E lo fa nello stesso giorno in cui sciopera anche il pubblico impiego. Accomuna i due settori la pervicace volontà del governo di non trovare risorse per i rinnovi contrattuali, che sono scaduti ormai da 15 mesi. La richiesta sindacale è nota: quell’8% che deve consentire di tenere il passo col costo della vita.
Ma deve essere chiaro che anche eventuali altre soluzioni non sarebbero praticabili con un governo che continua presentarsi sempre a mani vuote. Ipotesi diverse, che pure qualcuno aveva interesse ad accreditare nei giorni scorsi, sono solo utili diversivi a cui il governo Berlusconi ci ha ormai abituato, soprattutto in fase elettorale, come dimostra anche la vicenda del possibile ritiro dall’Iraq. Possono incantare solo qualche compiacente presentatore televisivo, ma non trarre in inganno i più, tanto meno gli elettori in tempo di elezioni.
Uno sciopero dunque che riguarderà tutti i dipendenti pubblici. Ma la scuola ha anche ragioni in più per esserci.
I tagli a organici e e risorse che registriamo anche quest’anno, come uno stillicidio incessante e che hanno come conseguenza le mancate assunzioni in ruolo (mentre promette improbabili assunzioni dal 2006 il Miur non sta assumendo i precari che dovrebbe assumere da quest’anno in base alla legge 143!) sono solo l’anticipazione della radicale riduzione di personale che si verificherà con l’applicazione della legge 53.
Se la resistenza di genitori e insegnanti, che ha difeso con l’offerta formativa gli organici, ha impedito finora l’attuazione delle misure su elementare e media, oggi l’attacco viene portato alla scuola secondaria superiore: tra trasferimenti alle regioni e riduzioni d’orario il ministero si sbarazzerà in cinque anni di circa 100.000 cattedre, distruggendo praticamente i settori tecnico e professionale. Una distruzione di cui le famiglie mostrano di avere piena consapevolezza vista la fuga che si registra da questi settori.
Il 18 si sciopera dunque per la difesa di una scuola di tutti e per tutti.