Il tavolo contrattuale che si è aperto lunedì scorso tra sindacati scuola e ARAN è molto complicato. Più del solito: da esso dipende la possibilità di mettere in atto un elemento essenziale del progetto del governo sul primo ciclo dell’istruzione.
Questo accade perché il governo sta tentando di fare il passo più lungo della gamba: cerca di imporre la figura del tutor alle scuole senza averne la forza giuridica.
Le forzature sono tre:
1) la figura del tutor è stata introdotta dal decreto delegato (Dlgs 59/04), pur non essendo presente nella legge delega (L. 53/03);
2) l’istituzione di questa figura invade esplicitamente le prerogative delle istituzioni scolastiche in materia di organizzazione didattica, mentre la recente riforma della Costituzione ne impone la salvaguardia;
3) quanto previsto dal decreto 59 sul tutor non è applicabile senza cambiare il contratto nazionale di lavoro su punti fondamentali (profilo professionale del docente, orario di servizio, retribuzione, …).
Sui punti 1 e 2 si pronuncerà la Corte Costituzionale, a seguito del ricorso dei sindacati confederali della scuola, mentre sulle competenze contrattuali il governo, dopo incertezze e tentennamenti, ha dovuto riconoscere le ragioni dei sindacati ed aprire la trattativa all’Aran, predisponendo finalmente l’atto di indirizzo.
Quello che è accaduto è sotto gli occhi di tutti: il governo prima ha cercato la prova di forza, poi è venuto a più miti consigli ed ha aperto la trattativa, ma ormai siamo fuori tempo massimo. Chiunque si rende conto che una trattativa che parte da posizioni di merito contrapposte o comunque molto distanti, con risorse irrisorie e, oltre tutto, non certe (dipendono dall’assestamento di bilancio) non può concludersi in fretta, ammesso che possa concludersi.
Quanto previsto dal decreto sul tutor in questo anno scolastico non si farà perché, indipendentemente dall’esito della trattativa, non si potrà attuare ad anno scolastico ampiamente iniziato.
Questo vicolo cieco in cui si è infilato il governo spiega il nervosismo crescente del Ministro e dell’Amministrazione, che traspare con evidenza nell’insostenibile scivolone della lettera riservata del Capo Dipartimento del MIUR, già argutamente commentata da Federico Niccoli, nella richiesta isterica dell’Atto di Indirizzo all’Aran di concludere la trattativa “in tempo utile per l’avvio dell’anno scolastico” (dovrebbe già essere chiusa e invece si è appena aperta), oltre che nelle pressioni diffuse volte a far attribuire l’incarico a svolgere la funzione tutoriale anche in assenza della conclusione della trattativa.
Su quest’ultimo punto occorre fare molta attenzione: sono oggetto della trattativa i criteri per l’individuazione dei docenti incaricati a svolgere la funzione tutoriale, l’orario di servizio, l’organizzazione del lavoro, la retribuzione e probabilmente altre materie che saranno definite attraverso il confronto tra le parti.
Quanto è scritto nella circolare 29/04, in alcune note dell’amministrazione o in altre indicazioni di vario tipo (spesso verbali) inerente le materie oggetto della contrattazione non può più essere applicato: su questi temi decide esclusivamente la contrattazione appena avviata.
Il contratto nazionale non può nemmeno essere aggirato da eventuali intese con le RSU di scuola, le quali, sulle materie di loro competenza, sono tenute al pieno rispetto del contratto nazionale.
Quanto detto vale anche per il docente tutor nelle prime tre classi della scuola primaria: non è possibile ridurre l’orario di insegnamento a 18 ore, e, conseguentemente, le compresenze, per svolgere attività funzionali all’insegnamento connesse all’attività tutoriale. Il vigente contratto nazionale di lavoro prevede, infatti, 22 ore di insegnamento più due di programmazione settimanale di team: le compresenze sono disciplinate dal contratto con le modalità note, programmate per attività di recupero/arricchimento o, in assenza di programmazione, disponibili per le supplenze fino a cinque giorni.
La prevalenza di un insegnante nella stessa classe non è, invece, materia di contrattazione, ma prerogativa dell’autonomia didattica e organizzativa delle scuole. Il decreto non introduce nessun obbligo in materia (parla infatti di attività di insegnamento agli alunni - e non alla classe - non inferiore a 18 ore) e le Indicazioni Nazionali, che nel capitolo “Vincoli e Risorse” parlano di almeno 18 ore con lo stesso gruppo di alunni, su questo punto non sono vincolanti, visto che, a parere dello stesso Ministero, le Indicazioni Nazionali sono inderogabili solo a riguardo “degli obiettivi di apprendimento” (CM 29/04).
Riassumendo: la parte del decreto 59 riguardante la possibile riduzione di orario di insegnamento a 18 ore non è applicabile perché il Ministero ha riconosciuto che è di competenza contrattuale e la prevalenza tra 18 e 21 ore settimanali in una stessa classe non è obbligatoria perché lo stesso Ministero ha riconosciuto che le Indicazioni Nazionali, introdotte in via transitoria dal decreto, non sono vincolanti su questo punto.
Si tratta sul filo del rasoio: se il Ministro intende trattare e contemporaneamente tentare di imporre il tutor nelle scuole lo scontro è assicurato.
Fabrizio Dacrema