Il nuovo sindacato della FLC è nato con lo scopo di dare rappresentanza e identità ai lavoratori che si collocano nell’area dei lavori della conoscenza.
Le categorie di lavoratori che, in questa fase iniziale, costituiscono la FLC e che vanno dal lavoro pubblico statale, scuola, università, ricerca e AFAM, al lavoro privato, formazione professionale, scuola e università privata, registrano un forte allargamento dell’area della precarietà.
Sul pubblico agiscono le numerose e devastanti controriforme avviate dal ministro Moratti, nel privato l’applicazione della legge 30/03 ha prodotto ulteriori danni in un settore già oppresso da gestioni spesso avventuriste, e privo di ammortizzatori sociali.
Le controriforme avviate nel settore pubblico di scuola, università e ricerca, hanno tutte l’obiettivo di allargare gli spazi di mercato a discapito della funzione sociale di questi importanti settori.
Esse intervengono in un ambito, quello della conoscenza, che rappresenta un diritto sociale, inalienabile, di tutti gli uomini e le donne, indisponibile al diritto proprietario e all’interesse privato, quindi producono un danno che va oltre i lavoratori stessi per interessare quello più ampio dei diritti universali e dei beni comuni.
Tutti i lavoratori della conoscenza poi, sia pubblici che privati, esercitano il proprio lavoro con forme e modi che contrastano con lo stato di precarietà, intrinsecamente ostile allo sviluppo e alla qualità di questi lavori.
Essi infatti, sono caratterizzati da una continuità relazionale, di gruppo, di rete, con il gruppo degli studenti, dei colleghi, delle varie componenti sociali, scolastiche e territoriali.
Sono altresì caratterizzati da progettazione che nasce dalla cooperazione dei suoi componenti, si realizzano in modo qualificato se possono avvalersi della continuità dei soggetti che vi lavorano, sia nella relazione alunno docente che nella relazione di equipe, caratteristica dei lavori di ricerca e di progetto.
Precarizzare questi lavori significa rompere le continuità temporali e relazionali interferendo negativamente nella qualità del lavoro e nell’efficacia del servizio offerto, significa produrre impoverimento dell’offerta formativa, e improvvisazione.
Le discontinuità lavorative vanno dunque a discapito del progetto, non permettono sviluppo e approfondimento e lungi dal realizzare dinamicità lavorativa, deprimono invece le spinte migliorative per favorire competizione individuale.
I lavoratori precari dunque restano ai margini del processo lavorativo, anche per ciò che riguarda la partecipazione democratica nei luoghi di lavoro, non partecipano o partecipano con un ruolo ridotto alle elezioni delle rappresentanze interne, quando ci sono, sono ricattabili, spesso vittime del lavoro nero o dell’avventurismo di gestori spregiudicati.
Molti di questi settori poi, sono principalmente costituiti da personale femminile, pertanto la spinta alla precarizzazione rischia di non ottenere quell’attenzione sociale che meriterebbe.
Il Congresso della CGIL, in considerazione della peculiarità e della centralità della conoscenza nello sviluppo del Paese finalizzato al benessere sociale di tutta la popolazione,