genitori (di figli
minorenni) alternativamente, ma il numero massimo mensile (3 gg.)
può essere ripartito tra i genitori stessi anche con assenze
contestuali dal rispettivo lavoro (ad esempio, madre 2 gg., padre
1 giorno, anche coincidente con uno dei due giorni della madre).
L’alternatività, in
sostanza, si intende riferita solo al numero complessivo dei
giorni di riposo fruibili nel mese (tre). I giorni di permesso
possono essere utilizzati da un genitore anche quando l’altro
fruisce della "normale" astensione facoltativa.
2.3 - Genitori di
figli maggiorenni e familiari di persone handicappate non
conviventi
In base all’art. 20
della legge 53, i genitori e i familiari lavoratori di persone
handicappate possono fruire dei giorni di permesso mensile anche
se il portatore di handicap non è convivente a condizione che
l’assistenza sia continua ed esclusiva, requisiti
che devono sussistere contemporaneamente. Si rammenta (v.
par. 2.2) che i genitori qui presi in considerazione sono quelli
di figli maggiorenni.
2.3.1 - Continuità
dell’assistenza
La "continuità"
consiste nell’effettiva assistenza del soggetto handicappato, per
le sue necessità quotidiane, da parte del lavoratore,
genitore o parente del soggetto stesso, per il quale vengono
richiesti i giorni di permesso. Pertanto la continuità di
assistenza non è individuabile nei casi di oggettiva lontananza
delle abitazioni, lontananza da considerare non necessariamente in
senso spaziale, ma anche soltanto semplicemente temporale.
2.3.2 - Esclusività
dell’assistenza
La "esclusività"
va intesa nel senso che il lavoratore richiedente i permessi deve
essere l’unico soggetto che presta assistenza alla persona
handicappata: la esclusività stessa non può perciò considerarsi
realizzata quando il soggetto handicappato non convivente
con il lavoratore richiedente, risulta convivere, a sua volta, in
un nucleo familiare in cui sono presenti lavoratori che
beneficiano dei permessi per questo stesso handicappato, ovvero
soggetti non lavoratori in grado di assisterlo.
2.4 - Genitori di
figli maggiorenni e familiari di persone handicappate conviventi
Se il lavoratore
richiedente i permessi è convivente con la persona handicappata
continua ad essere implicito - anche tenendo conto dei criteri
enunciati dal Consiglio di Stato con parere n. 784/95 - che ai
fini della concessione dei permessi non debbano essere presenti
nella famiglia altri soggetti che possano fornire assistenza.
Si confermano,
pertanto, le istruzioni precedenti (v. circ. n. 80/95) che
subordinano la concessione dei permessi alla inesistenza, nel
nucleo familiare, di soggetti non lavoratori in grado di
assistere la persona handicappata.
2.5 - Impossibilità
di assistenza da parte del familiare non lavoratore
Oltre ai motivi,
obiettivamente rilevanti, di impossibilità all’assistenza da parte
del genitore non lavoratore, indicati nella circ. 37/99 (par. 2,
lett. A), da ritenere applicabili non solo al genitore suddetto,
ma anche ad altro familiare (ugualmente non lavoratore e unico
altro soggetto in grado di prestare
assistenza), si elencano gli ulteriori motivi di impossibilità
di assistenza da parte di soggetti non lavoratori
conviventi con il soggetto handicappato individuati dal
Comitato amministratore G.I.A.S con deliberazione n. 32 del
7.3.2000 (all. 1), per i quali, quindi, al lavoratore (genitore o
parente o affine entro il 3° grado, convivente o meno -v.
par 2.3 e 2.4- con l’handicappato) possono essere
riconosciuti i permessi, senza necessità di valutazioni
medico-legali:
• riconoscimento, da
parte dell’INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che
presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100%
(quali le pensioni di inabilità o analoghe provvidenze in
qualsiasi modo denominate);
• riconoscimento, da
parte dell’INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni, o di
analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le
pensioni di invalidità civile, gli assegni di invalidità INPS, le
rendite INAIL, e simili), che individuino, direttamente o
indirettamente, una infermità superiore ai 2/3;
• età inferiore ai 18
anni (anche nel caso in cui il familiare non sia studente);
• infermità temporanea
per i periodi di ricovero ospedaliero;
• età superiore ai 70
anni, in presenza di una qualsiasi invalidità comunque
riconosciuta; per gli invalidi di età inferiore a 70 anni, possono
essere applicati i criteri di cui al capoverso successivo.
I motivi di carattere
sanitario, debitamente documentati, del familiare non lavoratore,
come ad esempio le infermità temporanee che non diano luogo a
ricovero ospedaliero, dovranno essere valutati dal medico di Sede
al fine di stabilire se e per quale periodo, in relazione alla
natura dell’handicap del disabile nonché al tipo di affezione del
familiare non lavoratore, sussista una impossibilità, per quest’ultimo,
di prestare assistenza.
Inoltre un ulteriore
motivo di impedimento - ugualmente identificato, in altra
circostanza, dal Comitato G.I.A.S. - all’assistenza da parte del
familiare non lavoratore convivente con la persona handicappata
può essere quello determinato dalla mancanza di patente di guida
del non lavoratore; motivo valido, peraltro, solo se il lavoratore
documenta la necessità di trasportare, nei giorni
richiesti, il figlio o parente handicappato per visite
mediche, terapie specifiche e simili e dichiara
l’impossibilità di far trasportare la persona handicappata da
altri soggetti conviventi non lavoratori, in quanto sprovvisti di
patente di guida.
3 – Chiarimenti e
varie
3.1 - Decorrenza
dell’inizio dei benefici in casi particolari
Ad integrazione di
quanto previsto dalla circ. 80/95 (par. 1, 16° cpv. e nota 6) si
precisa che le indennità per le agevolazioni di cui ai commi 1, 2
e 3 dell’art. 33 della legge 104/1992, possono essere
riconosciute, sempre che vi sia stata effettiva astensione dal
lavoro, a partire da una data diversa da quella di rilascio
dell’attestato (o certificato o verbale) relativo al
riconoscimento dell’handicap grave da parte della speciale
Commissione medica A.S.L., non solo qualora nello stesso sia
espressamente indicata una validità decorrente da data anteriore a
quella del riconoscimento dell’handicap grave, ma in tutti i casi
in cui la formulazione della diagnosi da parte della Commissione
sia tale (ad es. quanto è presente il riferimento ad una eziologia
prenatale) da far considerare l’handicap grave senza dubbio
esistente da data anteriore a quella di presentazione alla ASL
della domanda di riconoscimento (non anteriore comunque a quella
di presentazione all’INPS e al datore di lavoro della relativa
domanda).
3.2 - Part time
verticale
In caso di contratto di
lavoro part time verticale, con attività lavorativa (ad orario
pieno o ad orario ridotto) limitata ad alcuni giorni del mese, il
numero dei giorni di permesso spettanti va ridimensionato
proporzionalmente.
Il risultato numerico
va arrotondato all’unità inferiore o a quella superiore a seconda
che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore: si procede infatti
con la seguente proporzione: x : a = b : c (dove "a" corrisponde
al numero dei gg. di lavoro effettivi; "b" a quello dei (3) gg. di
permesso teorici; "c" a quello dei gg. lavorativi). Si riporta un
esempio di 8 giorni di lavoro al mese su un totale di 27 giorni
lavorativi teoricamente eseguibili (l’azienda non effettua quindi
la "settimana corta"). Perciò: x : 8 = 3 : 27; x = 24 : 27; x =
0,8 (gg. di permesso, da arrotondare a 1). Nel mese considerato
spetterà quindi 1 solo giorno di permesso
3.3 - Operai
agricoli a tempo determinato
In merito ai lavoratori
agricoli a tempo determinato, nel confermare in via generale
quanto previsto dalla circ. 80/95 (par. 5) circa la impossibilità
della materiale fruizione di giorni di permesso per se stessi,
quali portatori di handicap, o per i figli o i familiari
handicappati, quando si tratta di lavoratori agricoli occupati "a
giornata", si precisa che il riconoscimento dei giorni di permesso
è possibile, invece, quando detti lavoratori sono occupati con
contratto stagionale di durata pari almeno ad un mese, con
previsione di attività lavorativa per 6 (o 5 giorni se viene
effettuata "settimana corta") alla settimana. Tale possibilità è
comunque da escludere per le frazioni di mese, vale a dire per i
mesi in cui l’attività viene svolta solo per alcuni giorni.
3.4 - Contributi
figurativi
La legge, all’articolo
19, lett. a), precisa che i permessi dell’articolo 33, comma 3,
della legge n. 1204/1992 (permessi "a giorni"), sono coperti da
contribuzione figurativa.
I permessi di cui al
comma 2 (permessi "ad ore") risultano ora coperti da contribuzione
figurativa, riscattabili, oppure possono formare oggetto di
versamenti volontari (v. nuovo art. 10 della legge n. 1204/71).
Sull’argomento saranno impartite disposizioni a parte.
3.5 - Modulario e
documentazione
Nell’attesa della
revisione della modulistica attuale, la stessa potrà essere
utilizzata, con gli opportuni adattamenti e con la presentazione
delle dichiarazioni di responsabilità, laddove necessarie. Si
ricorda in proposito che le certificazioni mediche non possono
essere sostituite da autocertificazioni.
Allegato 1 –
Deliberazione n. 32 del 7.3.2000
1. Ai fini della
concessione dei giorni di permesso previsti dall’art. 33, co. 3,
della L. n. 104/92, qualora nella famiglia del portatore di
handicap siano presenti familiari non lavoratori, le situazioni di
impossibilità, per questi ultimi, di assistere l’handicappato sono
individuabili al verificarsi delle seguenti ipotesi:
a. riconoscimento, da
parte dell’INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni che
presuppongano, di per sé, una incapacità al lavoro pari al 100%
(quali le pensioni di inabilità o analoghe
provvidenze in qualsiasi modo denominate);
b. riconoscimento, da
parte dell’INPS o di altri Enti pubblici, di pensioni, o di
analoghe provvidenze in qualsiasi modo denominate (quali le
pensioni di invalidità civile, gli assegni di
invalidità INPS, le rendite INAIL, e simili), che
individuino, direttamente o indirettamente, una infermità
superiore ai 2/3;
c. età superiore ai 70
anni, in presenza di una qualsiasi invalidità comunque
riconosciuta;
d. età inferiore ai 18
anni (anche nel caso in cui non sia studente);
e. infermità temporanea
per i periodi di ricovero ospedaliero.
2. Altre infermità
temporanee, debitamente documentate, o, più in generale, i motivi
di carattere sanitario, anch’essi debitamente documentati, del
familiare non lavoratore dovranno essere valutati dal medico della
Sede INPS al fine di stabilire se e per quale periodo, in
relazione alla natura dell’handicap del disabile nonché al tipo di
affezione del familiare non lavoratore, sussista una
impossibilità, per quest’ultimo, di prestare assistenza.
3. In caso di genitori
entrambi lavoratori e di figlio minorenne handicappato grave, la
presenza di familiari non lavoratori non pregiudica la
possibilità, per uno dei due genitori, di fruire, secondo le
condizioni previste, dei permessi per assistere tale figlio. |