SENATO DELLA REPUBBLICA
—————— XIV LEGISLATURA ——————
276a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
MERCOLEDÌ 13 NOVEMBRE 2002
(Antimeridiana)
D'ANDREA (Mar-DL-U). Signor Presidente, intendevo
svolgere questa dichiarazione di voto sull'articolo 7 già prima
che il Presidente della Commissione bilancio ci fornisse alcuni
elementi di valutazione integrativi rispetto alle questioni
sollevate con tanta efficacia in Aula dal collega Morando. Devo
dire che il suo intervento mi ha rafforzato nella convinzione che
quella che la Commissione bilancio ha verificato per questo
provvedimento di riforma è una copertura inefficace. È una
copertura poco credibile sia dal punto di vista della nuova legge
di contabilità di Stato, sia dal punto di vista dei vecchi criteri
che la Commissione bilancio aveva assunto come riferimento per le
determinazioni e valutazioni di sua competenza.
Nonostante il garbo e
l'amabilità con cui il collega Azzollini ha voluto svolgere le sue
argomentazioni tenendole insieme come in un ricamo, per cercare di
facilitare l'approdo finale di questo provvedimento, ci troviamo
di fronte ad un disegno di legge che risulta privo di contenuti
innovativi, capaci di determinare effetti positivi nella vita
della scuola italiana.
La finanziaria infatti
non aggiunge nulla ad una copertura meramente formale, che è
costretta invece a fare i conti con lo svuotamento dell'articolato
approvato, al fine di sterilizzarne l'effettivo contenuto
normativo, cioè quanto potrebbe esservi di finanziariamente
rilevante, perché diversamente no ci sarebbe la copertura
finanziaria necessaria; oppure è costretta a ripiegare su dizioni
ambigue e imprecise, come accade all'articolo 7, per rinviare ad
una sequenza contabile del tutto virtuale, una specie di catena di
Sant'Antonio sulla quale è davvero arduo scommettere. Abbiamo
proposto, con i nostri emendamenti a questo articolo e con quelli
presentati all'articolo 1, di uscire da questa difficoltà, ma
abbiamo trovato un riscontro negativo nel Governo e nella
maggioranza.
Signor Presidente, l'aleatorietà
della copertura è del tutto coerente con la debolezza
dell'impianto complessivo, che viene stretto tra la facoltatività
dell'anticipo e la levità di un quinto anno posticcio. Una
siffatta copertura finanziaria, insieme con la previsione di una
delega tanto generica e indeterminata, svaluta inesorabilmente
questo provvedimento. Quella che stiamo varando non è una riforma,
è solo un annuncio propagandistico; perché è solo propaganda
prefigurare pomposamente una nuova architettura del sistema di
istruzione e formazione, sapendo che non ci sono risorse per darvi
attuazione.
Le cosiddette azioni
positive della riforma, a prescindere dal contenuto che non
condividiamo, non avranno pressoché alcuna possibilità di
dispiegare effetti concreti in tempi ragionevoli. La scuola
continuerà a restare sospesa a mezz'aria, chissà per quanto tempo
ancora.
Le uniche previsioni
normative che troveranno applicazione immediata sono quelle che
abrogano, quasi con furia iconoclasta, nelle ultime due righe
dell'articolo 7 - ed è qui proprio il caso di dire in cauda
venenum - la legge n. 30 del 2000 sui cicli scolastici e la
legge n. 9 del 1999 sull'obbligo scolastico, oppure quelle che
destrutturano anche quanto restava di buono nel sistema scolastico
italiano, come la scuola media unica per tutti, obbligatoria fino
a 14 anni - grande conquista delle riforme degli anni '60 - e la
nuova scuola elementare dei moduli, o anche quelle che infliggono
colpi mortali all'autonomia scolastica, a dispetto della sua
costituzionalizzazione; un'autonomia costretta nella tenaglia di
un dirigismo ministeriale, che lascia vistose tracce nella
definizione dei nuovi programmi, e di "quote regionali" ipotecate
come luogo di smercio a buon mercato di una "controstoria
d'Italia" in salsa padana, così come è stato richiesto il 4
novembre da un collega deputato in polemica con le dichiarazioni
rilasciate dal Presidente della Repubblica sulla storia che
unisce.
Complimenti, colleghi
della maggioranza! Avete mantenuto così l'impegno assunto in
campagna elettorale di cancellare la vituperata legge
Berlinguer-De Mauro, ma non avete onorato l'impegno di raccogliere
la sfida per la riforma della scuola e di pilotarla verso il
futuro. Avendo innestato la retromarcia siete andati anche troppo
indietro, fino a cancellare i contenuti qualificanti delle riforme
degli anni '60 e '70, fino a mettere a rischio l'autonomia, ed ora
rischiate di non riuscire a fermarvi.
Signora Ministro, altro
che guardare al futuro, qui torna solo il passato; altro che
riformismo, qui si tratta di una restaurazione in grande stile,
che può rassicurare qualche spirito nostalgico e passatista, ma fa
perdere al nostro Paese il treno della storia.
Se fossimo in un’aula
scolastica e non in un’Aula parlamentare, sarei indotto a dire che
questi sembrano gli effetti dei nuovi programmi formato Lega-AN,
che il senatore Valditara ha chiosato puntigliosamente dalle
colonne de "Il Secolo d’Italia" e che i "Bossi boys" hanno
suggerito con le loro temerarie incursioni nella storia del
Risorgimento nazionale: ridimensionare la linea
giacobino-napoleonica e rilanciare la prospettiva
legittimistico-reazionaria; una parola d’ordine che evidentemente
è più semplice da adottare come programma politico che come
programma di storia.
A ben guardare, il
cerchio politico-culturale si chiude così bene da alimentare
persino il cattivo pensiero che il ministro Tremonti abbia scelto
di non allargare i cordoni della borsa per cogliere proprio questo
risultato.
A lei, signora
Ministro, a voi, colleghi della maggioranza, l’arduo compito di
dimostrare che così non è. Noi, anche per evitare di risultare
conniventi con tale disegno pernicioso, voteremo con grande
convinzione contro questo articolo 7. (Applausi dai Gruppi
Mar-DL-U, DS-U e Misto-Com).
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