Legge Moratti e Scuola superiore

 

La Legge 53 sta iniziando a rivelare il vero volto di “restaurazione” nella scuola italiana. Anche se i decreti attuativi emanati sino ad ora riguardano soltanto la scuola materna, la scuola elementare e la scuola media (il governo ha tempo due anni per emanarne altri), emergono già alcune indicazioni molto precise che modificano pesantemente anche il quadro complessivo della scuola superiore.

La politica governativa mira a ridurre posti di lavoro e a distruggere il sistema di istruzione pubblico, aperto a tutti in ogni sua fase, consolidato nella scuola italiana.

Una serie di interventi legislativi in tale direzione si sono abbattuti negli ultimi anni sulla scuola superiore, determinando conseguenze negative sul piano della didattica e della qualità dell'offerta formativa:

  • la saturazione degli organici a 18 ore, con la conseguente scomparsa di numerose cattedre;

  • l’eliminazione degli organici funzionali;

  •  l'eliminazione dei progetti contro la dispersione e per l’integrazione.

Seguendo l'impostazione di ridurre gli organici e distogliere risorse economiche dalla scuola statale, la Legge 53 disegna un'offerta formativa generalizzata ridotta ai minimi termini, e anche nelle superiori si caratterizza per:

  • un’ideologia familistica, che depotenzia le finalità democratiche e costituzionali dell'educazione e affida alle famiglie larghi margini di intervento nella “costruzione” dei percorsi formativi dei ragazzi, cristallizzando così in maniera sempre più forte le attuali divisioni socio-culturali;

  • la divisione del sistema scolastico e formativo in due canali gerarchicamente ordinati e con canalizzazione precoce:

  1.  quello liceale, orientato al sapere astratto, fine a se stesso e finalizzato in pratica al proseguimento degli studi universitari, che avrà come modello il Liceo classico, con una prevedibile svalutazione del sapere scientifico;

  2.  quello tecnico-professionale, che raggrupperà tutti gli altri istituti di istruzione non liceale, gestito dalle regioni, di durata inferiore, più povero di saperi e orientato esclusivamente all’inserimento degli studenti nel mondo del lavoro.

  • una forte riduzione del tempo-scuola, in linea con le scelte operate nel primo ciclo (27 ore). Nelle superiori si avrà una prevedibile riduzione del monte ore del nucleo omogeneo su base nazionale (25-30 ore settimanali?), con la conseguente riduzione delle ore di ogni insegnamento e un forte ridimensionamento degli organici dei docenti, di ogni area disciplinare.

  • la volontà di eliminare le copresenze, che colpisce particolarmente ITP e docenti madrelingua. Intervento agevolato dalla decisione già approvata in finanziaria di percorsi di riconversione che, in mancanza di sbocchi, possono portare al licenziamento in soli due anni.

È evidente il ritorno ad un’impostazione classista della scuola italiana: da una parte un sistema elitario, di serie A, destinato a formare la futura classe dirigente, di durata quinquennale e con esame di stato finale che consente l’accesso all’università; dall’altra un sistema di serie B, di qualità inferiore, di durata varia, al massimo quadriennale, destinato a formare lavoratori in possesso di qualifiche professionali di basso profilo culturale e che non consente l’accesso all’università se non dopo il superamento dell'esame di stato o come privatista o in seguito alla frequenza di un quinto anno di studio.

 

Quale il vero volto di questa operazione?

  • consentire l’accesso all’università esclusivamente agli studenti provenienti dai licei;

  • eliminare il valore legale del titolo di studio;

  • formare una classe lavoratrice scarsamente istruita e destinata a svolgere lavori dequalificati

  • escludere alcune classi sociali dai livelli superiori dell’istruzione;

  • ridurre la qualità e l’efficacia della scuola pubblica per favorire le scuole private (la riforma dell’esame di maturità, con l’eliminazione dei commissari esterni, ha segnato il primo passo in questa direzione).

Il Ministro ha iniziato la battaglia contro la scuola superiore con un attacco non frontale, puntando sulle ali attraverso:

  • un’Intesa con le Regioni che, con l’obiettivo dichiarato di superare l’anno anomalo determinato dalla riduzione dell’obbligo formativo, puntava alla progettazione di percorsi triennali di formazione professionale

  • il decreto sull’alternanza scuola-lavoro che nel confermare il sistema duale previsto dalla legge 53 sembra proporre un ulteriore percorso formativo.

Tali iniziative preparano di fatto il terreno alla riforma Moratti. La loro adozione da parte delle scuole provocherebbe in tempi brevi una drastica riduzione delle ore curricolari e la dequalificazione di questi istituti.

 

La CGIL Scuola, che è impegnata ad avviare d’intesa con gli altri sindacati confederali un’iniziativa straordinaria contro tali proposte, esorta quindi le RSU, gli iscritti, i lavoratori tutti a sostenere nei collegi docenti, nei consigli di istituto, nelle assemblee sindacali queste posizioni:

  • respingere qualsiasi tentativo dei dirigenti scolastici di coinvolgere docenti, personale ATA e genitori in questi progetti pseudo-innovativi che di fatto sono un anticipo “riforma”

  • votare documenti contro la Legge 53, evidenziando gli effetti negativi sui docenti e gli studenti

  • dar vita a un coordinamento delle scuole superiori a livello territoriale e provinciale che si batta:

a)      per il ripristino e l’estensione dell’organico funzionale,

b)      per una vera riforma delle scuole superiori che preveda:

  • l’estensione dell’obbligo scolastico,

  •  un biennio unico,

  • la presenza di un sistema tecnico-professionale all’interno di un piano di istruzione nazionale.

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