La "meglio
scuola" in campo contro il decreto Moratti
Sabato 17 gennaio 2004 TUTTI UNITI
A ROMA
I genitori e
gli insegnanti, i lavoratori della scuola e i cittadini
dicono NO alla scuola della Moratti!
RITIRO DEL DECRETO, NO ALLA CONTRORIFORMA
TUTOR + 27 + 3 + 10 = NON FA TEMPO PIENO
Alla fine ci saranno
tutti. Ci saranno le associazioni professionali degli insegnanti e
le associazioni dei
genitori, i partiti
di sinistra e di centro sinistra, diversi soggetti sociali e
culturali.
Ci
saremo, in tanti, noi della CGIL Scuola insieme agli altri
sindacati confederali.
Un’ampia e meritata risposta positiva
all’appello a scendere in piazza sabato 17 gennaio a Roma per il
ritiro del primo decreto di attuazione della controriforma Moratti.
Un appello che viene direttamente dalle scuole, da comitati e
coordinamenti spontanei di genitori e insegnanti, in particolare
da quella parte della società civile scolastica che si riconosce
nell’esperienza del tempo pieno e prolungato e che ad essa non
vuole rinunciare.
Sabato prossimo sarà
in campo la “meglio scuola”,
quella dei tempi distesi, della didattica della ricerca e delle
metodologie interattive, della centralità dell’alunno e della sua
motivazione, dall’attenzione al contesto e alle esigenze sociali.
Quella scuola che si è diffusa e sta diffondendosi, ostacolata dai
tagli alle risorse, attraverso la riforma della scuola elementare
e il processo di autonomia scolastica, quella scuola orientata al
successo scolastico di tutti che è stata alla base della riforma
della scuola media.
Genitori e insegnanti che non si fanno imbrogliare dai
tentativi governativi di rassicurare che non cambierà nulla e
che, anzi, ci sarà più possibilità di scelta, perché hanno ben
capito che senza gruppo docente corresponsabile, senza spazi
contemporaneità degli insegnanti e con meno tempo scuola
obbligatorio per tutti, la qualità della scuola avrà una caduta
verticale. Gente che si chiede a cosa serve poter scegliere tra un
corso di danza e uno di nuoto se tutto il percorso scolastico
obbligatorio diventa compresso, rigido, trasmissivo, demotivante o
se, addirittura, si è costretti a rivolgersi per le opzioni
facoltative ad agenzie private (e naturalmente pagare) perché la
scuola pubblica, deprivata di risorse, non può essere competitiva.
Genitori e insegnanti che, invece, sono interessati alle
opportunità dell’autonomia scolastica, anche in termini di
offerta aggiuntiva e facoltativa, se non le devono scambiare con
la qualità del percorso formativo di tutti e se autonomia
scolastica significa processo positivo di generalizzazione delle
migliori pratiche educative.
Della “meglio scuola” nel decreto Moratti non c’è
traccia, per questo deve cadere: le riforme si fanno per
migliorare, per diffondere i livelli di qualità, non per tornare a
modelli superati ( scuola materna assistenziale, maestro unico
responsabile di una classe, tempi compressi della scuola del
mattino più doposcuola, scuola media che avvia l’utenza debole al
lavoro o alla formazione professionale).
D’altra parte nel decreto vi sono alcune
evidenti “spie” rivelatrici della volontà “peggiorista” del
governo.
Perché avviare una trasformazione radicale della scuola
dell’infanzia, elementare e media senza consultare e, quindi,
coinvolgere gli operatori chiamati a realizzarla ?
Perché obbligare tutte le scuole ad adottare un modello di
organizzazione didattica centrato sul docente tutor, visto che
ormai le istituzioni scolastiche hanno piena autonomia didattica e
organizzativa?
Perché non introdurre la quota facoltativa e opzionale del
curricolo oltre standard temporali (una giornata educativa
significativa) e organizzativi di qualità per la scuola
dell’infanzia e, nella scuola elementare e media, oltre la quota
di 30 ore settimanali, riconosciuta in tutte le precedenti
consultazioni come il tempo necessario per il percorso formativo
obbligatorio?
La risposta a queste domande è una sola: la dissennata politica
sociale ed economica di questo governo prevede una drastica
riduzione delle risorse per la scuola pubblica, per questo si
devono imporre modelli organizzativi meno costosi in termini di
organici, per questo non vi sono margini per accogliere le
osservazioni provenienti dalle migliori esperienze professionali.
Se questo è vero, la manifestazione del 17 gennaio deve
connettersi a quella dello scorso 29 novembre, anzi considerarsi
come la sua naturale prosecuzione, un’ ulteriore tappa del
percorso strategico avviato da CGIL, CISL e UIL contro il declino
economico e sociale del paese, per investimenti e riforme positive
nel campo della formazione e dell’istruzione come fattori
essenziali di sviluppo.
Un fatto decisamente positivo, quindi, che CGIL, CISL e UIL
Scuola siano insieme in piazza sabato prossimo, una conferma
del loro ruolo di soggetto politico che interviene a pieno titolo
sulle questioni di politica scolastica, a maggior ragione dopo che
le elezioni delle RSU ne fanno lo schieramento sindacale
decisamente più rappresentativo dei lavoratori della scuola.
Una risposta alle richieste di unità sindacale che vengono
dai movimenti contro il decreto Moratti, che deve quanto prima
superare l’attuale formula dell’adesione “di sigla” (in Veneto i
confederali hanno già aderito unitariamente), pervenire ad una
piattaforma comune e a un percorso di iniziative unitarie in grado
di fronteggiare la non semplice fase che si aprirà dopo il 17
gennaio.
Se il governo non dovesse ritirare il decreto, se cercasse di
attuare dal prossimo anno scolastico i modelli organizzativi
attualmente previsti, è inevitabile che si determini una pesante
situazione di confusione, improvvisazione, illegittimità,
conflittualità.
Si dovrebbero riaprire le iscrizioni (ora possono solo essere
fatte sulla base delle norme vigenti), le scuole sarebbero
costrette ad attuare nuovi programmi a loro sconosciuti
(Indicazioni nazionali) e non approvati secondo le procedure
previste dalla stessa legge 53/03, ad improvvisare offerte
formative, modelli organizzativi e nuove figure professionali,
senza formazione, risorse e specifiche norme contrattuali.
Il
tutto in presenza di una stragrande maggioranza di operatori
contrari nel merito alle novità, come dimostra il voto per le RSU.
In una parola sarebbe il trionfo del caos e dell’illegittimità,
una scelta che solo chi vuole portare la scuola pubblica al
disastro potrebbe perseguire.
Occorre,quindi, che
le organizzazioni più forti del mondo della scuola, oggi i
sindacati confederali, si assumano la responsabilità politica di
dispiegare a pieno la forza dello schieramento unitario per
impedire che la “peggio scuola” prevalga.
Fabrizio Dacrema
(Segreteria nazionale Cgil Scuola) |