SENATO DELLA REPUBBLICA
—————— XIV LEGISLATURA ——————
350a SEDUTA PUBBLICA
Seduta antimeridiana del 6 marzo 2003
D'ANDREA (Mar-DL-U).
Signor
Presidente, con l'emendamento 7.6 riteniamo di dover proporre la
sostituzione di quanto previsto al comma 7 dell'articolo 7,
affinché si prescriva in maniera più precisa che la relazione
tecnica deve contenere una puntuale e articolata valutazione degli
oneri, non solo con riferimento alla cifra complessiva che incide
sulle possibilità di copertura, ma anche con riguardo alle risorse
finanziarie che si intendono collegare a ciascuno degli obiettivi
indicati dall'articolo 1, comma 3, e dall'articolo 4, comma 1.
Riteniamo che
tale prescrizione possa rendere trasparente non solo la copertura,
ma anche l'articolazione attuativa della riforma, affinché le
proposte dei decreti legislativi rappresentino una prospettiva
realistica per l'evoluzione del sistema scolastico nazionale.
Annuncio che
ritiriamo l'emendamento 7.8. Con l'emendamento 7.2 proponiamo la
sostituzione del comma 8, che nell'attuale stesura contiene un
invito e un rinvio alla copertura, con una norma che contenga
l'indicazione di una copertura finanziaria. Ciò non significa che
il modello di copertura da noi prospettato sia necessariamente da
seguire.
Avanziamo
piuttosto tale proposta per evidenziare che una riforma priva
della certezza di risorse finanziarie e che necessita, per essere
realizzata, di una legge di spesa che ne autorizzi l'attuazione;
una riforma che non riesce a prevedere, al momento, neanche la
possibilità di mettere a regime ciò che è previsto in via
sperimentale e graduale, come ad esempio la strategia
dell'anticipo, una riforma che non può passare alla fase dei
decreti delegati, avendo bisogno della preliminare approvazione di
una legge di spesa necessaria per non incorrere nei rigori della
violazione dell'articolo 81 della Costituzione, è una riforma che,
come abbiamo detto in altre circostanze, corre il rischio di
diventare un annuncio pubblicitario.
Proponiamo
pertanto una copertura effettiva sostituendo il comma 8 con un
testo che indica risorse certe nell'ambito delle quali, nella fase
di avvio, la riforma può, se sussistono la volontà e un disegno di
realizzazione della stessa più preciso di quello che si evince
dall'articolato, essere realizzata.
Intendiamo
scongiurare il rischio di prolungare all'infinito una situazione
di non riforma o di ristagno della vita della scuola perché
contemporaneamente si abrogano le leggi attualmente in vigore,
inclusa la legge n. 30 del 2000, lasciando la scuola priva di
riferimenti normativi non solo con riguardo alla normale gestione,
sulla quale ci siamo già soffermati, ma anche rispetto a ciò che
potrà accadere da questo momento in poi.
L'emendamento
7.10, riferito al comma 8, deriva dalla seguente valutazione: se
si vuole tenere fermo l'obiettivo di realizzare una riforma di
contenuto cosiddetto innovativo, pure seguendo un percorso che non
abbiamo condiviso e non condividiamo, tale contenuto innovativo
non può non richiamare oneri aggiuntivi.
Quindi, gli
oneri aggiuntivi non saranno potenziali, ma saranno effettivi. In
tal caso, riteniamo che il verbo debba essere coniugato non al
congiuntivo presente, ma all’indicativo presente, perché si tratta
di oneri certi, non eventuali. Se si sostiene che sono oneri
eventuali, vuol dire che non si ritiene di dover dare corso al
contenuto innovativo della riforma.
L’emendamento
7.12 è, a nostro giudizio, molto importante. Riteniamo che il
sistema pubblico di istruzione debba rimanere di tipo nazionale,
ma abbiamo di fronte a noi le innovazioni determinate dalla
riforma del Titolo V della Costituzione e un certo fermento e
dibattito sul rapporto tra i poteri riservati allo Stato e quelli
assegnati alle Regioni e alle altre autonomie locali.
Per
salvaguardare il carattere unitario e nazionale del sistema,
pensiamo che i decreti legislativi debbano essere valutati anche
da quello strumento istituzionale che abbiamo identificato come
camera di compensazione, cioè come luogo nel quale si compie
un’attenta valutazione delle implicazioni che i provvedimenti in
corso determinano rispetto alle prerogative di ciascun livello
istituzionale.
Insistiamo
quindi perché si prescriva nella norma che sui decreti legislativi
esprima il proprio parere la Commissione parlamentare per le
questioni regionali, perché la legge costituzionale n. 3 del 2001,
all’articolo 11, indica in maniera espressa questa strada, che fa
parte del nuovo equilibrio costituzionale determinato con il nuovo
Titolo V, anziché riservarla alla competenza dei Regolamenti
parlamentari o delle Presidenze dei Parlamenti, come viene
eccepito nel parere espresso dalla 1a Commissione.
Riteniamo
quindi che questo passaggio sia indispensabile e proponiamo che
venga inserito nel dispositivo dell’articolo.
Vorrei fare
osservare, Presidente, che nel testo stampato dell’emendamento
manca una virgola, che potrebbe avere indotto ad un malinteso
anche la Commissione affari costituzionali, e che chiedo di
ripristinare, in modo da eliminare una delle preoccupazioni. In
sostanza, la virgola va inserita dopo le parole: "la Commissione
parlamentare per le questioni regionali, anche nella sua
composizione integrata" e prima delle altre: "ai sensi
dell’articolo 11 della legge costituzionale". Infatti, quel
riferimento all’articolo 11 non riguarda la composizione della
Commissione, ma la devoluzione delle competenze e la procedura
particolare che questo tipo di esame dovrebbe includere.
Infine, con
l’emendamento 7.4, abbiamo chiesto una valutazione della Corte dei
conti su ogni schema di decreto legislativo. Il Regolamento del
Senato già vede che, su domanda di un terzo dei componenti delle
Commissioni di merito, si possa richiedere la valutazione della
Corte dei conti sui decreti delegati. Noi chiediamo che ciò venga
prescritto nella legge, in modo da non lasciare alla varietà
dell’iniziativa parlamentare il necessario accertamento degli
oneri che ciascun decreto legislativo può comportare; quindi
chiediamo che la Corte si possa esprimere in maniera preordinata.
(Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
FRANCO Vittoria (DS-U). Signor Presidente, oltre
all’emendamento 7.16, illustrerò anche l’emendamento 7.18, di cui
sono firmataria, presentato dalla senatrice Pagano.
Con questi due
emendamenti, proponiamo che fin da ora vengano stanziate le
necessarie risorse per almeno due obiettivi. Il primo è il
rifinanziamento della legge n. 440 del 1997, sull’offerta
formativa e l’autonomia scolastica.
Riteniamo
infatti che l’autonomia scolastica sia un’acquisizione tra le più
importanti di una scuola rinnovata e dunque che essa vada
sostenuta e valorizzata con le necessarie ed opportune risorse, in
un quadro generale chiaro. Il secondo obiettivo cui finalizzare le
risorse è la reintroduzione di una norma che viene cancellata in
conseguenza dell’abrogazione della legge n. 9 del 1999, come
previsto all'articolo 7 del disegno di legge delega.
L'abolizione
delle misure di sostegno alla gratuità dei libri di testo, che
sottrae alla scuola circa 100 milioni di euro, non ci sembra certo
assicurare maggiore giustizia sociale e maggiore e più piena
garanzia del diritto all'istruzione, che - come abbiamo più volte
sostenuto nel corso della discussione generale - è un diritto
primario da sostenere anche con le opportune risorse.
NTERVENTO
IDPOLITICO="15215" PROGR_PERS="4321" GRUPPO="(DS-U)">ACCIARINI
(DS-U). Signor Presidente, l'emendamento 7.15, di cui sono
prima firmataria, propone di aggiungere, in fine, al comma 8, le
seguenti parole "anche al fine di garantire la continuità dei
finanziamenti per il diritto allo studio di cui alla legge 20
gennaio 1999, n. 9".
La nostra
preoccupazione è legata al fatto che questo provvedimento, una
volta definitivamente approvato, non avrà efficacia propositiva su
nulla, perché necessiterà di un successivo intervento legislativo
di copertura finanziaria, cui seguirà poi il decreto legislativo
che darà attuazione alla delega. Avrà però effetti immediati in
termini abrogativi, il più importante dei quali riguarda la legge
n. 9 del 1999, nota come legge sull'elevamento dell'obbligo di
istruzione.
Una legge
attesa per molti anni, che ha portato l'obbligo scolastico a nove
anni, e in prospettiva a dieci, prevedendo finalmente un contenuto
più ampio rispetto al minimo previsto dal dettato costituzionale e
facendo sì, tra l'altro (questo è l'aspetto su cui interviene il
nostro emendamento), che il diritto allo studio, collegato alla
fissazione dell'obbligo scolastico, fosse normato molto
accuratamente.
In proposito,
vorrei ricordare che si prevedeva che nell'ultimo anno
dell'obbligo scolastico (in questo caso, appunto, il nono) le
stesse istituzioni scolastiche assumessero iniziative di
orientamento al fine di combattere la dispersione scolastica, di
garantire il diritto allo studio e alla formazione, di consentire
agli alunni scelte più confacenti alla propria personalità ed al
proprio progetto di vita e di agevolare, ove necessario, il
passaggio dello studente dall'uno all'altro degli specifici
indirizzi della scuola secondaria superiore.
Vogliamo
garantire continuità, essendo certo che il presente provvedimento
abrogherà queste norme e che al loro posto non ci sarà nulla, cari
colleghi. Sono sicura che anche tra i colleghi dell'opposizione ve
ne sono alcuni che hanno veramente a cuore questo tema. (Brusìo
in Aula).
Faccio
presente al Presidente che non è facile per me parlare in questo
clima così rumoroso e distratto; continuo comunque il mio
intervento perché spero che le mie parole verranno poi per lo meno
lette nei resoconti stenografici, se non si ritiene ora di
prestare loro una maggiore attenzione.
Sono sicura
che sia fra i colleghi della maggioranza che tra quelli
dell'opposizione vi siano grossi dubbi, dato che, a partire dal 1°
settembre di quest'anno, nel nostro Paese vi saranno ragazzi di
tredici o quattordici anni potenzialmente affidati alla strada,
essendo l'ingresso nel mondo del lavoro, in base ad una norma che
credo tutti riteniamo giusta, rimandato al quindicesimo anno di
età.
Quindi, si
ripristina quello che, del resto, era stato il grande limite della
scuola italiana, cioè la cessazione dell'obbligo scolastico con un
anno di anticipo anche rispetto all'eventuale ingresso nel mercato
del lavoro. Ci impegneremo pertanto a sostenere gli effetti della
legge n. 9 del 1999, dando un supporto ai ragazzi nei loro anni
più delicati e difficili, in cui tutti sappiamo quanto siano forti
i rischi di dispersione scolastica, intesa in senso ampio e
riferita non soltanto a questo ambito. È perciò importante, per
dare questo supporto, garantire continuità alla legge n. 9 del
1999.
Credo quindi
che la nostra richiesta dovrebbe trovare appoggio e ribadisco che,
il giorno in cui sarà approvato definitivamente questo testo, non
porteremo a casa nulla, se non delle abrogazioni di norme: ci
sono; sono sicure e saranno immediate.
Altri temi - è
stato ripetutamente detto e non voglio annoiarvi - sono stati
rimandati. È stato rimandato anche… (Il ministro Moratti
conversa con il senatore Consolo). Vorrei che la signora
Ministro mi ascoltasse. Come dicevo, è stato rimandato il tema - a
lei caro, signora Ministro - della sostituzione dell'obbligo di
istruzione con il diritto-dovere alla formazione e all'istruzione,
formulazione che a noi sembra in contrasto con il dettato
costituzionale; comunque, anche questo diritto, con il testo che
si sta per votare, non troverà attuazione nel momento dell'entrata
in vigore della legge: la sua attuazione è rinviata gradualmente
ai decreti legislativi che saranno emanati dopo aver adottato i
necessari provvedimenti legislativi di copertura finanziaria.
I nostri
emendamenti - lo ribadisco - non hanno alcun carattere
ostruzionistico, (del resto, ne abbiamo presentati pochi).
Vogliamo però che diano un indirizzo: evitare i danni che ai
ragazzi e alla scuola italiana deriverebbero dalla violenta forza
abrogativa di questa legge di testi che garantiscono diritti
educativi a bambini e bambine, ragazzi e ragazze.
In questo
spirito si pone lo stesso emendamento 7.17, che fa salvo nei
provvedimenti legislativi, il rifinanziamento del Fondo di cui
alla legge n. 440 del 1997 (a tutti noto come il Fondo per
l'offerta formativa), ribadendo la richiesta di continuità dei
finanziamenti.
Perché sono
importanti tutti questi elementi? Ho già avuto occasione di
rilevarlo ieri, ma magari gli astanti oggi sono cambiati. Ieri,
quando si è svolta la discussione generale, eravamo pochi intimi,
come normalmente accade in queste circostanze. Allora, ai colleghi
che ieri non erano presenti (tanto della maggioranza quanto
dell'opposizione), faccio presente di aver letto dettagliatamente
le cifre di diminuzione costante - dall'anno 2001 all'anno 2004 –
che il Fondo per l'offerta formativa subisce per effetto delle
leggi finanziarie. Sono riduzioni cospicue, di 20 milioni di euro
nel primo anno e di 40 milioni di euro nei due anni successivi. Ho
anche detto che il malessere della scuola sta arrivando sulle
pagine dei giornali, che pubblicano lettere di presidi che dicono:
sì, tante belle parole, ma quest'anno ho l'80 per cento dei fondi
che avevo l'anno scorso e l'anno prima avevo l'80 per cento dei
fondi che avevo l'anno precedente; ditemi voi cosa posso fare.
Tra l'altro,
il Fondo per l'offerta formativa rappresenta il momento in cui
l'autonomia della scuola può veramente esprimersi. Perché abbiamo
coniugato diritto allo studio e Fondo per l'offerta formativa?
Perché l'autonomia scolastica è un valore molto importante e
l'abbiamo istituita proprio con l'idea che fosse la modalità con
cui le scuole riuscivano a lottare contro la dispersione e le
difficoltà degli allievi, favorendo, come prevede la legge n. 9
del 1999, le istituzioni scolastiche stesse.
Cari colleghi,
le istituzioni scolastiche e l'autonomia scolastica sono
valorizzate dalle norme che voi state per abrogare: di questo,
credetemi, ci si accorgerà abbastanza presto (forse le scuole se
ne stanno già accorgendo); infatti, in quelle norme c'erano tutti
gli elementi di valorizzazione in un’offerta formativa legata alle
condizioni e alle caratteristiche della scuola, del territorio e
dell'alunno. Se ci si crede davvero, quel Fondo non può essere
considerato una spesa su cui risparmiare con questa brutalità.
Guardate, mi permetto di dire che tutto questo non è patrimonio
della destra o della sinistra: è patrimonio di tutti coloro che
dalla scuola si attendono un forte contributo allo sviluppo civile
e culturale del Paese, teso anche a favorire l’inclusione sociale.
State per cancellare tutto questo. Vorrei che veramente ci si
rendesse conto che con un Fondo per l'offerta formativa in
diminuzione (Richiami del Presidente) le scuole si
troveranno in difficoltà anche rispetto a spese correnti minimali
e il diritto allo studio e all'istruzione sarà attaccato da una
norma che toglie senza dare nulla.
Fermiamoci
finché siamo in tempo. Ricostituiamo un tessuto che favorisce
l'inclusione sociale, la lotta alla dispersione scolastica, lo
sviluppo civile e culturale del nostro Paese. (Applausi dai
Gruppi DS-U e Mar-DL-U). |