Prot.n. 5921
Roma, 22 giugno 2005
All’On.le Ministro
S E D E
OGGETTO: Documento di contributo su “ Schema di decreto legislativo concernente le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53”
Adunanza del 22 giugno 2005
VISTA la relazione della Commissione consiliare istituita per l’esame istruttorio in merito
all’argomento specificato;
VISTI gli artt. 24 e 25 del D.L.vo n. 297 del 16 aprile 1994;
dopo ampio e approfondito dibattito
il proprio contributo nei seguenti termini:
Il CNPI con questo documento intende portare all’attenzione dei decisori politici questioni afferenti la riforma del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di istruzione e formazione professionale e decide di farlo adottando il metodo dell’analisi, ovvero dell’esame comparato tra il testo dello schema del decreto legislativo e le norme di riferimento di cui alla legge 28 marzo 2003, n 53.
Nessun altro giudizio di merito, dunque, circa l’impianto generale dei nuovi ordinamenti (al riguardo il consiglio conferma le valutazioni già esplicitate con pronuncia di propria iniziativa in data 10 aprile 2002) , quanto piuttosto il proposito di concorrere al miglioramento della qualità del sistema educativo dell’istruzione e della formazione.
Ed è in tale prospettiva che il CNPI fa innanzitutto rilevare come dal processo di riforma siano stati ancora una volta esclusi i docenti, i genitori e gli alunni. Costoro infatti hanno avuto modo di accedere solo al testo della prima bozza di decreto legislativo, quella del 17 Gennaio, ma non a quelle successive. Eppure da quella prima bozza, a quella portata in Consiglio dei Ministri molte modifiche sono state apportate ed alcune di significativa rilevanza. Ed è quanto ha potuto rilevare il CNPI che ha avuto a disposizione tutte le bozze del decreto legislativo ed ha fruito dei chiarimenti e delle precisazioni che il Capo dell’Ufficio Legislativo e il Direttore Generale degli Ordinamenti Scolastici prima in audizione e, successivamente con nota scritta, hanno voluto assicurare.
Ciò detto, il CNPI precisa che fa riferimento allo schema di decreto legislativo che, se pure considerato dagli estensori come pressoché definitivo, non sembra essere l’atto terminale del processo di adeguamento legislativo alle norme quadro di cui alla legge 28 marzo 2003. A tutt’oggi non sono state infatti definite le modalità di valutazione dei crediti ai fini dei passaggi tra i percorsi del sistema dei licei; le modalità di riconoscimento tra i crediti acquisiti nei percorsi liceali e quelli acquisiti nei percorsi di istruzione e formazione professionale ai fini dei passaggi dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e formazione professionale e viceversa; la quota orario del curricolo obbligatorio spettante alle regioni ed ancora non sono stati indicati né i nuclei essenziali dei piani di studio, né gli standard minimi formativi.
Tutte materie queste da regolamentare nei termini previsti all’art 7 della legge 28 marzo 2003, n.53, e di conseguenza tali da richiedere il raggiungimento di una intesa tra Stato e Regioni nel rispetto delle specifiche loro competenze e delle distinte potestà legislative (allo stato attuale non risulta attivato neppure il necessario confronto). Intanto, proprio l’importanza che dette materie rivestono nell’ambito del secondo ciclo del sistema educativo, porta il CNPI a ritenere che sarebbe stato opportuno procedere all’attività regolamentare di concerto con quella legislativa. Ma così non è stato, sicché sembra quanto meno aleatoria, se non addirittura velleitaria, la previsione di avviare la riforma del secondo ciclo del sistema educativo a cominciare dall’anno scolastico 2006/07 .
Il CNPI manifesta perplessità circa la legittimità formale degli atti: di quelli coessenziali alla sua approvazione e di quelli conseguenti alla sua approvazione e lo fa nella convinzione che una eventuale provvisorietà d’impianto delle procedure e delle modalità attuative possa generare non solo un lungo e problematico contenzioso, ma addirittura l’inapplicabilità del dettato di legge.
Rilevato che gli allegati – da C1 a C8 – contenenti ”le indicazioni nazionali” hanno carattere permanente, il CNPI sostiene la necessità che vengano seguite al riguardo le procedure previste dall’art. 8 del DPR 8 marzo 1999, n. 275 e rivendica con forza il proprio ruolo, esplicitamente previsto dalle norme, da concretizzarsi mediante l’espressione del formale parere “obbligatorio”.
Al riguardo è stato già rilevato come la mancata regolamentazione di materie ricadenti nell’ambito della legislazione concorrente possa far registrare notevoli ritardi nell’applicazione del decreto legislativo in esame; passando poi all’esame dei percorsi di studio ed alle indicazioni fornite per la loro attivazione è possibile constatare come anche in questo caso, se non in misura ancor più significativa, gli aspetti formali si intreccino con quelli sostanziali, al punto da incidere sulla normale attività didattica e sui destini dell’intero processo di riforma.
Il riferimento è al capo II art. 2, comma 2, ossia alla previsione di introdurre le indicazioni nazionali e gli obiettivi di apprendimento relativi alle singole materie di studio, senza aver prima definito le nuove classi di concorso e quindi ridisegnato l’intero quadro degli insegnamenti in coerenza con le vigenti disposizioni in materia di costituzione degli organici e di contratto regolamentante il servizio dei docenti.
E’ appena il caso di ricordare come l’introduzione di nuove discipline di studio, al pari della definizione dei nuovi quadri orari delle materie di insegnamento, e della loro articolazione in materie obbligatorie, obbligatorie a scelta dello studente e facoltative, appaiono inconciliabili con gli attuali modelli di classificazione e di organizzazione degli insegnamenti per cui appare quanto meno azzardata la pretesa di innestare le novità che esse comportano sull’attuale impianto degli insegnamenti.
Intanto proprio il ricorso a posticce e pasticciate soluzioni ha determinato non poche difficoltà ed intralci già nell’attuazione della riforma del primo ciclo del sistema educativo, per cui il CNPI chiede che in vista dell’attuazione della riforma della secondaria di secondo grado si eviti il ricorso a percorsi improvvisati e che le indicazioni nazionali siano sottoposte al vaglio degli organi competenti ai sensi dell’art 11 del DPR 8 marzo 1999, n 275 e sostiene che l’eventuale ricorso a docenti con funzione tutoriale avvenga secondo modalità contrattualmente definite.
In relazione al capo IV “raccordo e continuità tra il primo e secondo ciclo”, il CNPI, nel convenire circa l’importanza che riveste la continuità didattica e formativa ai fini della qualificazione dell’offerta formativa, non riscontra esserci il necessario raccordo tra il titolo del “capo “ e i contenuti di cui agli art. 23 e 25.della bozza.
Infatti, il contenuto di detti articoli consta di una serie di proposte di modifica al decreto legislativo n. 59/2004; modifiche che, come già questo Consiglio ha avuto modo di evidenziare nella pronuncia del luglio 2004, per essere approvate, dovrebbero seguire l’iter di cui all’art 1 comma 4 della legge 28 marzo 2003, n 53 e non certo quello proposto che appare in sé improprio, dai tempi presumibilmente più lunghi e dall’esito potenzialmente incerto.
Per quanto attiene poi il merito delle modifiche avanzate, il CNPI condivide la tendenza a ridurre l’orario opzionale facoltativo per lo studente e ad aumentare parallelamente quello obbligatorio, ma stigmatizza il fatto che il riadattamento dell’orario possa avvenire in termini ancora troppo contenuti e solo limitatamente all’insegnamento di strumento musicale, di inglese e della seconda lingua straniera. Non pare, invece, corretta la procedura di modifica delle indicazioni nazionali relative agli obiettivi specifici di apprendimento per l’inglese nella scuola primaria e per la seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado di cui agli allegati B e C e quelle per le scienze contenute nell’allegato C del decreto legislativo 59/2004, pur se di dette modifiche ne condivide il merito. Si tratta infatti di modifiche che, inevitabilmente, entreranno in vigore quando la riforma sarà “a regime” nell’intero primo ciclo e che esplicitano una illegittima pretesa: la volontà di sostituire contenuti disciplinari all’interno di una procedura adottata in via provvisoria , anziché agire nel rispetto delle procedure fissate dal “regolamento” da adottare anche ai sensi del DPR 8 marzo 1999, n 275 .
Il CNPI considera, inoltre, incomprensibile ed inaccettabile il fatto che all’interno del previsto “raccordo di continuità” non abbia trovato il giusto rilievo la problematica dell’orientamento tra il primo e il secondo ciclo essendo indispensabile consentire agli studenti, ancor più in questa fascia temporale, scelte consapevoli e adeguate al loro sviluppo, così come non accetta che si continui ad ignorare la necessità della definizione di una “area tecnologica”, essendo questa fondamentale sia ai fini dell’orientamento, sia in vista della realizzazione dell’alternanza scuola lavoro nel secondo ciclo.
Il nostro sistema sociale sembra tendenzialmente caratterizzato dalla domanda generalizzata e diffusa delle conoscenze utili a fare della persona un cittadino attrezzato sul piano professionale, consapevole dei propri diritti e dei propri doveri, in grado di leggere e di interpretare le dinamiche socio – economiche nella loro articolazione.
Appare pertanto utile la realizzazione di una autentica interazione tra le politiche del lavoro, dell’istruzione e della formazione professionale, sulla base di una progettualità formativa capace di superare la ancora esistente separazione tra il conoscere ed il fare, tra l’assetto teorico delle materie di insegnamento ed i loro campi di applicazione, per fare della scuola il luogo privilegiato dell’educazione integrale e del libero apprendimento. Ciò a significare che l’unitarietà d’impianto del nuovo sistema ordinamentale è una condizione ineludibile di qualità e che la pluralità e la diversità delle opzioni devono trovare un chiaro fondamento ed una puntuale ispirazione nella funzione istituzionale della scuola.
In tal senso desta forte preoccupazione il fatto che, all’indomani dell’approvazione del decreto legislativo n. 76 /2005 sul diritto – dovere all’istruzione e alla formazione, non siano stati definiti i livelli essenziali di apprendimento e di competenze da garantire a tutti gli studenti.
D’altronde, solo affermando e garantendo la pari dignità di tutti i percorsi formativi, sarà possibile fare della cultura del lavoro un fattore di promozione sociale e raccordare le politiche della riforma del secondo ciclo dell’istruzione con il processo di innovazione della formazione, così come indicato dall’Unione europea ed auspicato da buona parte della società civile.
Lo schema di decreto pare, invece, presentare una certa separazione tra il sistema dei Licei e quello della formazione professionale, ponendo così in essere non solo una possibile declassificazione della formazione professionale che, nella fattispecie, rischia di rimanere schiacciata sotto il peso di esigenze ed istanze meramente localistiche, ma anche una configurazione ibrida del sistema dei licei e del cosiddetto sistema duale nel suo complesso.
Pare esserci, infatti, anche alla luce dell’art.2, comma 7 e dell’art. 10, comma 2 dello schema in esame una oscillazione circa la caratterizzazione dei licei ad indirizzo tecnologico ed economico, dal momento che detti licei, per un verso, hanno carattere propedeutico al prosieguo degli studi, per altro verso vanno assumendo carattere di terminalità. Aspetti questi che, per l’intreccio esistente tra l’istituzione dei licei di indirizzo, la nuova configurazione della formazione professionale ed il destino degli attuali istituti tecnici e professionali rendono l’impianto riformistico complicato e complesso, se non addirittura di difficile interpretazione.
Non c’è dubbio che la qualità dell’offerta formativa, nei termini in cui attualmente viene intesa, è ben diversa da quella richiamata da una scuola incardinata nell’apparato burocratico dell’amministrazione centrale e vincolata all’osservanza dei programmi di studio.
La scuola si configura oggi come un’organizzazione complessa, con fini formativi ed educativi, che ha il compito di assicurare la piena realizzazione della persona attraverso le prestazioni di docenti agenti in un ambito di libertà giuridicamente riconosciuta e sulla base di un’azione caratterizzata dalla collegialità, dalla corresponsabilità e dalla condivisione delle decisioni, in materia di progettazione e di programmazione didattica, in raccordo con le esigenze e le istanze poste dalle rappresentanze sociali e dalle famiglie.
Ed è alla luce di tali considerazioni che la qualità dell’istruzione è identificabile con la capacità che ha la scuola di intercettare la domanda formativa nella sua formulazione sia individuale che sociale e di conseguenza con la ideazione e realizzazione del piano dell’offerta formativa, quale elemento di interazione tra istruzione, formazione ed educazione, tra istanze del territorio e finalità istituzionali del sistema.
Al riguardo il comma 9 dell’art 21 della legge 15 marzo 1997, non ammette dubbi:
“L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti.”
Ed è in ragione delle finalità che le istituzioni scolastiche e formative perseguono e del significato che esse assumono all’interno del processo di innovazione in atto, che il CNPI nel convenire circa la previsione di estendere il sistema dei poteri e degli spazi di azione delle istituzioni scolastiche autonome alle istituzioni formative, sostiene la necessità di interventi volti a garantire:
Il CNPI nell’affermare il proprio interesse alla costituzione di centri scolastici polivalenti (Campus) in cui possano confluire soggetti diversi, al fine di rispondere all’esigenza del territorio con un’offerta formativa ricca e articolata, rileva come la formulazione dell’art. 1 – comma 14 – non configuri assolutamente tale scenario. Infatti, nell’articolato si prevede prima la individuazione di un centro polivalente “Campus” con struttura flessibile organica in grado di offrire differenti opportunità di istruzione e formazione; poi si prevede che ognuno dei percorsi allocati al suo interno possieda una propria identità ordinamentale e curricolare, assumendo durata e graduazione corrispondenti alla tipologia e al compito; concetti questi che paiono in contrasto tra loro. Non si fissano le regole in base alle quali istituzioni scolastiche che rispondono una allo Stato e una alla Regione, possano giuridicamente e normativamente convivere, non tanto in uno stesso edificio, quanto in una struttura articolata in cui pare facile prevedere conflitti di competenze e una latente potenziale conflittualità.
Particolarmente inaccettabile è poi, a parere del CNPI, la previsione che sia un decreto di concerto tra i Ministri dell’istruzione - università - ricerca e dell’economia - finanza, e quindi di esclusivo livello centralistico, a stabilire la trasformazione degli attuali istituti di istruzione secondaria superiore in centri polivalenti (Campus) invadendo e prevaricando sia le competenze delle istituzioni scolastiche autonome, sia quelle del livello regionale/provinciale.
Non può essere il pregiudizio di ieri, centrato sulla separazione tra istruzione e formazione, né il tentativo, sempre attuale, di subordinare il sistema educativo alla domanda del mercato del lavoro il parametro di riflessione e di confronto su cui costruire la politica scolastica.
La Commissione europea per l’istruzione ha rilevato come l’investimento nel capitale umano contribuisca in modo significativo alla crescita della produttività e di conseguenza ha invitato i singoli Stati membri a riesaminare l’investimento pubblico e, ove necessario, ad aumentarlo per evitare situazioni di sottofinanziamento che potrebbero pregiudicare non solo la qualità e l’attrattiva dei suoi sistemi di istruzione e formazione, ma anche il raggiungimento di obiettivi interni dell’Unione europea e la sua competitività internazionale.
Sarebbe pertanto una prova di miopia politica l’avventurarsi in una gestione del solo esistente, così come sarebbe una chiara espressione di inefficienza il limitarsi ad indirizzare in altri settori, e non nella scuola, le risorse umane e finanziarie eventualmente eccedenti e non procedere ad una riorganizzazione del sistema dell’istruzione e della formazione che sia finalmente in linea con gli indicatori ed i parametri europei di qualità .
Al riguardo l’Italia fa registrare un preoccupante ritardo.
Eppure, la scuola e la formazione sono una risorsa strategica: “nel mondo complesso è necessario un surplus di sapere, che porti ad integrazione il sapere cognitivo, il sapere professionale e quello relazionale; un’integrazione simultanea, rispettosa del fondamento epistemico delle materie d’insegnamento, ma anche dei diversi contesti e stili di apprendimento, tale cioè da consentire il governo dei continui cambiamenti che caratterizzano la nostra società”.
Occorre di conseguenza considerare il lavoro dei docenti in prospettiva diversa, collocarlo funzionalmente nella scuola dell’autonomia, valutare il livello culturale richiesto dai nuovi impegni professionali che si sviluppano lungo tutto l’arco della attività scolastica e quindi procedere ad una reinterpretazione ed attualizzazione della cultura dell’investimento delle risorse quale manifesta volontà del Governo ad assumere il sistema educativo dell’istruzione e della formazione come una priorità da trattare con costanza e coerenza d’impegno.
In tale prospettiva il finanziamento del piano programmatico di interventi finanziari di cui all’art. 1, comma 3 della legge 28 marzo 2003, n.53 si impone quale condizione essenziale per la realizzazione di una azione di politica scolastica in grado di garantire margini di eccellenza e di indubbia qualità al sistema educativo ed il CNPI non può non sottolineare come l’insufficienza delle risorse economiche, di concerto con l’evidente incongruità esistente tra le finalità del sistema educativo di cui all’art 2 comma 1 della legge 28 marzo 2003, n.53 e la previsione di confermare – stante l’art.27 della bozza di decreto legislativo in esame – “la consistenza numerica della dotazione dell’organico di diritto del personale docente … nelle quantità complessivamente determinate per l’anno 2005/06”, gravino sui futuri destini della riforma degli ordinamenti.
L’impianto formativo del secondo ciclo fa riferimento alle conoscenze organizzate su base disciplinare per tracciare percorsi formativi che, attraverso la pratica dell’interdisciplinarietà, consentano agli allievi di pervenire “ad una visione unitaria di sé, degli altri, della cultura, del mondo”. D’altronde, passare da un’istruzione primaria ad una secondaria significa, per gli studenti, “sapersi avvalere dei modelli organizzativi delle conoscenze che vanno sotto il nome di discipline o materie di insegnamento, per acquisire il loro statuto epistemico, la loro metodologia d’indagine e maturare attraverso la elaborazione concettuale e la interiorizzazione delle prospettive culturali che esse disegnano quello spirito critico e quella autonomia di giudizio in grado di affrancare l’uomo da ogni sorta di dipendenza ideologica”.
In ragione di tale premessa, il CNPI rileva come il prospettato quadro orario degli insegnamenti rischia di vanificare la portata formativa delle materie di studio che, vincolate ad un monte orario insufficiente, non possono essere oggetto né dei necessari approfondimenti, né di una esaustiva assimilazione. In questa logica è inaccettabile la previsione di insegnamenti disciplinari con a disposizione solo trentatre ore annue.
Ne consegue la necessità di rivedere il quadro orario degli insegnamenti, provvedendo a:
1. l’orario annuale delle attività e degli insegnamenti facoltativi, dal momento che questo è previsto, a cominciare dal primo anno, per tutti i licei, tranne che per quello artistico ed economico. Ciò è particolarmente significativo, per via del fatto che a tale orario si deve ricorrere anche per realizzare le attività di recupero degli allievi;
2. la norma per cui gli istituti nella loro autonomia possono ripartire diversamente il monte ore complessivo del quinquennio relativo alle attività e insegnamenti facoltativi, nonché incrementarlo nei limiti delle loro disponibilità di bilancio, facendo detta norma riferimento a tutti i licei, tranne che a quello artistico e tecnologico;
3. l’insegnamento di una seconda lingua straniera, oltre all’inglese, in quanto detta previsione non può avere seguito nel liceo classico, dove la seconda lingua è collocata tra le attività e gli insegnamenti facoltativi.
Il CNPI ritiene altresì che debbano essere affrontati e portati a soluzione questioni di significativa rilevanza quali:
1. Il raccordo tra il sistema dei Licei e gli studi superiori. Lo schema di decreto desta infatti non poche perplessità dal momento che si riconosce, in termini espliciti, ai soli studenti del liceo classico l’accesso qualificato ad ogni facoltà universitaria.
La valutazione degli alunni nel sistema dell’istruzione. La formulazione di cui all’art.13 presenta in sé una contraddizione perché per un verso richiama la collegialità, come elemento costitutivo della valutazione degli alunni, per altro verso sembra escluderla. Detta contraddizione è accentuata da quanto previsto per il canale della formazione professionale all’art. 20 che, ai fini della valutazione, prescrive la collegialità.
La fonte di finanziamento cui gli istituti potranno attingere qualora volessero stipulare contratti di diritto privato con esperti in possesso di adeguati requisiti tecnico - professionali. Al riguardo l’art.13 dello schema di decreto non porta alcuna indicazione.
La individuazione delle condizioni utili alla collocazione nell’orario obbligatorio dell’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua inglese e/o in una seconda lingua europea (art.12, comma 4. ), dal momento che nulla si dice a riguardo dei requisiti che gli insegnanti affidatari di detto insegnamento debbano possedere e nessuna indicazione è data a proposito dei modelli organizzativi cui attenersi.
La durata del cosiddetto “periodo didattico” di cui all’art.12, c.3 dello schema di decreto. Nello specifico è indispensabile evitare equivoci, vista la presenza di molti docenti nelle classi sia iniziali che terminali del secondo ciclo e considerato il loro diritto alla mobilità, nei termini delle vigenti disposizioni.
Il pieno riconoscimento del diritto degli alunni portatori di handicap alla costruzione e realizzazione di un pecorso formativo confacente ai propri interessi ed alle proprie aspettative. In tal senso si rende necessario prevedere già nell’ambito delle prestazioni da garantire in coerenza con le disposizioni di cui all’art 3 comma 1, lett. m, della legge 18 ottobre 2001, n 3, una norma di salvaguardia che tuteli i soggetti portatori di handicap sia nel sistema dell’istruzione, sia nel sistema della formazione professionale.
La definizione degli organici del personale docente ed ATA , a tutela del diritto allo studio degli alunni ed a garanzia della qualità dell’offerta formativa. Al riguardo il CNPI fa notare come la norma di cui all’art.27 dello schema di decreto non tenga conto di una possibile variazione dell’attuale domanda formativa e non prenda in considerazione il fatto che il numero degli alunni, considerato il processo di immigrazione in atto, è destinato ad aumentare. Sarebbe, pertanto, opportuno considerare, nella fase transitoria, l’attuale organico come tetto minimo del personale di cui disporre e quindi suscettibile di un possibile incremento.
La regolamentazione delle attività e degli insegnamenti previsti nell’area opzionale obbligatoria ed in quella facoltativa, nell’ottica della salvaguardia dell’autonomia progettuale delle scuole e del diritto – dovere dei docenti a costruire percorsi formativi coerenti con le finalità istituzionali del sistema educativo.
La definizione delle azioni di competenza dell’INVALSI a riguardo delle prove di esame di Stato, onde evitare sovrapposizioni con quelle riconosciute alle istituzioni scolastiche e formative e pervenire ad una valutazione degli alunni in coerenza con i percorsi di studio effettivamente compiuti.
In relazione ai contenuti dell’art. 31 (norme finali), il CNPI rileva prioritariamente l’inaccettabile assenza di ogni riferimento alla formazione in servizio, elemento indispensabile per adeguare le professionalità esistenti alle innovazioni in atto e per ottimizzare l’utilizzo delle risorse all’interno dell’area docente per le nuove funzioni legate ai processi di cambiamento. Pertanto si respinge l’ipotesi di trasferire il personale docente in maniera obbligata e imposta, in altri comparti della Pubblica Amministrazione. Non si condivide, altresì, la previsione di investire risorse, di cui vi è assoluta carenza, in operazioni di riconversione finalizzate all’uscita dal Comparto scuola.
Le riflessioni e le considerazioni innanzi fatte, per la loro formulazione e significato, rivestono un indubbio carattere interlocutorio. E non può essere altrimenti, considerate le numerose tappe da compiere prima che lo schema di decreto in esame sia definitivamente approvato e la riforma della scuola secondaria di secondo grado pienamente attuata. Nessuna conclusione dunque, ma solo il richiamo all’esigenza di assicurare e garantire l’unitarietà del sistema educativo sulla base di un convinto e diffuso consenso dei soggetti dell’educazione e di una organica e sistemica strutturazione dei percorsi di studio.
In tal senso assumono carattere dirimente i principi ed i criteri direttivi di cui all’art. 2 della legge 28 marzo 2003, n.53 e con essi gli obiettivi specifici di apprendimento che per loro esplicita funzione valgono come organizzatori di esperienza e di conoscenze, ovvero come condizioni atte a consentire una strutturazione delle conoscenze in coerenza con le esigenze degli alunni e l’assetto epistemico delle diverse materie di studio.
Desta pertanto perplessità e per certi versi sconcerto il fatto che al momento il quadro degli obiettivi specifici di apprendimento si presenti alla stregua di una mera elencazione di contenuti disciplinari, mancando del tutto ogni riferimento ai quadri orario degli insegnamenti ed alle finalità educative che la scuola per dettato costituzionale persegue.
Con questo non si vuole limitare né circoscrivere l’azione riconosciuta alle istituzioni scolastiche autonome, né alterare il significato che la progettazione formativa riveste ai fini della personalizzazione dei piani di studio, ma solo sottolineare come i contenuti disciplinari non siano una variabile indipendente nel processo di istruzione e formazione, quanto piuttosto un fattore funzionale al perseguimento degli obiettivi e delle finalità che il sistema dell’istruzione e della formazione si vorrà dare.
Il CNPI, nel rivendicare il proprio ruolo e nell’assumere l’impegno ad un esame puntuale ed analitico degli obiettivi specifici di apprendimento predisposti per il secondo ciclo dell’istruzione e dell’istruzione e formazione professionale, ritiene pertanto indispensabile richiamare ancora una volta l’obbligo fatto ai decisori politici ad un approccio sistemico ai problemi dell’istruzione e della formazione professionale, nell’intento di contemperare il diritto soggettivo alla personalizzazione dei percorsi di studio con il diritto oggettivo al raccordo dei percorsi di studio con i valori socialmente condivisi e con i modelli organizzativi del lavoro.
Il Segretario Il Vice Presidente
Maria Rosario Cocca Mario Guglietti