Comunicato stampa di Enrico Panini
Segretario generale Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil
A scorrere nei giornali le diverse dichiarazioni dei rappresentanti del Governo non si può non constatare amaramente che i settori della conoscenza (arte, ricerca, scuola, università) sono ormai scomparsi anche dalle citazioni di rito, mentre ad oggi è confermato che questi settori pagheranno un pedaggio pesante alla Finanziaria, con soluzioni tutte puntate al taglio delle risorse e del personale senza alcuna scelta di riforma e di sviluppo, senza alcun aggancio fra il loro ruolo e le politiche di sviluppo.
E’ come se il rapporto fra sviluppo del Paese, innovazione, conoscenza ed investimenti non investisse il Governo nel suo insieme.
Dai mezzi di informazione si apprende che su questi settori dovrebbe concentrarsi un taglio superiore ad un miliardo di euro.
Le modalità attraverso le quali si realizzerebbe questo obiettivo delineano di volta in volta ricette una più grave dell’altra, senza tacere che le ripercussioni sull’insieme del Paese, oltre che sul sistema dei diritti, risulterebbero inaccettabili.
I lavoratori che operano nell’arte, nella ricerca, nella scuola e nella università, con una battaglia durata cinque anni, hanno riconsegnato al Paese e alla maggioranza eletta dai cittadini settori tutt’altro che ridotti ad un cumulo di macerie, grazie alla strenua difesa dei loro livelli di qualità messa in campo contro le politiche del precedente Governo.
I lavoratori di questi settori hanno dato un sostegno al programma delle forze che compongono la maggioranza con un consenso che sfiora l’80%.
Oggi cresce la delusione ed una forte insofferenza verso segnali che, se confermati, risulterebbero in assoluta continuità con una politica di tagli già conosciuta.
Ma il tema è ancora più di fondo ed attiene alla qualità dell’insieme della manovra.
E’ infatti evidente che parlare di sviluppo e di qualità per il Paese mentre si tagliano settori che sono il primo bacino per queste scelte significa assumere politiche di corto respiro ed andare verso una situazione di non ritorno per il nostro Paese rispetto al contesto mondiale, addirittura ben più grave ancora della grave situazione economica che abbiamo ereditato.
E’ evidente che, se non si cambia registro, lo scontro sarà inevitabile.
Roma, 2 settembre 2006