SENATO DELLA REPUBBLICA
—————— XIV LEGISLATURA ——————

353a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

MARTEDÌ 11 MARZO 2003

(Pomeridiana)

 

D'ANDREA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, colleghi, noi stiamo insistendo molto su questi aspetti di carattere finanziario perché, come abbiamo avuto modo di dire in sede di discussione generale, essi sono in realtà la cartina di tornasole della volontà del Governo di procedere o meno ad un rilancio e ad un potenziamento del sistema pubblico nazionale di istruzione e quindi della possibilità di porre mano all’attuazione della proposta di riforma, così come viene sottoposta al voto del Senato.

In sede di espressione del parere sull’emendamento 7.2 (richiamo questo emendamento giacché è di contenuto assai simile a quello di cui si tratta) il presidente Asciutti eccepì che così formulato esso toglieva al Parlamento la possibilità di pronunciarsi di nuovo sul collegamento tra i decreti legislativi e le risorse finanziarie di cui essi avevano bisogno per l’attuazione.

L’emendamento 7.5 non presenta quello che secondo il presidente Asciutti sarebbe un difetto, poiché in questo caso si chiede di sottoporre la possibilità di varare il decreto legislativo alla adozione contestuale di un provvedimento legislativo che disponga di nuove entrate.

Queste ultime vengono indicate attraverso l’utilizzazione del meccanismo del livellamento delle aliquote fiscali al 18 per cento, secondo una posizione che abbiamo espresso anche in sede di discussione della delega fiscale, non ritenendo realistica l’ipotesi di un ulteriore abbassamento, ma ritenendo abbastanza realistica l’ipotesi di un livellamento al 18 per cento. I maggiori introiti che deriverebbero da questa operazione potrebbero consentire di finanziare gli interventi onerosi, e non possono non essere tali, previsti dalla riforma proposta.

Esprimiamo quindi il nostro voto favorevole all’emendamento proprio per l’impostazione di carattere metodologico che esso rappresenta e manifesta. Come ha affermato il collega Cortiana, non si tratta di un emendamento di tipo ostruzionistico. Certo, ci rendiamo conto che in sede di terza lettura è difficile da parte della maggioranza accogliere una proposta di modifica di questo tipo, anche se – riflettendoci bene – qualora un emendamento di questo tipo venisse accolto essa perderebbe oggi qualche settimana che riguadagnerebbe però, con gli interessi, in una fase successiva.

Inevitabilmente, infatti, se si vorranno adottare decreti legislativi credibili ci sarà bisogno di risorse finanziarie di sostegno, che attraverso questa strada già mettiamo in qualche modo a disposizione.

Io credo, signor Presidente, che dovremmo votare a favore dell’emendamento 7.5, anche per evitare il rischio di continuare a rimestare tutta la materia finanziaria nel piccolo paiolo delle risorse disponibili per la scuola. Avevamo sperato che il Ministro dell’istruzione approfittasse del fatto che in questo ramo del Parlamento fosse in discussione solo la parte finanziaria della riforma per rivolgere un appello al Senato a sostenerla nei confronti del Governo, al fine di prevedere più risorse a disposizione della scuola. Ciò non è accaduto e il Ministro non ha neanche detto quali risorse alternative ritiene di poter utilizzare per finanziare questa impegnativa parte della riforma.

Ci troviamo, quindi, nella condizione in cui, mentre approviamo la riforma, questa mattina uno dei quotidiani economici di più grande diffusione - tra l’altro, di solito molto preciso - rifà i conti relativamente a un’altra misura scellerata (consentitemi di usare questo termine, anche se non intendo esprimere un giudizio di qualità) che discende da una finanziaria precedente. Mi riferisco al decreto taglia classi, attraverso il quale si sono riformulati gli organici.

È paradossale che, nel momento in cui il Senato sta discutendo nella Commissione competente la legge sui piccoli comuni, ci troviamo a mettere in moto un meccanismo che riduce la presenza del sistema scolastico sul territorio delle aree più deboli, nelle quali ci sarebbe bisogno di un’attenzione maggiore, addirittura di compensazione, per quanto riguarda l’organizzazione del servizio pubblico scolastico.

Ecco quindi la carenza di organici, le scuole che chiudono o che si avviano ad una chiusura malinconica, per cui i genitori già da oggi decidono di non fare la preiscrizione dei propri figli per evitare di farli trovare in una scuola che magari non avrà i mezzi sufficienti per andare avanti. Noi vogliamo ridurre, interrompere questa precarietà con l'emendamento che abbiamo presentato.

Se dovessi sintetizzare il mio pensiero con uno slogan, direi che il Governo, invece di regolarizzare la posizione dei precari, ha precarizzato l’intera scuola con una politica economica di sostegno del tutto incongruente ed irrazionale, che non risponde né alle esigenze della scuola di oggi, né alle possibilità di espansione della scuola di domani.

Per tali motivi, riteniamo di dover votare a favore dell’emendamento 7.5. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Morando).

 

D'ANDREA (Mar-DL-U). Signor Presidente, l'emendamento 7.14 cerca di rimediare, nella forma possibile in questa fase della procedura di approvazione del disegno di legge, al vuoto che si verrà a determinare con l'abrogazione della legge n. 9, che è disposta dal medesimo articolo, e che farà venir meno la base giuridica e la disponibilità delle risorse finanziarie per alcune materie che hanno a che fare con la vita ordinaria degli istituti scolastici autonomi ed anche per alcune materie che noi avevamo concepito nel disegno precedente come strategicamente complementari al rilancio dell'offerta formativa, quali quelle connesse in parte al diritto allo studio (è stato già ricordato tutto quello che è relativo alla distribuzione dei libri di testo).

Ora, noi riteniamo che si determini una condizione di particolare difficoltà, con l'abrogazione della legge n. 9 del 1999, e per questo sollecitiamo ancora il Governo all'adozione di un provvedimento urgente che noi già indichiamo, con quest'emendamento, nella forma che potrebbe avere, almeno per quello che riguarda la continuità dei finanziamenti per il diritto allo studio, pur sapendo che, qualora si approvasse questa legge e anche qualora si approvasse quest'emendamento, vi sarebbe ugualmente una fase di vuoto per la disposizione che la legge contiene e che deriva dall'improvvida decisione di cancellare con un colpo di spugna la legge n. 9 del 1999 e la legge n. 30 del 2000, come se fossero delle escrescenze da amputare rispetto al corpo sano della scuola e non delle risorse da utilizzare per il rilancio dell'offerta formativa e del sistema pubblico di istruzione.

Noi quindi invitiamo i colleghi senatori a votare a favore di quest'emendamento, come degli altri dello stesso tenore, proprio con l'idea di rendere più impegnativa, per l'ulteriore iter della riforma, la possibilità di utilizzazione di finanziamenti che non determinino carattere di discontinuità nell'offerta formativa e nel sostegno del diritto allo studio.

Noi crediamo (l'abbiamo già detto in sede di discussione generale) che l'aver scelto la strada di sostituire all'obbligo scolastico previsto dalla Costituzione un insieme di misure per ora incerte e che potrebbero avere anche il risultato di eludere quel riferimento all'obbligo scolastico, comunque richieda una dotazione di risorse finanziarie sostenuta per poter considerare credibile l'azione che si va a proporre, e queste risorse finanziarie hanno anche a che fare con queste materie relative al diritto allo studio richiamate dalla legge n. 9 del 1999 (la senatrice Acciarini ci si è a lungo soffermata nei suoi interventi precedenti).

Noi insistiamo per il voto favorevole su quest'emendamento 7.14, con l'idea di evitare alla scuola ulteriore arretramento e anche con l'idea di evitare che magari al Ministro del tesoro venga in mente di trasferire anche i risparmi così ottenuti al di fuori dell'area delle rubriche di bilancio del Ministero dell'istruzione e dell'università, come mi pare stia accadendo per i risparmi conseguiti dalla finanziaria, laddove le risorse liberate con il decreto "salva-deficit" finiranno inevitabilmente, anziché con l'essere utilizzate per materie connesse a quelle di competenza del Ministero dell'istruzione e dell'università, con l'essere utilizzate magari per sostenere alcune spese straordinarie che si vanno a realizzare.

Allora, il nostro fermo invito, con l'approvazione di quest'emendamento, è di evitare che ciò accada e quindi di evitare ulteriori sofferenze alla scuola italiana, agli istituti scolastici autonomi e a coloro che dalle misure di sostegno del diritto allo studio si attendono di poter in qualche modo mettersi alla pari con gli altri più fortunati, essendo le misure del diritto allo studio di importanza strategica nella vita e nello sviluppo della scuola nazionale.

 

D'ANDREA (Mar-DL-U). Signor Presidente, voteremo a favore dell'emendamento 7.11 e raccomandiamo ai colleghi del Senato di fare altrettanto perché riteniamo importante la questione del coinvolgimento in sede di ulteriore iter dei decreti delegati previsti da questa legge delega, della Commissione parlamentare per le questioni regionali che viene individuata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, all'articolo 11, come sede nella quale affrontare le questioni inerenti alle competenze miste tra lo Stato e le autonomie locali.

Riteniamo che ciò debba essere fatto proprio per evitare che prevalga un'impostazione minimalista come quella avanzata dai colleghi della 1a Commissione in sede di espressione del parere, che hanno sostenuto che le Commissioni da inserire nel procedimento di approvazione dei decreti delegati vengono stabilite dal Regolamento oppure dagli atti della Presidenza del Senato.

Vogliamo evitare questa interpretazione minimalista, in quanto la modifica introdotta dall'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 è diretta e voleva espressamente conseguire il risultato di una costituzionalizzazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali nella fase transitoria, fino a quando cioè non si realizzerà l'altro disegno della costituzione del Senato delle Regioni e delle autonomie.

Ci aspettavamo per la verità che su questa materia la maggioranza e il Governo assumessero un atteggiamento diverso, che poteva anche non essere quello dell'accettazione dell'emendamento, essendo noi in terza lettura, ma poteva essere quello della condivisione del problema e dell'indicazione di un percorso impegnativo a salvaguardia di questo risultato. Invece, anche di fronte a questo emendamento, abbiamo registrato un approccio di tipo burocratico sia da parte della maggioranza sia da parte del Governo.

Settori della maggioranza, come la Lega, ritengono forse che la proposta in questione finisca per legittimare la riforma del Titolo V della Costituzione; mi rendo conto che, contestando loro in toto il Titolo V e preferendo rifugiarsi nel modello della cosiddetta devolution che hanno cominciato ad attivare, possano essere contrari a questa formulazione dell'emendamento. Se questa è però la motivazione che può spingere la Lega ad essere contraria, per motivi esattamente speculari e di segno opposto non dovrebbero essere contrari gli altri colleghi della maggioranza, quelli che hanno sostenuto che l'attuazione del Titolo V deve precedere la devolution di Bossi.

Una maniera per rendere concreta questa linea è quella di prevedere, in un punto di snodo tra la legge delega proposta dal ministro Moratti e l'attuazione del Titolo V della Costituzione attraverso il disegno di legge proposto dal ministro La Loggia, un momento di raccordo, cioè il rinvio dei decreti delegati al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

La Commissione parlamentare per le questioni regionali non esprime un parere meramente consultivo, ma esprime un parere che una volta si poteva definire rafforzato, in ordine al quale, qualora non ci si volesse adeguare, è possibile sollevare diversamente le questioni avanzate. Ci rendiamo conto che a configurare la violazione di alcuni precetti costituzionali di questo disegno di legge delega vi è ora l'ulteriore volontà della maggioranza di impedire l'attenuazione o la riduzione del vulnus.

Per questa ragione insistiamo per un voto favorevole all'emendamento 7.11, al fine di evitare sia una condizione di confronto traumatico tra i diversi livelli istituzionali nell'esercizio successivo delle scelte invocate dalla legge delega in ordine alla politica scolastica e al sistema di istruzione, sia un aggiramento della prescrizione dell'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 che indicava la via di superamento del conflitto potenziale.

Qualcuno dice che siamo profeti del male, ma è facile prevedere che, non avendo accettato la proposta e ostinandosi nella posizione di non provvedere neanche successivamente, questa legge aprirà numerose possibilità di impugnativa davanti agli organi di giurisdizione. Ciò renderà ancora più incerto un cammino che la mancata previsione finanziaria rende già precario. Il Gruppo della Margherita voterà a favore dell'emendamento 7.11. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

 

D'ANDREA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, colleghi senatori, a questo punto dobbiamo procedere alla votazione dell'unico articolo modificato dalla Camera dei deputati.

Abbiamo espresso in sede di discussione generale le nostre riserve e le nostre critiche in ordine ai contenuti di quest'articolo, nonostante le positive modifiche che si sono registrate per iniziativa della Commissione bilancio della Camera, modifiche che noi riteniamo positive soprattutto per gli aspetti procedurali e che hanno consentito di riportare all'interno di un rispetto almeno formale dell'articolo 81 della Costituzione alcune delle previsioni di questa legge. Si tratta di modifiche positive che però, come abbiamo già detto, non ci sembrano sufficienti, nemmeno dal punto di vista contabile e della corrispondenza alle prescrizioni dell'articolo 81 della Costituzione.

Colleghi senatori, quest'articolo 7 che votiamo ora nel suo insieme così come risulta emendato dalla Camera, riassume tutto il disegno contenuto nella legge di delega che viene proposta alla nostra attenzione. Infatti, se lo si leggesse con attenzione, alla luce peraltro delle modifiche introdotte, si vedrebbe che nei primi commi dell'articolo 7 si disciplina l'adozione dei regolamenti per la "individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale", per la "determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici" e per la "definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli". Ai commi successivi, invece, si definiscono le procedure con le quali si procederà all'adozione di quei regolamenti e al comma 4 si prescrivono le disposizioni che renderanno possibile la sperimentazione graduale, entro i limiti di bilancio, della scelta dell'anticipo dell'iscrizione alle scuole di infanzia e conseguentemente al primo ciclo della scuola dell'obbligo.

Vi sono poi gli altri commi, cioè quelli che disciplinano più direttamente la materia finanziaria e le procedure che dovranno essere seguite, e infine i due commi abrogativi delle leggi n. 30 del 2000 e n. 9 del 1999.

Come vedete da quest'elenco che ho voluto rifare per nostra comune consapevolezza, quest'articolo contiene la sintesi di tutto quello che sta scritto nel disegno di legge di delega, ragion per cui l'approvazione di quest'articolo è un po’ come l'approvazione della legge nel suo complesso. D'altra parte, se cancellassimo quest'articolo 7, non resterebbe davvero nulla rispetto a quel poco che già resta dopo l'approvazione eventuale di quest'articolo 7.

Che cosa noi eccepiamo, soprattutto? Lo abbiamo detto in sede di discussione generale e di illustrazione degli emendamenti: noi eccepiamo che in realtà viene in evidenza la debolezza di un approccio tutto abrogativo, tutto fatto in maniera tale da conseguire come risultato primario la cancellazione di quello che c'era prima, con non molta cura di conseguire invece un risultato di espansione del sistema scolastico nel suo complesso.

L'operazione viene fatta anche con una certa ruvidezza, diciamo così, che comporterà dei vuoti normativi, che abbiamo più volte richiamato anche in questa sede e che noi ci auguriamo il Governo voglia trovare il modo di riempire per evitare un collasso della scuola italiana, soprattutto un'incertezza generale.

Ma l'operazione di cancellazione porta a un risultato, cioè che si distrugge assai più di quello che si costruisce, mentre una politica riformatrice avanzata dovrebbe avere come obiettivo quello di far fare un passo avanti, non dieci passi indietro e poi ricominciare, altrimenti finisce con l'essere una risposta asfittica, pigra, più legata ad altre esigenze che non a quella di trovare una risposta adeguata alle sfide che dal mondo della scuola e dalla società si rivolgono alle istituzioni affinché il sistema scolastico e formativo ritrovi una centralità nelle politiche del nostro Paese.

Noi avevamo offerto al Governo un’altra strada. Avevamo suggerito di modificare parzialmente la legge n. 9 del 1999 e la legge n. 30 del 2000, senza determinare soluzioni di continuità. Ci eravamo dichiarati disposti ad un confronto sugli emendamenti. Ci eravamo dichiarati disposti a trovare insieme i punti critici sui quali accentrare la nostra iniziativa, anche con diversi percorsi, senza inciuci, senza pasticci, ma con l’idea dell’indicazione in evidenza di quel che c’era di importante in una riflessione di questo tipo, in modo tale da poter socializzare, anche presso l’opinione pubblica, un impegno diverso delle istituzioni per il mondo della scuola.

Avevamo chiesto di procedere alla riforma attraverso un sistema di consultazioni ampie, delle organizzazioni sindacali, delle forze sociali. Ci è stato risposto con quella piccola cosa degli "Stati generali", sui quali peraltro mi sembra che le critiche siano venute più dalla maggioranza che non dall’opposizione (e la nostra era scontata perché questo pseudo modello giacobino che ci era stato proposto attraverso gli "Stati generali" non lo abbiamo per nulla condiviso).

Noi siamo per la democrazia rappresentativa ed in questa esistono i soggetti collettivi di rappresentanza, che appunto rappresentano il momento attraverso il quale si formano le opinioni e si precisano gli indirizzi. Questi soggetti non sono stati coinvolti nella fase di elaborazione della riforma. Questi soggetti non sono stati coinvolti nella fase di confronto, se non attraverso una lodevole iniziativa del Presidente della Commissione di proporre delle audizioni; molto utili, presidente Asciutti, dal punto di vista culturale e dal punto di vista della visione politica, ma devo dire scarsamente utilizzate dalla maggioranza e dal Governo perché se mi venite a dire che il testo che vi accingete ad approvare corrisponde all’insieme di critiche, devo dire toto corde, espresse dalla maggior parte dei soggetti invitati a consultazione presso la Commissione, sicuramente dite un qualcosa a cui neppure voi credete.

Ma questo modello di partecipazione dei soggetti di democrazia, dei soggetti rappresentativi, delle organizzazioni sindacali è un modello che evidentemente non piace alla maggioranza e al Governo, che a fatica ha consultato la sua maggioranza e lo vediamo dal disagio con cui quest’ultima segue questo tipo di cammino della riforma.

Abbiamo provato peraltro a vedere se dati i tempi più tranquilli che avevamo al Senato in terza lettura - stabilito ormai che ci voleva una settimana in più, non un mese in più, per varare definitivamente questa riforma - si poteva approfittare di tale passaggio per dire qualche parola chiara, per sollevare il velo di ipocrisia, di "non ricordo" e di dimenticanza che c’è sull’ulteriore cammino di questa riforma, attraverso il chiarimento almeno della materia contabile e finanziaria.

Ebbene, neppure questo chiarimento è venuto. Così le risorse sono incerte, gli effetti legislativi sono contraddittori e la riforma finisce con l’essere una non riforma, una riforma che non c’è. Probabilmente questo era il risultato che si voleva ottenere e se questo era il risultato che volevate ottenere, siete stati bravissimi, meritate dieci e lode! (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).

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