La corte costituzionale si pronuncia sulla
maternità
La Corte Costituzionale ha emesso
una sentenza che conferma il diritto del personale della scuola in
maternità al trattamento economico anche nel caso in cui non possa
assumere servizio perché in astensione obbligatoria.
La Corte sostiene che gli
articoli 22 e 24 del Decreto Legislativo 151/2001 sono prevalenti
sulla normativa precedente, ed in particolare va considerato
abrogato, sulla base dell’articolo 8 del DL 103/91, l’articolo 7
del D. L. n. 677/81 che prevedeva la validità del servizio ai solo
fini giuridici e non economici.
Trova conferma quanto abbiamo
sempre sostenuto, e scritto nel CCNL, che anche al personale
assunto a tempo determinato compete il trattamento economico
previsto.
Roma 28 novembre 2003
Corte Costituzionale- Ordinanza
del 7 novembre 2003, n. 337
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:…………
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, del decreto-legge 26
novembre 1981, n. 677 (Contenimento della spesa del bilancio
statale e di quelli regionali), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1 della legge 26 gennaio 1982, n. 11, promosso con
ordinanza del 27 novembre 2002 dal Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, sezione III-bis, sul ricorso proposto da
Bonifaci Lucia contro Ministero della pubblica istruzione ed
altro, iscritta al n. 65 del registro ordinanze 2003 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie
speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri.
Udito nella camera di consiglio del 1° ottobre 2003 il Giudice
relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che nel corso di un giudizio amministrativo – promosso da
un’insegnante nei confronti del Ministero della pubblica
istruzione e del Conservatorio di musica di Bari, allo scopo di
vedersi accertare il proprio diritto a percepire l’indennità di
maternità di cui all’art. 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204
– il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III-bis,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, ultima parte, e 97,
primo comma, della Costituzione, dell’art. 7, ultimo comma, del
decreto-legge 26 novembre 1981, n. 677 (Contenimento della spesa
del bilancio statale e di quelli regionali), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1 della legge 26 gennaio 1982, n. 11;
che nel caso sottoposto al giudizio del TAR remittente la
lavoratrice ricorrente aveva ottenuto il conferimento di un
incarico annuale di supplenza per l’anno scolastico 1990-1991 a
decorrere dal 20 dicembre 1990, ma, avendo partorito il 16
novembre 1990, all’atto di conferimento della supplenza ella si
trovava nel periodo di astensione obbligatoria di cui all’art. 4,
lettera c), della legge 30 dicembre 1971, n. 1204;
che pertanto, pur avendo accettato l’incarico, la ricorrente non
aveva assunto effettivo servizio, rientrando così nella previsione
di cui alla norma impugnata, in base alla quale la nomina di
personale incaricato o supplente che non possa assumere servizio
in base a vigenti norme di legge ha effetto ai soli fini giuridici
e non a quelli economici;
che in base a tali premesse e dopo aver richiamato sinteticamente
il quadro delle fondamentali provvidenze economiche in favore
delle lavoratrici madri – così come stabilite dalla citata legge
n. 1204 del 1971 ed oggi trasfuse nel testo unico di cui al
decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 – il TAR del Lazio
osserva che la norma in esame, benché interpretata da alcune
pronunce del giudice amministrativo come transitoria, ossia
destinata a trovare applicazione solo per l’anno scolastico
1981-1982, è stata invece ritenuta dalla prevalente giurisprudenza
come avente carattere di stabilità, cioè valida anche per gli anni
scolastici successivi a quello ora menzionato;
che tale lettura, a parere del giudice a quo conforme al tenore
letterale della norma ed al suo obiettivo di limitazione della
spesa, appare tuttavia viziata da numerosi profili di
illegittimità costituzionale;
che in primo luogo, infatti, vi sarebbe una lesione del principio
di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, perché il
rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione
si perfeziona con l’accettazione da parte del lavoratore, sicché
non si giustifica in alcun modo l’esclusione del diritto alla
percezione dell’indennità di maternità per i soli docenti
incaricati e supplenti;
che sussisterebbe anche una lesione dell’art. 36, primo comma,
della Costituzione, secondo cui il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione che garantisca a lui ed alla sua famiglia
un’esistenza libera e dignitosa, poiché risulta incomprensibile la
ragione in base alla quale il rapporto di lavoro viene
regolarmente costituito senza però avere alcun effetto economico,
per di più essendo il lavoratore in uno stato di interdizione
obbligatoria che non è in suo potere rimuovere;
che vi sarebbe, infine, lesione dell’art. 97, primo comma, della
Costituzione, perché i principi di buon andamento e di
imparzialità nell’organizzazione dei pubblici uffici non sarebbero
logicamente compatibili con la norma in esame, rimanendo la
docente in astensione obbligatoria per maternità esclusa dal
godimento della relativa indennità che, invece, sarebbe
riconosciuta alla docente che abbia assunto servizio anche per un
solo giorno;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile,
dovendosi le censure prospettate dal giudice a quo ritenere
superate dalla successiva e più recente giurisprudenza del
Consiglio di Stato.
Considerato che il TAR del Lazio, sezione III-bis, dubita della
legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36, primo
comma, ultima parte, e 97, primo comma, della Costituzione,
dell’art. 7, ultimo comma, del decreto-legge 26 novembre 1981, n.
677 (Contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli
regionali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge
26 gennaio 1982, n. 11, in quanto detta norma, interpretata
secondo la giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato che il
remittente mostra di condividere, sarebbe da ritenere norma di
carattere permanente, e come tale applicabile anche oltre il
limite temporale costituito dall’anno scolastico 1981-1982;
che l’ordinanza di rimessione omette di considerare che l’art. 8
del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito con modifiche
dall’art. 1, comma 1, della legge 1° giugno 1991, n. 166, con
norma di interpretazione autentica ha stabilito che il trattamento
economico previsto dagli artt. 15, primo comma, e 17 della legge
n. 1204 del 1971 – oggi trasfusi negli artt. 22 e 24 del testo
unico approvato col decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 – si
applica anche alle lavoratrici madri assunte a tempo determinato
dalle amministrazioni dello Stato;
che il citato art. 8 – abrogato dall’art. 86, comma 2, lettera h),
del d. lgs. n. 151 del 2001, il cui art. 57 ne ha sostanzialmente
riprodotto il contenuto – ha quindi modificato il quadro normativo
anche in riferimento alle lavoratrici madri che svolgono
l’attività di supplente nella scuola;
che il remittente omette altresì di considerare alcune recenti
pronunce del Consiglio di Stato, richiamate dalla difesa erariale,
le quali hanno dato conto di tale innovazione rilevando che detto
art. 8, in quanto norma di interpretazione autentica, ha carattere
retroattivo e perciò si applica anche ai processi in corso;
che le menzionate omissioni dalle quali è affetta l’ordinanza di
rimessione si traducono in una carente motivazione sulla rilevanza
e nella conseguente manifesta inammissibilità della presente
questione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta
inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 7, ultimo comma, del decreto-legge 26 novembre 1981, n.
677 (Contenimento della spesa del bilancio statale e di quelli
regionali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge
26 gennaio 1982, n. 11, sollevata, in riferimento agli artt. 3,
36, primo comma, ultima parte, e 97, primo comma, della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sezione III-bis, con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2003. |