IL MINI COLPO DI
MANO DI VIALE TRASTEVERE SULLA PARITÀ
Il blitz
Il MIUR ha consumato un mini-blitz sulla legge di parità
scolastica. Il 18 marzo u.s., infatti, ha emanato la circolare
ministeriale n. 31 che detta le “disposizioni e indicazioni per
l'attuazione della Legge 10 marzo 2000, n. 62, in materia di
parità scolastica” ridisegnando, ad uso e consumo di interessi di
parte, una legge dello Stato.
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Utilizzando un metodo già consolidato in altri iniziative
governative – vedi le deleghe del Governo – il MIUR ha
giustificato questo suo nuovo intervento con la necessità di
“ricondurre ad unità le indicazioni “ fornite per l’applicazione
della legge e dare una sistematicità e organicità al complesso
delle norme richiamate. Nella logica del Ministro, la circolare
dovrebbe rappresentare una sorta di “testo unico” per
giustificare il governo del periodo transitorio avanti il
Parlamento e porre contestualmente le basi per una revisione
sostanziale della stessa legge di parità in coerenza con la
visione neoliberista e mercantilista dell’istruzione
dell’attuale Governo. Per raggiungere tale obiettivo la
circolare agisce su tre direttrici fondamentali.
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Rimuove tutte le norme di emanazione secondaria dettate,
all’indomani dell’entrata in vigore della legge, dal Ministero
dell’istruzione, confermando, però, solo quelle disposizioni più
favorevoli agli enti gestori e alle associazioni padronali. Gli
esempi più eclatanti sono rappresentati da un azzeramento delle
precisazioni sui rapporti di lavoro e la loro natura, da vincoli
nella composizione delle classi ecc.
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Tenta di aggirare, modificare e ridurre i richiami legislativi
previsti dalla legge riconducibili sia a principi Costituzionali
che a norme legislative. Scompaiono, ad esempio, i richiami
all’art. 33 della Costituzione, alla libertà di insegnamento
previsti dalla legge; vengono prefigurati organi collegiali
diversi da quelli previsti nella scuola statale; viene sostenuto
che le “amministrazioni pubbliche” (senza precisare quali),
nell’esercizio delle rispettive competenze, intervengono a
sostenere l’efficacia e l’efficienza dell’intero sistema
nazionale di istruzione senza indicare né come, né dove, né
quando.
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Viene ridisegnato il mondo delle scuole non statali paritarie
non all’interno del sistema nazionale di istruzione, ma
prefigurando un sistema alternativo per certi versi più
flessibile e quindi anche più concorrenziale di quello statale.
L’intento palese è quello di favorire uno sviluppo della scuola
paritaria non sulla base dell’efficacia e dell’efficienza del
servizio ma sull’abbattimento dei costi di gestione. Riemerge, a
dispetto della legge di parità, il doppio sistema con poche
regole comuni ma con molte distinzioni tutte a vantaggio
dell’istruzione privata.
Insomma il quadro che ne esce è decisamente sconcertante non solo
per via delle omissioni e della vaghezza di alcune affermazioni,
ma soprattutto per la potenziale evoluzione di una normativa
secondaria tutta indirizzata a smantellare il sistema scolastico
nazionale, che ha nella scuola statale la sua centralità, e a
ripristinare le vecchie nicchie, dalle maglie più larghe, che
hanno caratterizzato la scuola non statale in età repubblicana.
Se poi, armati di santa pazienza, si scava nel merito dei
contenuti della circolare, non solo viene alla luce l’obiettivo e
l’intento del MIUR, ma le stesse anime che hanno ispirato,
sostenuto e condiviso l’iniziativa. Gruppi di pressione, in
perfetta armonia con gli intenti del Ministro e dei suoi
collaboratori, hanno cercato, riuscendoci, di riaffermare i loro
antichi privilegi e di occuparne altri.
Ma vediamo ora più da vicino i contenuti della circolare.
Il restyling
Già nella Premessa, che rappresenta il biglietto da visita
della circolare, vengono, con ambigue parole, delineate, come
sopra accennato, le tre direttrici su cui si muove l’intera
circolare.
L’operazione di “restyling”, enfaticamente annunciata, non è altro
che una grossolana selezione delle disposizioni fin qui emanate
depurate da precisazioni, vincoli e puntualizzazioni a carico
delle associazioni padronali. Il cosiddetto “testo unico” non è
altro che il pretesto per reintrodurre in via surrettizia
modifiche all’interno dell’ossatura della legge, aggirando i
vincoli imposti dal legislatore stesso.
E tutto ciò viene detto esplicitamente “..le precisazioni e gli
adempimenti indicati nel presente testo modificano e sostituiscono
le istruzioni già impartite in ordine agli argomenti di seguito
trattati”.
Scompaiono tutte le precisazioni e le puntualizzazioni emanate in
riferimento ai rapporti di lavoro.
Non si ha più traccia di quanto indicato nella cm 163 del 15
giugno 2000 (cfr. capitolo 2.2 ultimo comma) laddove richiamava
gli enti gestori all’applicazione dei ccnl di settore anche al
personale ATA e precisava che solo nel limite del 25% della
prestazioni complessive dell’attività di docenza poteva essere
utilizzato personale docente con rapporti di volontariato o
di prestazione d’opera.
Le puntualizzazioni giuridiche sulla natura dei rapporti di lavoro
del personale docente presenti nella cm 86 del 24 aprile del 2002
non trovano alcuna cittadinanza, effettuando, così, un’inversione
di tendenza pericolosa in aperto contrasto con quanto ha sostenuto
la stessa Avvocatura dello Stato in merito. Su quest’ultima
questione si riapre il rischio di incursioni da parte di
associazioni spregiudicate che teorizzano lo smantellamento del
lavoro subordinato dei docenti aprendo così a fenomeni di
deregulation che farebbero riprecipitare il settore agli anni
bui dell’arbitrio e della assenza di regole. Fenomeni questi che
rilancerebbero l’effetto dumping a danno delle realtà
produttive più sane.
Le norme relative alla formazione delle classi e dei corsi, agli
esami di idoneità e agli esami finali, trovano una loro
rivisitazione in chiave più permissiva.
Corsi, classi ed esami di idoneità. Le disposizioni
contenute nella nota del Ministero del 14.02.2001, prot. n.245/Uff.1,
vengono volutamente trascurate. In particolare non vengono prese
in considerazione le direttive al “Riconoscimento della parità
in relazione alle classi non facenti parte di un corso completo”
quindi alle ipotesi di sdoppiamento, laddove veniva tassativamente
esclusa la possibilità di sdoppiare una classe a seguito degli
esami di idoneità. Ora nel nuovo testo non solo viene contemplata
tale possibilità, ma anche quella di accogliere una certa quantità
di candidati esterni la cui competenza è esclusiva del gestore e
del coordinatore. Ritornano in gioco le classi collaterali che nel
passato hanno rappresentato per alcuni enti gestori il fruttuoso
mercato degli esami di idoneità e che la legge aveva
tassativamente escluso (art.1, comma 4, lettera f). Inoltre viene
“liberalizzata” la “Composizione delle classi delle scuole
paritarie” in riferimento al numero degli alunni necessari per
costituire una classe in relazione ai vari ordini di scuola.
Mentre le precedenti disposizioni davano un’indicazione di
tendenza in cui veniva previsto un “graduale allineamento alla
media degli alunni della scuola statale e non statale presenti nel
territorio regionale “, ora la situazione è riportata alle
disposizioni a maglie larghe presenti per le scuole legalmente
riconosciute, parificate, pareggiate e autorizzate. Ossia le
scuole paritarie si adeguano alle disposizioni ante L. 62/2000.
b) Esami finali. Il combinato delle disposizioni sopra
ricordate con le disposizioni sugli esami finali e in modo
particolare con quelli conclusivi della secondaria superiore (O.M.
15 febbraio 2001, n. 29) riaprono drammaticamente la possibilità
di un rivitalizzazione del fenomeno dei diplomifici che, nel
recente passato, hanno caratterizzato la scuola non statale.
Anche in questa occasione vengono accolte le posizioni “più
conservatrici e retrive” di una parte delle associazioni
padronali.
Viene interrotto nei fatti l’operazione di bonifica di un settore
iniziato con la riforma degli esami di maturità e proseguito con
l’approvazione della legge di parità.
3. Il revisionismo
L’operazione di restyling, sopra accennata, non si
esaurisce solo nelle modifiche e sostituzione delle disposizioni
ministeriali emanate a seguito dell’entrata in vigore della legge
di parità.
Prosegue intervenendo su di una serie di vincoli previsti dalla
legge medesima, prefigurando su alcune questioni una sorta di
revisionismo delle disposizioni legislative.
In primo luogo scompaiono i richiami a quanto disposto dall’art.
33 della Costituzione. Ne consegue l’affermazione di un principio,
non presente nella legge, secondo il quale “Nel sistema
nazionale dell’istruzione, quindi, le istituzioni scolastiche sia
statali che paritarie concorrono, nella loro specificità e
autonomia, a realizzare l’offerta formativa sul territorio. In
tale contesto le amministrazioni pubbliche, nell’esercizio delle
rispettive competenze, intervengono a sostenere l’efficacia e
l’efficienza dell’intero sistema nazionale di istruzione”. In
parole povere si apre ai finanziamenti da parte delle
amministrazioni pubbliche non escludendo quelli diretti dello
Stato. Tale concetto rappresenta, quindi, la testa di ponte
tesa a scardinare il disposto di cui all’art. 33 della
Costituzione, anche in considerazione della revisione del Titolo V
della Costituzione e della stessa devolution di Bossi.
Combinato con il principio appena ricordato vi è l’introduzione di
un nuovo concetto che “sussume” sotto di sé tutta la
filosofia su cui si ispira la circolare. “Il gestore, persona
fisica o ente con o senza personalità giuridica, è garante
dell’identità culturale e del progetto educativo della scuola, ed
è responsabile sella conduzione dell’istituzione scolastica nei
confronti dell’Amministrazione e degli utenti”. Principio solo
apparentemente innocuo, ma che a ben guardare si lega
contestualmente sia all’idea del beneficio dei “riconoscimenti
legali”, presente nella precedente normativa, sia alla
centralità della famiglia che orienta e determina la scelta
dell’istituzione scolastica sulla base dei propri desiderata. Ciò
in perfetta armonia con quanto evidenziato nella precedente
lettera a). Non a caso scompare dal testo qualsiasi richiamo al
comma 5, dell’art.1, della L.62/2000 che dispone che “ le
istituzioni di cui ai commi 2 e 3 – le scuole paritarie –
sono soggette alla valutazione dei processi e degli esiti da parte
del sistema nazionale di valutazione secondo gli standard
stabiliti dagli ordinamenti”. Viene così introdotto, per
circolare, il principio della “feudalizzazione” del sistema
con tutti i nessi e connessi che ne possono derivare.
Strumentale a tutto ciò è la parte relativa agli organi
collegiali. Se da un lato viene infatti ribadita la loro piena
applicazione nelle istituzioni scolastiche paritarie, dall’altro
vengono prefigurati organi collegiali diversi da quanto prevede la
legge. Infatti nelle scuole paritarie non si applicano le
disposizioni vigenti in materia, ma è “il Regolamento di
istituto, predisposto dal gestore, sentito il coordinatore
didattico, che stabilisce le relative modalità di
costituzione e le procedure di funzionamento”. Una previsione
del tutto nuova, avulsa sia da quanto voluto dal legislatore che
dalla legge in materia. Ciò riflette un’idea già da tempo avanzata
e sostenuta dal mondo cattolico e in particolare dalla FIDAE che
vuole la non completa partecipazione democratica delle varie
componenti alla vita dell’istituzione scolastica, per non avere in
alcun modo ingerenze “esterne” e “indesiderate”.
Ovviamente in un contesto del genere non potevano essere fatti
espliciti richiami al principio della libertà di insegnamento
costituzionalmente previsto e ricordato dallo stesso legislatore
al comma 3, dell’art. 1, della L.62/2000.
Nessun richiamo, se non all’interno delle nuove concessioni di
parità, all’applicazione delle norme relative alla sicurezza. Il
silenzio su questo argomento è preoccupante in quanto a molte
scuole, soprattutto a quelle che avevano già i riconoscimenti
legali, era stato riconosciuto loro lo status di scuole
paritarie antecedentemente l’entrata in vigore del D.Lgs 626/94.
Né tanto meno sull’argomento sono state effettuate le verifiche di
merito. Anche qui l’amnesia è voluta in quanto rientra nella
politica che questo governo ha in materia di igiene e sicurezza
dei posti di lavoro che sta cercando di concretizzare con
l’ennesimo ricorso alla delega nel tentativo di rivedere la norma
tutta a vantaggio delle imprese.
In una precedente circolare era stato stabilito che il
responsabile del coordinamento delle attività educative e
didattiche fosse distinto dalla responsabilità del gestore ( cfr.
nota prot. n.25 dell’11 gennaio 2002). Con il consueto
trasformismo viene resa possibile l’unificazione in un’unica
persona delle due responsabilità. Tra l’altro per svolgere tale
attività è sufficiente essere in possesso di laurea o titolo
equipollente.
4. Restaurazione e feudalizzazione
Per ragioni di spazio si tralasciano tutti gli altri correttivi
inseriti nella circolare in maniera quasi sussurrata. Ci riferiamo
in particolare alle verifiche della permanenza dei requisiti e
all’accettazione quasi incondizionata delle dichiarazioni da parte
degli enti gestori; per non parlare della pubblicità dei bilanci
che nei fatti è finta; o delle rete di scuole o dei passaggi di
gestione che ricordano decisamente quanto già previsto dal Testo
Unico per le autorizzate, parificate, pareggiate e legalmente
riconosciute.
Ci preme in questa sede fare alcune osservazioni finali sulla
circolare partendo dalle valutazioni ricordate in premessa. La
pericolosità di questo atto non è rappresentata solo dalle
modifiche e dalle sostituzioni di alcuni orientamenti dati dalla
normativa secondaria bensì dal fatto che, alla vigilia della fine
del periodo transitorio di cui al comma 7, dell’art. 1, della L.62/2000,
il Ministro, chiamato avanti il Parlamento, presenterà una
relazione sullo stato di applicazione della legge e, con proprio
decreto, previo parere delle commissioni parlamentari, proporrà il
definitivo superamento delle disposizioni di cui al D.Lgs 297/94
per ricondurre il tutto alla doppia tipologia scuole paritarie e
scuole non paritarie. Ovviamente i presupposti per delineare le
nuove regole saranno in parte quelli indicati nella circolare con
tutte le osservazioni, avvertenze, contraddizioni e illegittimità
precedentemente ricordate. Se questo dovesse essere ne
conseguirebbe un uso distorto e di parte della legge con
un’operazione, tutta ministeriale, che farebbe rientrare dalla
finestra ciò che la legge aveva fatto uscire dalla porta. Un
arretramento quindi rispetto a quanto voluto dal legislatore
soprattutto in relazione alle finalità della legge.
Dalle disposizioni ministeriali viene disegnata una scuola
paritaria inaccettabile perché riapre la questione dei
finanziamenti, aggirando il disposto del senza oneri per lo
stato, perché foriera di una restaurazione e
feudalizzazione del sistema nazionale di istruzione, perché
non garantisce i diritti dei lavoratori, perché si ripropone al di
fuori delle regole con un vestito vecchio che di fatto mette in
seria discussione la centralità della scuola pubblica voluta dal
legislatore costituzionale. |