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Il giudizio della Corte dei Conti per la scuola. Legge 53 senza adeguata copertura finanziaria. Diffusione di documenti di bilancio "non del tutto corrispondenti alla realtà dei fatti".

Dai conti dello Stato per il 2005 la Corte dei Conti svela le bugie dell'ex ministro dell'istruzione.

La Corte dei Conti ha pubblicato sul proprio sito la relazione annuale sul bilancio dello Stato per il 2005. Una parte consistente di questa relazione, oltre 200 pagine, è dedicata al bilancio del Miur. I «tumulti contabili» di questi giorni, legati alla approvazione della finanziaria, ci hanno spinto a pubblicare una sintesi di quelle che sono state le valutazioni critiche della Corte sui piani finanziari che dovevano sostenere le leggi Moratti.

Il giudizio che se ne ricava è il seguente: tutti i settori della conoscenza hanno subito tagli e «molestie burocratiche» camuffate da riforme. Gli sprechi si annidavano nell’apparato amministrativo del Miur, nelle consulenze esterne e non nelle spese di personale. Le mancate assunzioni hanno depauperato irrimediabilmente il patrimonio professionale del sistema della conoscenza. Ci sembra che la relazione della Corte dei Conti fornisca argomentazioni sufficienti per fermare la deriva negativa che ha investito finora i settori della conoscenza.

Pubblichiamo una prima sintesi sul piano finanziario legato alla Legge 53. Nei prossimi giorni pubblicheremo un documento analogo per l’università e la ricerca.

Roma, 29 settembre 2006
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LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE...

Non è passato nemmeno un anno da quando “qualcuno” approfittando del potere derivante dal possesso dei mezzi di informazione presentando dossier dal titolo “quante bugie sulla scuola” poteva permettersi di accusare chi come noi faceva controinformazione.
Finalmente è ora evidente che a dire le bugie sulla scuola non siamo stati noi, ma l’ex Ministro Moratti.
A smascherarla è stata la Corte dei Conti che ha svelato l’arcano che si nascondeva dietro i giri e gli artifici contabili del Miur.

Il 28 giungo scorso la Corte dei conti ha fornito alle più alte cariche dello Stato il suo giudizio di parificazione del Rendiconto generale dello Stato relativo all’esercizio finanziario 2005.

Da questo risulta che le leggi Moratti erano state progettate senza un piano finanziario che le sostenesse e votate da un Parlamento che non si era reso ben conto di quel che approvava.
Il giudizio complessivo che emerge da questo rendiconto è preoccupante per le conseguenze di questi ultimi cinque anni.

Saranno necessari sforzi considerevoli e cambiamenti radicali per arrivare a una sana e buona gestione della scuola pubblica.Ma bisogna avvertire di una cosa: i profondi guasti prodotti non possono essere sanati ancora una volta dalle scuole e dai lavoratori. A questo proposito la scuola ha già dato. La soluzione va trovata nell’abrogazione della legge 53 e nella ripresa degli investimenti, nella stabilità del personale e nel sostegno all’autonomia scolastica e nella caccia agli sprechi dell’apparato burocratico amministrativo.

Sia detto per inciso, come FLC Cgil abbiamo provato una certa (amara) soddisfazione nel constatare la corrispondenza fra le denunce che abbiamo fatto in passato sull’uso e la destinazione delle risorse e le valutazioni di oggi della Corte sul bilancio del Miur di quell’epoca. Con particolare riferimento alle politiche sul personale e alla mancanza di un piano finanziario a sostegno della legge 53/2003.

Secondo la Corte dei Conti, il Miur fino al 2005, ha gestito in maniera perlomeno poco trasparente la spesa per l’istruzione diffondendo documenti di bilancio “non del tutto corrispondenti alla realtà dei fatti”, con in più la presunzione che le cose si sarebbero avverate per il semplice fatto che erano state sancite per via legislativa. E invece non basta immaginare un progetto di riforma per farlo avverare, bisogna finanziarlo. Ma così non è stato.
In questa maldestra operazione sulla legge 53 il Miur ebbe il sostegno di un Governo che non rispettò neanche la lettura che la Corte Costituzionale aveva dato dei sei decreti legislativi quando si pronunciò sul ricorso presentato dalla regione Emilia Romagna.

Oggi la stessa Corte dei conti nella sua relazione di giugno ha avuto difficoltà a districarsi tra la documentazione contabile per riuscire a capire l’entità (quanto) e i canali (come) con cui il precedente governo aveva finanziato il piano programmatico per l’applicazione della legge 53.
Desta sconcerto leggere quanto scrive a questo proposito: “In conclusione in questo paragrafo si può tentare una valutazione complessiva del congegno finanziario messo a punto per il finanziamento della riforma e sui suoi riflessi di ordine operativo e istituzionale. Esso, come si è visto:
1. demanda la quantificazione dei nuovi oneri e le individuazioni delle relative coperture finanziarie annuali;
2. integra il volume complessivo delle risorse necessarie mediante una diversa utilizzazione dei fondi già esistenti in bilancio;
3. affida la modulazione delle innovazioni ordinamentali ai decreti legislativi entro i limiti consentiti dalle coperture assicurate dai due punti precedenti.
Ne è derivato che la legge delega n. 53 del 2003 non ha avuto come base un effettivo progetto finanziario, ancorché prevedesse l’approvazione di un piano programmatico (art. 1, comma 3). La legge 53 è stata approvata mancando nel Parlamento la piena consapevolezza della dimensione finanziaria espressa dalla innovazione degli ordinamenti che si è inteso introdurre
”.

E ancora: ”dalla relazione tecnica si ricava che le attività di formazione dei docenti, rese necessarie dalle innovazioni introdotte negli ordinamenti didattici, in particolare, per l’insegnamento dell’inglese e l’alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche, hanno trovato supporto finanziario nelle ordinarie dotazione di bilancio e in quota parte del fondo della legge 440/97.Ciò avrebbe dovuto trovare una corrispondenza, secondo una espressa formulazione, del piano programmatico di interventi finanziari, previsto dall’art. 1, comma 3, della legge 53 del 2003”. In pratica la legge 53 si è sostenuta rubando a piene mani nei fondi di bilancio delle scuole e si è ingrassata con i tagli del personale resi evidenti dalla stessa relazione della Corte dei Conti.

Ma leggiamo ancora: “La quantificazione degli oneri determinati dal decreto risulta caratterizzato da una approssimazione in alcuni casi eccessiva e manchevole: ad es. per le spese del personale impegnato nelle attività di tutor”.

Alla fine, con un tono quasi esausto la Corte dei Conti, dopo il riepilogo dei dati di bilancio forniti dallo stesso Miur, si esprime ancora in questi termini:
1. Non è dato conoscere il costo complessivo della riforma che è espresso da fondi diversi, già esistenti in bilancio, e dalle risorse apportate dalle leggi finanziarie. “
2. Non esiste alcun documento di fonte ministeriale che, riferendosi al dato del Piano Programmatico – 4.283 milioni- fornisca la dimostrazione dei mezzi progressivamente convertiti alle esigenze della riforma”
3. Non sono state concesse risorse per lo sviluppo dell’attività motoria e le competenze ludico sportive degli studenti; per il rimborso delle spese di auto aggiornamento dei docenti, per la valorizzazione del personale ata; per l’edilizia scolastica
.
Cosa si deduce da tutto questo? Una politica scolastica contrassegnata dai molti “no” nei confronti di tutto e di tutti: docenti, studenti, ata e autonomia scolastica.

In definitiva la Corte si interroga senza trovare risposta nei documenti di bilancio sull’effettivo costo della legge 53.
Noi, a differenza della Corte crediamo di sapere dove sono stati presi questi soldi: è il prezzo pagato dalle scuole, dai lavoratori e dalle famiglie.

Questi sono i dati che lo confermano:
· 36.000 docenti in meno
· 30.000 ata in meno
· 30% del precariato
· tagli al funzionamento didattico e amministrativo delle scuole che superano il 60%
· meno di 245 milioni di euro per gli stipendi dei supplenti
· tagli del 25% alla legge 440/97
· riduzione delle spese per la formazione (decreti taglia spese).
· raddoppio a carico delle famiglie del costo di iscrizione alle scuole.

Ora bisognerebbe chiedere all’ex ministro che s’indignava un anno fa alla trasmissione “Porta a Porta” sulle menzogne della Cgil: chi ha detto le bugie in questi 5 anni?
La Corte dei Conti lo ha svelato.

Roma, 29 settembre 2006

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