La stragrande maggioranza dei professori ancora non lo sa. Le famiglie forse neppure hanno idea di cosa sia.
Ma in quattro regioni italiane sta per iniziare la sperimentazione del libro di testo elettronico.
Uno strumento che in un futuro assai vicino potrebbe sconvolgere l'editoria scolastica e il suo ricco mercato da 650 milioni di euro l'anno.
Ma soprattutto, ridurre la spesa delle famiglie italiane.
Il via libera all'operazione "e-book" è arrivato a sorpresa martedì 8 febbraio dal Comitato dei ministri per la società dell'Informazione (Cmsi), con i dicasteri dell'Istruzione e dell'Innovazione tecnologica che hanno stanziato 3 milioni di euro per la prima fase del progetto.
E a chi hanno affidato la sperimentazione Letizia Moratti e Lucio Stanca? A Mondadori e Ibm. La prima, azienda di proprietà del premier Silvio Berlusconi. La seconda, ex datore di lavoro di Stanca, che ne è stato vicepresidente fino al marzo 2001.
La storia inizia il 29 agosto del 2004 con quella che allora sembrava poco più che una brillante stramberia.
Quel giorno, Giulio Tremonti scrive il suo primo articolo da ex ministro sulla prima pagina del "Corriere della Sera".
Chi s'aspettava una qualche punzecchiatura al suo ex governo su temi al centro dell'agenda politica, resta deluso.
Tra una citazione di Marx e un'invettiva contro «il traffico da bazar degli oltre 33 mila titoli di testi scolastici», Tremonti sostiene che «l'e-book può essere lo strumento strategico per aprire agli scolari, ogni giorno, sistematicamente, il dominio magico dell'informatica» e costruire davvero l'Italia delle «Tre i» (inglese, informatica, impresa).
Ma la provocazione sembra cadere nel vuoto. Nel mondo accademico e tra gli educatori è diffusa l'idea che l'apprendimento su schermo sia meno profondo di quello cartaceo.
Anche dal punto di vista tecnico, non è facile controllare che uno studente scarichi effettivamente da Internet tutte le pagine delle quali ha bisogno per conquistare quello che nelle scartoffie ministeriali viene definito "sapere minimo".
In autunno, però, succede che il neoministro Domenico Siniscalco infili un righino nella Finanziaria sulla sperimentazione dell'e-book.
Praticamente l'unica volta che sembra andare d'accordo con Tremonti. La norma compare e scompare un buon numero di volte, anche per la diffidenza dell'Associazione italiana editori (Aie). Si svolge qualche riunione ministeriale con gli editori. L'Aie fa comunque una sua proposta alla Camera in commissione Cultura. Ma alla fine sembra che non se ne faccia nulla. Sotto Natale, sia nella Finanziaria che nel Collegato, l'e-book è già un ricordo.
La sorpresa, per gli editori, arriva 1'8 febbraio con uno scarno comunicato del Cmsi, nel quale si legge che «è stato approvato un progetto di sperimentazione di libri elettronici in 150 scuole di 4 regioni (Lombardia, Toscana, Lazio e Puglia), proposto in collaborazione con Ibm e Mondadori». I concorrenti restano di sasso. Nessuno si è sognato di interpellare aziende come Zanichelli, La Scuola, Giunti, Eds o Ericsson, giusto per fare qualche nome. Sentito da "L'espresso", Alessandro Musumeci, responsabile dei sistemi informatici del ministero dell'Istruzione, minimizza: «L'Aie collabora con noi, quanto a Mondadori e Ibm, sono solo due partner scelti perchè stavano già sperimentando autonomamente l'e-book». Peccato che nel comunicato interministeriale l'Aie non figuri per nulla. «Allora sarà un errore del comunicato», replica Musumeci.
Ma all'Aie ribadiscono che non ne sapevano nulla. Per il futuro, ovvero quando i fondi saranno ben superiori ai 3 milioni attuali, Musumeci prende comunque un impegno preciso: «Faremo le gare».
Intanto, però, Ibm e Mondadori hanno messo un piede oltre la linea di partenza. E i concorrenti si augurano che le gare per l'e-book abbiano maggior fortuna di quelle per l'informatizzazione del ministero retto dalla Moratti.
Un maxi appalto da 340 milioni vinto da Ibm nell'ottobre del 2003, annullato dal Tar del Lazio su ricorso del concorrente Eds e ora nelle mani del Consiglio di Stato.