100 anni di conquiste e di lotte, recita il manifesto della CGIL per l’8 marzo 2006, festa internazionale delle donne, ed oggi più che mai è utile ricollegarci ai percorsi di lotta e di conquiste sociali e civili delle donne, messi a rischio dalla politica oscurantista e retriva del governo di centro destra.
Rischiamo seriamente molti passi indietro sul terreno delle conquiste sociali, non soltanto per interventi diretti, come quello sulla legge 194, o sulla fecondazione medicalmente assistita, ma anche per effetto indotto di una legislazione che non favorisce il welfare, scaricando il lavoro di cura sulle donne, o che esalta un familismo conservatore i cui schemi imprigionano le donne nei ruoli di sempre.
E’ espressione del decadimento culturale che tutto questo comporta, la recente sentenza della cassazione che riconosce allo stupratore di una ragazza quattordicenne, le attenuanti dovute alle abitudini sessuali della vittima.
Se pensavamo di aver svoltato rispetto a certi approdi culturali, se pensavamo di aver salvaguardato per sempre i livelli di civiltà faticosamente raggiunti, perlomeno nelle espressioni legislative e nella cultura dominante, dobbiamo ricrederci.
Il rischio di veder riaffacciarsi ed affermarsi vecchi schemi sessisti che tendono a comprimere la libertà e l’autodeterminazione delle donne, è sempre molto alto e richiede la risposta politica delle donne che non è mancata, dopo anni di silenzio e di lavoro di nicchia, nelle grandi manifestazioni di Milano il 14 gennaio e di Napoli il 19 febbraio.
Le origini della festa della donna vengono fatte risalire ad un evento tragico avvenuto nel lontano 1908 quando morirono 129 operaie tessili di un’industria di New York, prigioniere all’interno della loro fabbrica a cui era stato appiccato il fuoco per ritorsione rispetto allo sciopero indetto dalle operaie per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare.
E’ passato un secolo, ma le condizioni di molte donne, del sud del mondo soprattutto, non è cambiata. E’ di sabato scorso la notizia di un incendio in una fabbrica tessile di Chittagong nel Bangladesh, che ha ucciso 65 persone, quasi tutte donne, chiuse dentro dal padrone della fabbrica, per impedire fughe dal lavoro e garantirsi guadagno sicuro e controllo del lavoro.
Anche le vittime più numerose della globalizzazione, che spinge milioni di poveri ad emigrare per inseguire una possibilità di benessere nei paesi dell’Occidente ricco, sono donne, così come sarebbero le donne immigrate nel nostro Paese, le prime vittime di una diminuzione del livello di civiltà e di solidarietà contenuti nella legge 194.
Libertà femminile e laicità, tolleranza e rispetto delle altrui culture, comunicazione e scambio, fanno parte dello stesso paradigma culturale che noi, donne e uomini della FLC Cgil, intendiamo difendere e sviluppare, come donne e uomini appartenenti ad una cultura politico sindacale che ha sempre portato avanti queste istanze, come donne e uomini che lavorano con il bene della conoscenza, per sua essenza stessa ostile all’oscurantismo e ai recinti ideologici.
I luoghi di produzione della cultura, come la scuola, l’università, la ricerca, la formazione in generale, crescono, si sviluppano e danno risultati, se il libero processo di formazione della conoscenza, non viene intrappolato in schemi prefissati, ma viene affidato alla progettazione e all’autocontrollo che la cooperazione all’interno del gruppo individua.
La produzione della conoscenza, come le scelte delle donne nel campo della riproduzione, hanno bisogno di esistere in condizioni di libertà e di autodeterminazione per prosperare. Nello stesso modo le donne trovano, nei luoghi della produzione della conoscenza, una sede naturale dove esprimere le istanza di libertà e di incontro con gli altri, perché lo studio e la riflessione ne favoriscono i processi.
Buon 8 marzo a tutte!
Roma, 6 marzo 2006