Elementi di Storia della Basilicata

Promemoria per chi non conosce la Lucania e i Lucani

 

La Basilicata occupa il cuore e il centro dell'Italia meridionale,  confina con due mari e con sette province.

Quella regione che anticamente portava il nome di Lucania, e, che ora corrisponde per la massima parte alla Provincia di Basilicata, in tutti i tempi ha una istoria di lotte sostenute per la indipendenza e per la libertà.

Nei tempi di Roma combatté nella prima guerra sociale per ottenere i diritti italici, nella guerra gotica parteggiò per l’impero bizantino erede e rappresentante della gloria e della civiltà dell’impero di Roma; nell’epoca sveva seguì la parte di Corradino contro la parte guelfa di Carlo d’Angiò; nella rivolta di Masaniello rispose fortemente contro l’oppressione feudale e straniera, e Matteo Cristiano alla testa di numerose squadre cercò coraggiosamente di tentare in Basilicata una rivincita.

L’insurrezione Lucana è tra le più belle pagine del nostro nazionale risorgimento, ed in effetti è un bel fatto innanzi la istoria che fin dal 16 agosto, ossia 5 giorni prima dello sbarco del Generale Garibaldi a Reggio, una gran parte della Provincia di Basilicata era in armi, ed aveva distrutto il governo borbonico.

Giovò potentemente alla impresa del Generale Garibaldi, l’essere intercettate le comunicazioni tra Napoli e la Calabria. Il Boldoni (trasportatosi il governo provvisorio in Potenza) con meravigliosa energia, organizzava militarmente i 3500 insorti Lucani e li scaglionava negli Appennini per troncare le comunicazioni dei Regi delle Calabrie con quelli del Salernitano e della Capitale e tagliare loro la ritirata. E così 23,000 soldati borbonici, lungo tutta la linea da Reggio a Lagonegro, abbassarono le armi, posti tra le schiere garibaldine vittoriose a Reggio, e la rivoluzione trionfante in Basilicata.

Senza questa rivoluzione, le truppe borboniche accampate nella Calabria, avrebbero energicamente resistito a Garibaldi e questi o non avrebbe potuto attraversare la fitta lunga catena dei monti Bruzì, o attraversandola, avrebbe dovuto indugiare di molto e sacrificare la parte eletta delle sue schiere. Il governo borbonico avrebbe potuto effettuare il piano del Generale Pianell, quando essendo Ministro, consigliava a Francesco II di arrestare la marcia di Garibaldi con un campo trincerato in Basilicata.

La Basilicata opportunissima alla rivoluzione per la sua centralità, per la posizione dei suoi luoghi montuosi che sono invincibili naturali fortezze, in mano di un corpo di esercito ben comandato, sarebbe stata inespugnabile cittadella del governo borbonico.

E sarebbe bastato un semplice indugio del Generale Garibaldi, perché la diplomazia si fosse intromessa nelle cose nostre; avrebbe impedito l’acquisto di Napoli, ed invece dell’Unità della Patria avremmo avuto la federazione.

La rivoluzione di Basilicata portò seco quella delle Puglie, del Salernitano, della Provincia di Avellino e di Cosenza.

 

La Salandrella (Cavone)

Nasce, all’altezza di circa 800 metri dalla confluenza di varii fossi e burroni, passa per sotto Accettura, Oliveto e Garaguso, per l’agro di Calandra e S.Mauro Forte, tra Ferrandina e Craco, tra Pisticci e Montalbano, tra la contrada S.Basilio e l’Andriace, si gitta in mare, dopo aver attraversato la ferrovia del Ionio fra il Basento e l’Agri: più discosto però dal primo.

La Salandrella pervenuta sotto Garaguso, cessa di essere torrente e diventa pianeggiante. Porta ancora il nome di Cavone dal gran cavo o letto profondo che si ha scavato nel suolo arigilloso che attraversa nella metà inferiore del suo corso; le sue sponde sono tagliate a picco e vanno ad una profondità ben grande; il fondo del suo letto è limaccioso e quindi pericoloso al guado nel tempo di pioggia.

La Salandrella (Acalandros in greco, Acalandrum in latino) ancorché il più scarso di acqua dei nostri fiumi, è menzionato da antichi, medioevali e moderni storici e geografi.

È celebre nella istoria antica per avere sulle sue rive Alessandro d’Epiro trasportato il Parlamento degli Italioti, che prima si riuniva in Eraclea.

Plinio: “fulmina Acalandrum Casuentum oppidum Metapondum.”

Boccaccio: “Talander, seu Talandrus fluvius est Italianae Inter Heracleam et Metapondum civitates."

Fra Leandro Alberti volle similmente avvisarsi che dagli antichi fosse stato detto Talandrus e a suo tempo Salandro – Paolo Merola nella sua Cosmografia lo chiamò Salandra e disse bene, essere quello nominato dagli antichi Acalandrus.

Il Santoro nella Istoria Carbonense riporta tre diplomi dai quali si rileva, che la Salandrella, nei mezzi tempi fu detta Chelandra, voce senza dubbio corrotta da Acalandro.

Il primo è di Boemondo, e col medesimo confermando all’Ab.Nilo la concessione del di lui padre Boemondo, principe di Antiochia e di Taranto, fatta dalla chiesa del Martire Anastasio, e concedendogli pure “Pontem Pollicorii una cum venerabili et sacro monasterio B. Virginis et eius casali una cum Ecclesia Beatissimae Virginis quae est in Scanzana una cum territoriis”, chiama così i confini; “ab occidenti quomodo descendit a fonte qui dicitur dello Cromida, seu Ceppollaro et per radicem montis qui dicitur Murica, qui descendit recto tramite usque ad lumen qui dicitur Chelandra”.

L’altro è di Riccardo Siniscalco figlio di Roggieri e di sua moglie Albenda, mentre erano in Massafra, col quale confermando allo stesso Nilo del Monastero Carbonense il territorio di S.Maria della Scanzana, così chiama uno dei suoi confini:”et ab ipsia valle pergit ad fontem qui dicitur Cromida et abinde sicut pergit Serra predicti fontis et sic vadit de Serra in Serra, et vadit recto tramite ad flumen Chelandrae”.

Il terzo di Alessandro di Chiaromonte e di Riccardo suo fratello, che è di conferma ai due precedenti, e che ripete chiamarsi il fiume Chelandra.

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