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23 MARZO 2002

Quell’appuntamento con la Storia democratica del Paese e del Sindacato italiano.

A manifestare contro il terrorismo per la democrazia e i diritti eravamo in tanti, quanti? Tre milioni? Settecentocinquantamila? Non so, ma cosa importa! Tanta gente a Roma non c’era mai stata, i sei cortei che hanno raggiunto il Circo Massimo hanno riempito le strade della capitale come un’interminabile fiumana, per ore ed ore, poi, le autostrade hanno assunto l’aspetto dei giorni dell’esodo estivo.

La più grande manifestazione civile che Roma ricordi nella sua Storia millenaria.

Peccato per chi, per scelta (o per un calcolo errato) non ha voluto essere a Roma, avendo perso l’appuntamento con la Storia, ha, poi, affermato che era stata scritta una brutta pagina della Storia del Sindacato italiano.

La volpe dopo aver invano tentato di prendere il grappolo d’uva affermò che non l’aveva fatto perché era acerbo!

Donne e uomini di tutte le età hanno, con la sobrietà dettata dagli eventi di Bologna, manifestato la loro scelta per i valori di libertà e di democrazia.

Tanti i palloncini colorati, tantissime le bandiere della CGIL, presenti anche i simboli dei Democratici di Sinistra, dei Verdi, di Rifondazione, dell’Ulivo, dell’ARCI …; tutti avevano il cappello rosso distribuito dalla CGIL, le donne una rosa o un garofano.

La Basilicata ha avuto la testa del sesto corteo partito dall’EUR e che in piazza ha trovato posto difronte al palco, sulla sinistra degli oratori, all’altezza dell’obelisco.

In segno di lutto si è rinunciato alla banda musicale e al gruppo folcloristico che avrebbero dovuto essere dietro lo striscione della Basilicata; il corteo è stato accompagnato dal suono assordante dei campanacci lucani, che sembravano cadenzare il passo di una legione romana.

In piazza, tanti i personaggi della politica e gli artisti che si sono avvicinati alle transenne occupate dalla nostra gente, tutti erano pronti a ricoprire di autografi le visiere dei cappelli che i giovani gli offrivano, fra i più disponibili: Veltroni, Fassino, Mussi, Bassolino e lo stesso Cofferati.

I fratelli Taviani hanno ripreso l’arrivo del corteo della Basilicata, in piazza le riprese erano curate da Ettore Scola, presente anche Nanni Moretti.

Tanti i gonfaloni delle città d’Italia fra cui Montalbano Jonico, Roma, Foggia e tre comuni toscani.

Sui dodici maxi-schermo le immagini del film “La vita è bella” di Benigni hanno accompagnato la lunga attesa necessaria a che tutti i partecipanti ai cortei giungessero al Circo Massimo o almeno nei dintorni.

L’Inno nazionale diffuso dagli altoparlanti ha dato inizio agli interventi dal palco, tutti in coro hanno intonato “Fratelli d’Italia” in una coreografia naturale stupenda dal cielo azzurro allo sventolio delle migliaia di bandiere.

Poi, in ricordo del professor Biagi barbaramente assassinato dai terroristi, è stato osservato un minuto di silenzio, rotto dalle note della colonna sonora de “La notte di San Lorenzo”.

I primi interventi sono stai quelli di un’assistente sociale licenziata, senza giusta causa, e riassunta per l’intervento della Magistratura del Lavoro, e di un immigrato che ha rivendicato pari dignità e pari diritti per tutti i lavoratori.

Infine l’intervento più atteso quello di Sergio Cofferati.

Il Segretario della CGIL ha affermato che la risposta più forte al terrorismo è la presenza di milioni di lavoratori alla manifestazione, ha ricordato che il Sindacato ha da sempre costituito la prima linea nella lotta al terrorismo, ha rivolto un pensiero all’operaio Guido Rossa e a tutti coloro che al servizio dello Stato hanno dato il loro contributo di sangue, cadendo vittime della violenza dei brigatisti.

Si è detto offeso dalle insinuazioni di chi ha manifestato dubbi sulla volontà del Sindacato di contrastare il terrorismo e si è chiesto se quelli che sollevano tali critiche abbiano un passato altrettanto trasparente di rifiuto del terrorismo di qualunque provenienza ideologica.

Ha, poi, chiesto come sia stato possibile lasciare nell’isolamento una persona così esposta che con documenti resi noti al pubblico dalla stampa settimanale veniva indicata nel mirino dei brigatisti.

Cofferati, quindi, affermato che la CGIL sarà di nuovo in piazza contro il terrorismo Mercoledì 27 insieme a CISL e UIL.

Sull’articolo 18, come sulle altre materie, il Sindacato ha il diritto di avere una propria proposta e di difenderla. Il Sindacato accetta il tavolo del confronto, tratta con l’obbiettivo di raggiungere accordi, ma se questi non sono possibili e se la controparte decide, legittimamente, di procedere anche senza l’accordo, il Sindacato non ha altra alternativa che la Lotta.

Dopo aver affermato che sono intatte le ragioni che avevano portato il Sindacato a chiedere alle gente di venire a Roma, ha stigmatizzato le politiche inefficaci messe in campo dal Governo, sia nei provvedimenti dei cento giorni che nella Finanziaria, politiche che hanno avuto l’effetto di deprimere la domanda e far arretrare l’economia italiana più di quanto avviene negli altri paesi.

Eppure la concertazione, la pace sociale conseguente e le politiche avviate dai governi precedenti avevano prodotto le condizioni più favorevoli tanto che anche l’economia del Mezzogiorno era tornata a crescere.

Il Mezzogiorno per il Sindacato deve tornare ad essere una delle priorità del Paese. Il Governo ha scelto la parte che ha lucrato sulla svalutazione e propone un modello di competizione bassa che produce povertà e sarà causa di rotture sociali. Tali pratiche politiche aggrediscono le prestazioni sociali e i diritti.

Il Sindacato propone, invece, politiche competitive incentrate sulla qualità, l’innovazione e che abbiano al centro la valorizzazione della persona.

Il Sindacato è preoccupato per le tante deleghe chieste dal governo: Scuola, Fisco, Previdenza e Lavoro.

La delega di per se legittima, esautora e impoverisce il confronto, anche all’interno delle forze politiche.

Il ricorso alla delega sui temi dell’Istruzione e della Formazione è sorprendente! Questo Governo non appena insediato ha sospeso la riforma dei cicli che il Governo precedente aveva varato anche con il nostro consenso. Ha fermato quella riforma perché poco conosciuta anche dal mondo della Scuola, ha per questo annunciato il coinvolgimento di tutta la Società civile. Ma si è capito subito quale sarebbe stata la realtà! Quelle migliaia di studenti che hanno circondato gli Stati Generali del Ministro, hanno svelato il disegno mediatico e hanno resa chiara la scelta del Governo. Una scelta regressiva sul terreno della qualità dell’istruzione e della formazione. Una scelta che allontana il nostro Paese dall’Europa e rimette in discussione un modello di sviluppo fondato sulla qualità.

Non sorprende, allora, il taglio delle risorse per l’istruzione, per la formazione e per la ricerca. Non sorprende che in nessuna delega ci sia traccia della formazione continua come diritto della persona ad apprendere per tutta la vita, non ci sia traccia dell’educazione degli adulti come opportunità nel lavoro ed oltre il lavoro per arricchire la propria vita.

È evidente il disegno di indebolire, di impoverire e rendere marginale il ruolo della Scuola Pubblica in questo Paese.

Una Scuola Pubblica debole può più facilmente arrendersi alla logica del mercato fino a una visione cinica della vita!

I più forti possono proseguire, i più deboli devono essere incanalati in una formazione professionale di seconda serie.

In quella precoce canalizzazione a tredici anni c’è la pura e cinica registrazione dei destini sociali di ciascuno.

Ma è questa la prospettiva di vita che i padri possono indicare ai loro figli? Noi non lo abbiamo mai pensato. Abbiamo indicato un metodo condiviso ed osteggiato quella delega.

Per il Fisco e la Previdenza il Governo dice di voler tagliare tasse e contributi, ma tace sugli effetti che questa politica avrà in termini di riduzione della copertura dello Stato Sociale.

Basti pensare a quanto già avviene nella Sanità, con l’introduzione dei ticket e con la scelta di garanzie differenziate da parte delle regioni. Non viene più assicurata il mantenimento del Sistema sanitario nazionale.

Il Governo chiede al Sindacato di sottoscrivere un accordo ipocrita, dicendo agli attuali occupati che manterranno i loro diritti, mentre la riduzione dei diritti riguarderà solo i nuovi occupati.

Ma il Sindacato dovrebbe rinnegare la sua Storia, in quanto si è sempre battuto per acquisire nuovi diritti per i lavoratori e per estendere questi diritti ai nuovi assunti.

La CGIL è pronta a trattare con tutti con l’obbiettivo di raggiungere un accordo perché questo è il suo mestiere, ma per un accordo è necessario che anche gli altri manifestino la medesima volontà.

Al termine della manifestazione, la grande folla dei presenti ha ripercorso a ritroso lo stesso itinerario dell’andata raggiungendo lentamente i parcheggi dei pullman.

La soddisfazione per aver vissuto una bella pagina di Storia era nei commenti di tutti.

Resta la gioia di una giornata trascorsa serenamente a rivendicare i diritti in cortei che hanno visto la presenza anche di persone che sono divise dalle scelte operate in politica ma che si sono ritrovate insieme per difendere i valori universali di solidarietà e di democrazia, messe in dubbio dalla barbarie dei terroristi e dall’arroganza di chi governa.

La Storia ricorderà che il 23 Marzo 2002, milioni di persone hanno voluto manifestare per la natura solidale del Sindacato ed affermare la dignità dell’individuo rispetto ad un sistema politico-economico che antepone a tutto produttività e profitto, che auspica precarietà sul lavoro e riduzione delle garanzie sociali.

 
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