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Preside condannato per non avere concesso
un permesso retribuito

Siamo venuti a conoscenza di una interessante sentenza di condanna, emessa nel mese di maggio scorso da parte del tribunale di Terni, nei confronti del preside di una scuola per non avere concesso un permesso retribuito ai sensi dell’art. 21 del CCNL/95. Riteniamo utile darne notizia perché sono molte le scuole e i Dirigenti Scolastici che fanno difficoltà alla concessione dei permessi per motivi personali o familiari previsti dal CCNL del comparto scuola. Nella speranza che questa sentenza sia utile a rendere effettivamente fruibili i diritti dei lavoratori previsti dal contratto.

Roma, 9 ottobre 2001

Il fatto in sintesi.
Una insegnante chiede 3 giorni di permesso ai sensi dell’art. 21 del contratto 95 per poter presentare ad un convegno nazionale i risultati di un suo lavoro nell’ambito di un progetto realizzato dalla Provincia in collaborazione con Provveditorato e ASL.

Il Preside lo nega argomentando "… che le motivazioni addotte non rientrano fra quelle previste nell’art. 21 comma 2 del CCNL …".

Probabilmente il preside ha confuso l’art. 453 comma 1 del Dlvo 297/94, cioè i famosi 5 giorni per partecipazione a convegni e congressi, la cui concessione è rimessa alla valutazione discrezionale del D.S. e che quindi non configurano un diritto pieno ed esigibile, con l’art. 21 del CCNL/91 cui l’insegnante ha fatto riferimento nel presentare la richiesta, pur motivandola nel modo detto.

L’insegnante non subisce tale diniego, si rivolge al Giudice del lavoro cui chiede, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., di adottare provvedimenti urgenti atti ad impedire un pregiudizio grave, imminente e irreparabile e di assegnare il termine per il giudizio di merito.

Il giudice si pronuncia immediatamente dichiarando il diritto della ricorrente ad usufruire dei tre giorni di permesso richiesto e fissa la data della comparizione delle parti per il giudizio di merito.

Nel giudizio di merito il preside si avvale dell’avvocatura dello stato per la propria difesa.

A conclusione del dibattimento il giudice emette le seguente sentenza (stralci):

Il Giudice…………… del Tribunale di Terni

ha emesso la seguente

sentenza

nella causa promossa da ………
contro l’istituto……… in persona del Preside……… difeso da ……
svolgimento del processo

………

motivi della decisione

Punto decisivo della controversia è l’interpretazione dell’art. 21 del Contratto di lavoro che testualmente prevede: "A domanda del dipendente sono, inoltre, concessi nell’anno scolastico tre giorni di permesso retribuito per particolari motivi personali e familiari debitamente documentati…".

Trattasi in sostanza di un diritto del lavoratore che copre (per soli tre giorni ad anno) eventi particolari di natura personale o familiare. A questo diritto speciale di permesso non possono essere di ostacolo le esigenze organizzative del datore di lavoro. Ciò in considerazione del limitato periodo, e pertanto la semplice domanda documentata comporta la concessione del permesso.

All’interpretazione della norma contrattuale rileva la voluta genericità ed elasticità della stessa, quanto si riferisce a motivi "personali" non specificando altro dato o contenuto.

Orbene è chiaro che l’attività di relazione a convegni e/o di partecipazione a riunioni, convegni, conferenze ecc., rientra nella crescita "personale" e professionale del dipendente. Ciò anche ai sensi dell’art. 2 della Costituzione che prevede lo svolgimento della personalità nelle formazioni sociali. Con questo è evidente che la partecipazione a formazioni sociali (e quindi attività concrete) è parte integrante della personalità dell’uomo nel suo essere sociale.

E’ chiaro, pertanto, che l’attività documentata della ricorrente per la richiesta dei permessi costituisce "motivi personali", in quanto attività diretta alla partecipazione in formazioni sociali (art. 2 della Carta Costituzionale).

Il fatto poi che specifiche norme (art. 453 del testo unico, ndr) prevedano con altri limiti contenutistici e di durata la partecipazione dei dipendenti a convegni e/o attività scientifiche non può far escludere dai "motivi personali" tali attività se limitate a tre giorni.

Deve confermarsi quindi il provvedimento cautelare ed accogliersi la domanda della ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.
IL GIUDICE

Visti gli artt. 429 – 431 C.P.C. definitivamente pronunciando sulla domanda proposta come sopra con ricorso depositato in data ……… , così provvede:

conferma ordinanza ex art. 700 cpc;

concede tre giorni di permesso retribuito alla ricorrente;

condanna il convenuto al pagamento delle spese di lite che liquida in complessive L. 2.100.000 di cui L. 1.450.000 per onorari

IL CANCELLIERE

IL GIUDICE

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