SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV LEGISLATURA
527ª SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MARTEDÌ 3 Febbraio 2004
(Antimeridiana)
Presidenza del vice
presidente FISICHELLA,
indi del presidente PERA
D’ANDREA (Mar-DL-U). Signor
Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi senatori,
come è noto e come abbiamo più volte ribadito nel corso del
dibattito, a cominciare dal relatore di minoranza, senatore
Bassanini, noi non ci opponiamo pregiudizialmente all’idea di
sottoporre ad ampia revisione la Costituzione. Tentammo di farlo
anche nella scorsa legislatura, con la Bicamerale, nella
convinzione che riforme di portata più generale necessitassero di
una modalità straordinaria e di un consenso largo.
Desidero parlare ora del Titolo V. Si introducono poche
modifiche al testo recentemente novellato. Lo registriamo non
senza sorpresa; se solo ricordiamo la demonizzazione che ne è
stata fatta, sin qui, da parte dei colleghi della maggioranza, che
ora lo assumono quasi come un testo sacro, immodificabile persino
nelle parti nelle quali noi stessi riteniamo sia giusto procedere
ad integrazioni e correzioni.
Viene mantenuta persino la tanto vituperata legislazione
concorrente, rispetto alla quale è lecito domandarsi, a questo
punto, che fine hanno fatto le radicali obiezioni di merito e di
metodo che Governo e maggioranza hanno sollevato più volte anche
in quest’Aula.
È rimasto sostanzialmente intatto l’articolo 117, ma la
ipotizzata sostituzione del quarto comma finisce con l’essere
contraddittoria con il rovesciamento operato dal nuovo articolo
117 che, come noto, attribuisce alla competenza esclusiva delle
Regioni tutte le materie, salve quelle che vengono elencate tra
quelle di competenza esclusiva dello Stato e di legislazione
concorrente.
Il testo che ci viene proposto, invece, torna
inopinatamente ad elencare specifiche materie da devolvere alla
competenza esclusiva delle Regioni – peraltro in strana sequenza,
non so quanto sintatticamente e giuridicamente possibile – insieme
con il rinvio ad ogni altra materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato.
Tra le materie specificamente elencate c’è l’assistenza e
l’organizzazione sanitaria, senza curarsi – come ha rilevato anche
il senatore Vitali – di chiarire il rischio di contrasto con
quanto disposto dal secondo comma, che include, tra le materie di
legislazione esclusiva dello Stato, la determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale e dal
terzo comma, che prevede, tra le materie di legislazione
concorrente, la tutela della salute.
C’è poi l’organizzazione scolastica, la gestione degli
istituti scolastici e di formazione fatta salva l’autonomia delle
istituzioni scolastiche, nonché la definizione della parte dei
programmi scolastici e formativi di interesse specifico della
Regione, elevando, a questo proposito, a norma costituzionale
quanto già previsto dall’articolo 2 della legge n. 53 del 2003
(riforma Moratti). Anche in questo secondo caso però, signor
Presidente, senza curarsi di eliminare gli aspetti contraddittori
rispetto al secondo comma, lettera n), che attribuisce allo
Stato la legislazione esclusiva in materia di norme generali
sull’istruzione e alla legislazione concorrente l’istruzione, ad
eccezione dell’istruzione e della formazione professionale.
C’è, infine, la polizia locale, rispetto alla quale rinvio
alle puntuali osservazioni sviluppate in particolare dal senatore
Mancino.
Non è ben chiaro se il pasticcio di fronte al quale ci
troviamo sia l’effetto della necessità di inglobare
meccanicamente, starei per dire «senza se e senza ma», il testo
della devolution già approvata in quest’Aula, oppure se si
tratti di una voluta ambiguità.
È difficile non riscontrare infatti che, se simulassimo di
applicare la Costituzione modificata per effetto del disegno di
legge così come approvato dalla Commissione, saremmo di fronte ad
un groviglio inestricabile, fonte di disorientamento o di
conflitti infiniti in sede giurisdizionale.
Veniamo, ad esempio, alle questioni relative
all’organizzazione scolastica. Con la sentenza n. 13 di quest’anno
la Corte costituzionale, pronunciandosi sulla legittimità
costituzionale dei commi 3 e 4 dell’articolo 22 della legge n. 448
del 2001 (la legge finanziaria per il 2002) che dettano
disposizioni concernenti la definizione delle dotazioni organiche
del personale docente e l’orario di lavoro, ha già evidenziato,
proprio in materia di organizzazione scolastica, la differenza tra
la stesura originaria dell’articolo 117 della Costituzione e
quella novellata, assumendo per certo che il prescritto ambito di
legislazione delle Regioni sta nella programmazione della rete
scolastica, già ad esse conferita nella forma della competenza
delegata dall’articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del
1998. In una parola essa «comprende tutto quanto non coinvolge gli
aspetti finanziari e la distribuzione del personale tra le
istituzioni scolastiche».
Ma anche per quest’ultima, in quanto strettamente connessa
alla programmazione della rete scolastica, la competenza statale
residuerebbe solo quanto alla determinazione dei princìpi
organizzativi, che spetta poi alle Regioni svolgere con una
propria disciplina.
Le Regioni possono esercitare dunque oggi le competenze
gestorie che la Costituzione ad esse attribuisce, avendo come
limite esclusivo la continuità del funzionamento del servizio di
istruzione, che non a caso la legge n. 146 del 1990 qualifica come
servizio pubblico essenziale e che va assicurato attraverso la
continuità di apparati finalizzati alla garanzia dei diritti
fondamentali, ricordando che come rileva la Corte «in tema di
istruzione la salvaguardia di tale dimensione è imposta da valori
costituzionali incomprimibili».
Ci sembra che questo debba restare l’equilibrio possibile
tra tutela dell’interesse nazionale, diritti fondamentali e
potestà regionali in un contesto che giustamente costituzionalizza
l’autonomia delle istituzioni scolastiche, sottraendole alle
interferenze degli apparati amministrativi in quanto tali, con
l’evidente scopo di preservarne il valore riferito a materie di
indubbio rango costituzionale: diritto all’istruzione, libertà di
insegnamento eccetera. Una autonomia che dovrebbe rappresentare il
motore del processo di rinnovamento istituzionale della scuola, se
il ministro Moratti non provvedesse a deprimerla, a sminuirla o a
banalizzarla.
Ma, se con il testo licenziato dalla Commissione si
intendesse andare oltre, come ha mostrato di temere lo stesso
senatore Valditara, ne deriverebbero conseguenze gravi, fino a
prefigurare lo smantellamento del sistema nazionale di istruzione
pubblica, che invece va salvaguardato e rilanciato, come ha più
volte invitato a fare lo stesso Presidente della Repubblica e come
stanno facendo un po’ in tutta Europa.
Ma queste medesime riflessioni possono riguardare anche le
altre materie elencate. Non è possibile, come hanno fatto alcuni
colleghi della maggioranza, minimizzare, quasi banalizzare il
significato di queste novità rispetto al cosiddetto interesse
nazionale e al tempo stesso invece esaltarle, come fanno altri con
in testa il Ministro per le riforme. Qualcuno bluffa, queste
affermazioni non possono essere vere insieme.
Noi chiediamo a questo punto alla maggioranza di giocare a
carte scoperte, assumendosi la responsabilità, se lo ritiene, di
assecondare quell’«avventurismo costituzionale» – la definizione
non è nostra – denunciato all’epoca dell’esame della devolution.
Questo, infatti, con la nomina di alcuni giudici della
Corte costituzionale da parte delle Regioni, è considerato dal
Ministro per le riforme l’aspetto più qualificante, l’oggetto del
suo braccio di ferro con il resto della maggioranza, la bandiera
da agitare per tenere buono il popolo della Padania.
Non sappiamo bene e non sapremmo dire se sia troppo o
troppo poco rispetto ai suoi obiettivi politici. Non tocca a noi
stabilirlo.
A noi compete, però, signor Presidente, valutare se sia
troppo rispetto all’equilibrio complessivo dell’ordinamento; e a
noi sembra che quello che viene proposto sia sufficiente per
disarticolare l’unità nazionale che, come ha recentemente
affermato il cardinale Ruini, non va messa in discussione «nemmeno
apparentemente».
La proposta di modifica, infatti, insiste su due servizi
fondamentali che caratterizzano lo Stato moderno, il servizio
scolastico e quello sanitario, incidendo su quella uguaglianza di
opportunità, rispetto alla istruzione e al diritto alla salute,
che qualifica la cittadinanza.
Signor Presidente, signor Ministro, signor rappresentante
del Governo, queste considerazioni si aggiungono, richiamandole, a
quelle già svolte dai colleghi che mi hanno preceduto e tra essi,
in primo luogo, dal presidente Mancino che, con la sua magistrale
declinazione di uno spirito riformatore della Costituzione, aperto
alle nuove esigenze ma attento a salvaguardare preziose conquiste
e ancor più preziosi equilibri che corroborano nella forma e nella
sostanza la nostra democrazia, ha sintetizzato il nostro progetto.
Non possiamo convenire sull’overdose di revisione
costituzionale, contraddittoria e poco attenta alla salvaguardia
dei valori che i padri costituenti posero a fondamento della
nostra Repubblica. Ci auguriamo che un vostro ravvedimento,
colleghi della maggioranza, recuperi anche noi ad una
partecipazione più attiva e condivisa al processo riformatore, in
ordine al quale non potete dire che non abbiamo compiuto lo sforzo
di avanzare, con intento costruttivo, proposte ragionevoli con i
nostri disegni di legge, i nostri emendamenti, i nostri
interventi, il nostro contributo organico al dibattito complessivo
rappresentato dalla «bozza Amato».
Capisco che a voi forse, almeno per ora, potrebbe essere
più comodo, anche per mascherare le vostre incertezze e divisioni,
continuare a sostenere che l’opposizione sa solo demolire e
distruggere. Ma questo può convenire solo a voi, sicuramente non
al Paese. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e del senatore
Michelini. Congratulazioni).
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