Con la chiusura della sequenza contrattuale che ha disapplicato le norme sul tutor, sui contratti di prestazione d’opera e che è intervenuta facendo chiarezza sulle professionalità nella scuola dell’infanzia finalizzate agli anticipi, il contratto si conferma strumento forte per la rappresentanza dei diritti collegati all’espressione della professionalità docente. In particolare:
Tutor
Come già altre parole, anche “tutor” è diventata parola malata, avendo assunto un’accezione negativa con la legge Moratti, e ancora per molto tempo continuerà ad evocare l’immagine di una figura professionale da contrastare perché pericolosa per la libertà di insegnamento dei docenti e per la collegialità e la cooperazione, come modalità di collaborazione professionale.
L’ex ministro Moratti ha cercato in tutti i modi di imporlo, mascherando e sminuendo gli effetti perversi che innescava, sollecitando le attese di valorizzazione e miglioramento professionale di alcuni docenti.
Ma il “tutor” morattiano è rimasto una figura evitata da tutti, talvolta subito senza convinzione quando i collegi docenti erano troppo deboli per opporvisi.
Nella scuola media l’impatto è stato poco significativo data la specificità degli insegnamenti e l’esistenza del coordinatore, figura su cui si concentrano alcuni aspetti organizzativi del Consiglio di classe e che dunque già svolge una funzione affidata al tutor, il lavoro di coordinamento.
Nella scuola elementare invece è stato accolto con viva ostilità perché scardinava il modello di scuola fondato sulla pari dignità dei docenti del team ed evocava il ritorno ad un tempo ampiamente superato dalla positiva evoluzione della scuola elementare, quello del maestro unico.
In questi difficili anni di resistenza, sovente è accaduto che in molte scuole si adottasse la figura del maestro prevalente, vissuto (o presentato) spesso come una mediazione rispetto ad una pressione proveniente dall’alto finalizzata a mettere in atto il tutor o come il male minore.
Oggi che le ambiguità sono sparite, con l’accordo contrattuale, e con esse le pressioni indebite, è necessario non far prevalere le inerzie, lasciando che le scorie di un difficile passato autorizzino un degrado del modello di scuola introdotto con la Legge 148.
E’ necessario dunque, a partire dai risultati della sequenza, riaprire il dibattito e la riflessione sulle proprie scelte organizzative per recuperare il senso ed il valore della pari dignità dei docenti nel team da salvaguardare anche con adeguati modelli organizzativi.
Infatti, il problema reale sarà “smontare” le architetture organizzative che comunque si sono prodotte, vale a dire la prevalenza oraria, e non possono che essere "smontate" dal punto di vista pedagogico, dimostrando che l'impatto sui tempi di insegnamento/apprendimento produce di fatto un impoverimento.
Questo significa però fare una riflessione seria anche sul modulo e sulle modalità organizzative del team docente.
Anticipi
Come leggere questa modifica ordinamentale, contenuta nella legge 53/03, che compromette la qualità della scuola dell’infanzia e della scuola elementare, aumenta i rischi di disagio scolastico dovuto a pericolosi precocismi, pone seri problemi alla didattica?
Pura demagogia per conquistarsi il consenso di famiglie in difficoltà con l’accesso ai nidi? Necessità di traguardare l’obiettivo di raggiungere la terminalità degli studi ai 18 anni, come quasi tutti i paesi europei, senza inimicarsi pezzi del mondo della scuola?
Comunque sia, l’attivazione degli anticipi e la sua indubbia negatività, si intreccia con una serie di altri elementi di contesto sociale che complicano il quadro d’insieme.
L’aspetto più importante, e certamente sottovalutato da Moratti e dagli estensori della legge, è la scarsa attenzione ai diritti dei bambini, che vengono meno quando la qualità della scuola dell’infanzia viene compromessa dal fatto che non vengono garantite le condizioni di funzionamento necessarie.
La legge 53/03 infatti prevedeva, ma anche il D.lgs 59/04 lo ribadiva, che l’accoglimento di alunni anticipatari fosse soggetto a condizioni vincolanti per avviare l’accoglienza sperimentale: l’introduzione di nuove professionalità, di nuove modalità organizzative e, successivamente, la stipula di intese con l’ente locale.
Le nuove professionalità non sono mai state introdotte, le nuove modalità organizzative non sono mai state neanche esaminate, le intese non sono mai state verificate e tuttavia gli alunni anticipatari sono stati accolti in alcune scuole dell’infanzia.
Il prolungamento della fase di sperimentazione, attraverso il decreto “milleproroghe” da poco definitivamente convertito in legge, e la mancata definizione di organici, figure professionali e accordi con le Regioni, come stabilito dalla Corte Costituzionale, hanno determinato le condizioni per accantonare definitivamente il confronto contrattuale in merito alle condizioni di lavoro delle nuove figure professionali.
Il contratto, poi, ricorda in un inciso ciò che molti hanno voluto dimenticare: con una ricognizione su alcune condizioni circa le norme definite dal precedente Governo ne ricorda la loro inderogabilità per attuare l’anticipo.
Rimane un problema sociale a cui rispondere, cioè quello dei molti bambini che non trovano accoglienza nei nidi.
Per le loro famiglie, la possibilità di iscriverli alla scuola dell’infanzia poteva rappresentare una soluzione.
Per questo la FLC Cgil ha rivendicato, fra gli altri, nelle scorse settimane un atto politico del Ministro che, insieme alle Confederazioni ed ai sindacati di categoria, identifichi una soluzione adeguata, qualificata e percorribile senza ledere i diritti dei bambini.
Rimane purtroppo la necessità di affrontare il problema degli alunni anticipatari nella scuola elementare, che non sono vincolati ad una fase di sperimentazione.
Occorrerà lavorare per garantire condizioni di funzionamento che tengano conto della presenza di alunni più piccoli visto che solo una modifica legislativa della legge 53/03, può risolvere alla radice il problema.
Contratti di prestazione d’opera
L’introduzione di una forma contrattuale più adeguata a compensare una prestazione professionale estemporanea, di carattere autonomo, non è di per sé idonea a realizzare insegnamenti curriculari, come in effetti sono quelli che si attivano durante l’orario scolastico, sia esso obbligatorio o opzionale.
Infatti, non è consono ad una prestazione professionale autonoma inserirsi in un contesto di cooperazione collegiale dove si decidono le strategie didattiche, ma, ricevuto il mandato dalla committenza, è normale espletare il proprio mandato circoscrivendo così, nel tempo e nei contenuti, il proprio contributo.
Affidare dunque una quota del curricolo a professionalità che rimangono estranee alle strategie decise collettivamente, è sbagliato, mentre invece ha senso richiedere il contributo professionale di esperti esterni per sostenere aspetti della didattica che comunque vengono gestiti da docenti interni alle scuole, come nel caso degli istituti professionali.
La disapplicazione di quella parte degli art. 7 e 10 del D.lgs 59/04 che contenevano il riferimento a questi tipi di contratto, sventa un altro attacco alla qualità della scuola messo in atto dall’ex ministro Moratti .
Buona parte dell’offensiva morattiana infatti passava proprio per l’attacco alla professionalità dei docenti.