Pubblichiamo, per la rilevanza e l'attualità del tema, l’intervista, apparsa sul quotidiano la Repubblica del 10 ottobre 2006, che il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, ha rilasciato a Roberto Mania.
«La Cgil conferma il suo apprezzamento sul complesso della manovra e sulle correzioni ancora necessarie. Il giudizio è positivo perché c’è una svolta nelle politiche redistributive. C’è uno spostamento di risorse verso il basso della scala sociale che non si può non vedere, anche se non va enfatizzato. Però, per chi guadagna 14-15 mila euro l’anno e ha figli a carico non è proprio poco avere 500 euro in più. Questo è importante, come lo è l’incremento delle risorse destinate allo sviluppo e che non erano previste nel Dpef. Ci sono molti miliardi in più che serviranno per realizzare un primo embrione di politica industriale e per rilanciare il Mezzogiorno dopo che il centro-destra l’aveva abbandonato».
«Non l’ho scritta io perché - ripeto – l’avrei potuto fare meglio. Ognuno deve fare il suo mestiere. Ma la discontinuità sul versante dell’equità sociale e dello sviluppo è evidente».
«Stiamo facendo le riunioni degli attivi unitari, Cgil, Cisl e Uil, e emerge il consenso che io esprimo. Questo non vuol dire che nella Finanziaria non ci siano correzioni da fare».
«I tagli ai Comuni, per l’appunto. I sindaci devono avere la possibilità di poter programmare almeno su un arco triennale i propri investimenti e la riduzione dei trasferimenti non glielo permette; a meno che non ricorrano alle tasse».
«E io non esito a lamentare il fatto che l’Anci (l’associazione dei Comuni, ndr) non abbia cercato, in questa occasione, un rapporto con i sindacati. Con le Regioni non è successo ed è arrivato il patto per il controllo della spesa sanitaria».
«Sono assolutamente d´accordo e l’ho detto fin dall’inizio al tavolo di Palazzo Chigi. Manca una missione che, a mio parere, dovrebbe essere quella di rilanciare la scuola, l’università, la ricerca, la formazione. Doveva essere questo il cuore della manovra, perché è qui che si gioca il futuro del Paese». Invece l´idea che si sta diffondendo è che i sacrifici servano a rinnovare i contratti nel pubblico impiego.«E non è vero, anche se le risorse per i contratti vanno assicurate. Quell´idea finisce solo per corporativizzare le richieste e le lamentele. Ma insisto: per dare un segno politicamente e socialmente più forte alla manovra, per parlare a tutti i ceti produttivi, alle imprese, ai settori più dinamici del Paese, bisognava, e bisogna, puntare sulla scuola, cioè sul futuro».
«Mi pare che la Confindustria e lo stesso Montezemolo stiano cominciando a riflettere. C’è una "pancia" degli industriali, soprattutto nel nord-est, che resiste. Eppure credo che il problema del Tfr possa trasformarsi in un´opportunità, fatto salvo il diritto dei lavoratori di scegliere liberamente dove indirizzare il proprio Tfr, a partire dai fondi integrativi, e trovate le compensazioni per le piccole aziende che avranno più difficoltà ad accedere al credito bancario».
«Penso ad un grande progetto di investimenti materiali, ma soprattutto immateriali. Penso che quelle risorse possano servire per gli interessi nazionali, a cominciare dal bisogno che c´è di puntare sulla formazione dei giovani. Questa è una scommessa per tutti».
«Non riesco a capirne il senso. Le risposte alle nostre richieste, come a quelle degli altri soggetti, devono arrivare dal governo e dalla sua maggioranza senza snaturare l´impianto della manovra, per esempio proponendo il blocco delle finestre per le pensioni di anzianità. Non vorrei che quel tavolo servisse per mettere in difficoltà il governo e peggiorare la Finanziaria che invece va migliorata».
di Roberto Mania